Certificati bianchi, un meccanismo ancora da perfezionare
Federutility e Anigas presentano uno studio sui certificati bianchi, che evidenzia luci e ombre del sistema italiano di incentivazione degli interventi di efficienza energetica. Secondo le due associazioni, i risultati raggiunti non rispondono alle aspettative, a differenza di quelli ottenuti con altri strumenti incentivanti, come la detrazione fiscale del 55%. Per dare maggiore slancio al meccanismo dei certificati bianchi, la ricerca propone di aumentare gli interventi incentivati e di semplificare gli adempimenti burocratici
11 December, 2010
Un meccanismo che ha dato dei risultati positivi, ma che necessità di qualche intervento correttivo. Questo il giudizio generale sul sistema di incentivazione dell'efficienza energetica mediante i certificati bianchi emerso da uno studio realizzato dalla società Bic (Business integration partners) per conto di Federutility e Anigas. La ricerca, presentata a Roma nell'ambito del convegno “Fonti rinnovabili ed efficienza energetica, le prospettive per le aziende dei servizi pubblici locali”, organizzato da Ises Italia, rivela luci ed ombre del meccanismo dei certificati bianchi, i “Titoli di efficienza energetica” (Tee) che vengono assegnati a chi – privato o azienda – dimostra di aver ridotto i propri consumi di energia e che danno diritto alla concessione di incentivi. Secondo lo studio, gli obiettivi per il 2010 previsti dal Piano di azione nazionale per l'efficienza energetica (Paee) in materia di certificati bianchi sono stati raggiunti solo nel comparto residenziale, che nel 2009 è arrivato al 97% del target previsto. Un risultato che, comunque, dipende quasi esclusivamente (per il 98%) da interventi di sostituzione di lampade ad incandescenza con dispositivi a risparmio energetico. È andata molto peggio al terziario e al settore industriale, che hanno raggiunto rispettivamente il 5 e lo 0,4% degli obiettivi stabiliti dal Paee.
A non dare i risultati sperati sono stati, ad esempio, gli interventi di isolamento delle pareti degli edifici, l'adozione di sistemi di riscaldamento efficienti, la cogenerazione ad alto rendimento e l'efficientamento dei sistemi di illuminazione industriali. Tutti interventi incentivati col meccanismo dei certificati bianchi. Molto maggiore, invece, il successo di altri strumenti di incentivazione dell'efficienza energetica, primo fra tutti lo sgravio fiscale del 55%, che ha riscosso un successo nettamente superiore al mercato dei Tee. In definitiva, i cosiddetti “soggetti obbligati” all'acquisizione dei certificati bianchi, ovvero i distributori di energia che sono obbligati per legge a ridurre di una certa percentuale i propri consumi, non raggiungeranno, entro la fine dell'anno, gli obiettivi previsti dal Piano d'azione.
Lo conferma anche l'Agenzia per l'energia elettrica e il gas (Aeeg), che precisa inoltre che i soggetti che realmente posseggono i Titoli sono pochi. «L'84% dei Tee emessi tra il 2005 e il 2009 – spiega Marcella Pavan dell'Aeeg, intervenuta al convegno – sono appannaggio di società di servizi energetici, e appena 15 soggetti sui 130 totali posseggono il 70% dei titoli». Solo lo 0,6% dei certificati bianchi emessi, inoltre, riguarda aziende che hanno razionalizzato gli spostamenti dei propri dipendenti grazie alla figura dell'energy manager. Segno che questo strumento non è ancora adeguatamente sfruttato dalle aziende pubbliche e private italiane. Un altro problema rilevato dall'Agenzia è la scarsa “strutturalità” degli interventi di efficientamento energetico. In altri termini, le aziende che hanno ottenuto i Titoli di efficienza non hanno realizzato interventi sul medio e lungo periodo. Il sistema italiano dei certificati bianchi, dunque, sembra avere molte potenzialità (tanto che anche l'Unione europea lo osserva con interesse), ma per il momento stenta a decollare appieno. Per migliorarlo, secondo la ricerca di Anigas e Federutility, si potrebbe innanzitutto allungare l'elenco delle misure incentivate e semplificare gli adempimenti burocratici per la richiesta del certificati bianchi. Secondo le associazioni, infine, sarebbe utile aumentare l'immissione di titoli sul mercato e, come già avviene in altri paesi come la Francia e il Regno Unito, anticipare la remunerazione degli interventi al primo anno, e non dilazionarla in 5 annualità come avviene adesso.