Greenpeace a Bari, “oil men” contro le trivelle
Il 19 marzo a Bari ed in altre 21 città di tutta Italia gli “oil men” di Greenpeace sono entrati in azione per invitare gli italiani al partecipare al referendum sulle trivellazioni offshore del prossimo 17 aprile
20 March, 2016
Sul
Lungomare di Bari i volontari di Greenpeace, vestiti di nero e con mani e volto
sporchi di una sostanza oleosa simile al petrolio, hanno animato un flash mob
per richiamare l’attenzione dei cittadini sul referendum. Sullo striscione si
poteva leggere un chiaro invito al voto del 17 aprile: “U MARE NON S’ATTOCCHE”.
In ciascuna delle 22 città coinvolte, l’appello di Greenpeace a non trivellare
il Paese è stato infatti tradotto nei dialetti locali, perché la minaccia
petrolifera riguarda tutti gli italiani.
Indossare il “nero petrolio” è stato un modo per far capire ai cittadini la vera posta in gioco al referendum del 17 aprile: il no alle trivelle è anche un no alla politica energetica del governo fondata sulle vecchie e sporche fonti fossili. Il petrolio è un inquinante capace di entrare nella catena alimentare e risalire fino alle nostre bocche. Con una media di 38 milligrammi per metro cubo, il Mediterraneo è il mare più inquinato dagli idrocarburi al mondo.
«Il 17 aprile gli italiani hanno la possibilità di fermare le piattaforme più vicine alle nostre coste. Producono solo il 3 per cento del gas di cui l’Italia ha bisogno, e lo 0,8 per cento del nostro consumo annuo di petrolio, ma lo fanno inquinando, e molto. Come dimostra il rapporto “Trivelle Fuorilegge” di Greenpeace, che evidenzia concentrazioni preoccupanti di sostanze tossiche e cancerogene nei fondali vicini alle piattaforme e nelle cozze che ci crescono sopra», ha dichiarato Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace.
Lo
scorso luglio Greenpeace
ha chiesto al
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, tramite
istanza pubblica di accesso agli atti, i dati di monitoraggio delle piattaforme
presenti nei mari italiani. Il Ministero ha risposto fornendo soltanto i dati
di monitoraggio relativi al triennio 2012-2014 di 34 impianti dislocati davanti
alle coste di Emilia Romagna, Marche e Abruzzo. Sulle altre piattaforme
operanti lungo le nostre coste, un centinaio, o non ci sono monitoraggi o i
dati restano “secretati”: in entrambi i casi si tratta di una prospettiva
inquietante.
I dati che il Ministero ha consegnato a Greenpeace (raccolti da ISPRA e di proprietà di ENI, gestore delle piattaforme monitorate) mostrano una contaminazione ben oltre i limiti di legge per le acque costiere per almeno una sostanza chimica pericolosa nei tre quarti dei sedimenti marini vicini alle piattaforme. I parametri ambientali eccedono i limiti per almeno due sostanze nel 67% dei campioni analizzati nel 2012, nel 71% nel 2013 e nel 67% nel 2014. Anche nelle cozze la presenza di sostanze inquinanti ha mostrato evidenti criticità.
Nei
sedimenti raccolti in prossimità delle piattaforme e nei tessuti dei mitili
raccolti sui piloni di questi impianti si trovano metalli pesanti e
idrocarburi, sostanze tossiche e in alcuni casi cancerogene, in concentrazioni talvolta
abnormi, paragonabili a quelle che si riscontrano in ambienti contaminati da
grandi sversamenti di greggio, come nel disastro della petroliera Prestige in
Galizia.
Secondo Greenpeace, il voto del 17 aprile ha un portata politica più ampia del merito tecnico del quesito referendario. È una data in cui si potrà democraticamente smentire l'indirizzo energetico del governo, che da due anni a questa parte ha individuato nelle misere riserve nazionali di gas e petrolio l'unico orizzonte di sviluppo energetico per il Paese. Si tratta dello stesso governo che, mentre prometteva nuova occupazione grazie alle trivellazioni, penalizzava fortemente il settore delle energie rinnovabili, che ha perso negli ultimi mesi decine di migliaia di posti di lavoro. Greenpeace invita tutti i cittadini italiani a votare Sì al referendum del prossimo 17 aprile, per fermare le trivelle e favorire la transizione verso le energie rinnovabili.
Contatti: Andrea Boraschi, responsabile campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia, 345.7491523