Pelo nell'uovo. Partiamo da quello che non va
20 September, 2012
Non è vero che in Svizzera tutto funziona perfettamente.
Questa mattina il mio treno per Ginevra aveva 6 minuti di ritardo; quello per Friburgo 4 e l'altro per Venezia Santa Lucia 8. Lo scrivono in caratteri cubitali sul monitor, il ritardo. Poi a ogni fermata ti aggiornano su quanto hanno recuperato (o perso, a seconda dei casi), così che quando arrivi a destinazione sai esattamente quanti secondi dopo (o prima) rispetto a ieri accenderai il computer in ufficio.
Non è neanche vero che gli svizzeri fanno bene la raccolta differenziata. Nel mio quartiere - un sobborgo di portoghesi con le bandiere sui balconi e le antenne paraboliche nascoste da finte foglie di banano - per fare la raccolta del PET bisogna andare fino al centro commerciale della città, che sta a un bel po’ di km di distanza; idem per l'alluminio. Così, una volta al mese, quando vado a fare la spesa, mi porto dietro una carriola coi i rifiuti che ho accumulato. [Tanto meglio, direte voi, almeno sei incentivato ad acquistare meno PET e alluminio. Vero. Ma questo è un altro post!].
E poi, chi l'ha detto che gli elvetici sono homini ecologici? Tutti i giorni tra le 13 e le 18 dietro la mia scrivania si verifica lo stesso spettacolo: un cordone kilometrico di automobili se ne sta immobile in coda, in barba all’orario di punta.
Vivo in Svizzera da tre mesi e ci dovrò stare per i prossimi nove. Nonostante una certa avversione mediterranea per i paesi del Nord (troppo ordinati, troppo perfetti, troppo silenziosi, così freddi!), devo sforzarmi di trovare qualcosa di positivo anche in Svizzera, regno del segreto bancario e della fondue. Ad esempio, una cosa che mi dà grande soddisfazione, è mangiare l'hamburger a Losanna e poi riportare indietro il piatto riciclabile per farmelo rimborsare di 2 franchi. Un sistema di "piatto a rendere" che il sabato sera alleggerisce un po' la mia impronta ecologica.
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