Telefonino alla guida, connessi col mondo a qualsiasi costo
17 October, 2012
È una questione di cui si parla troppo poco, almeno in Italia, quella dell’uso del cellulare alla guida. Tra tutte le cinque città in cui sono stato nell’ultimo mese e mezzo - Torino, Valencia, Milano, Reggio Emilia e Verona - non ce n’è stata una in cui non abbia visto degli automobilisti che parlavano al telefonino nel traffico. A Torino, in particolare, mi sto accorgendo che la situazione è preoccupante. Non c’è incrocio, ampio corso con controviali, o stretta via del centro in cui nel corso dell’ultimo anno io non abbia notato, quasi una volta al giorno, qualcuno che guida mentre usa il cellulare. Non solo telefonate con lo sguardo incantato rivolto verso l’orizzonte, rigorosamente senza auricolare, ma anche occhi dritti sullo schermo per mandare un sms, o magari per scrivere una repentina twittata con lo smartphone. E della strada chi se ne frega, tanto sono solo pochi secondi. Viste dalla sella della bici queste persone fanno paura, forse più delle auto in doppia fila, di quelle parcheggiate sulle ciclabili o delle manovre da pista di certi Schumacher mancati intossicati dal traffico. Sebbene tutti siano convinti di poter tranquillamente guidare e al tempo stesso usare il telefono, le statistiche dimostrano il contrario. Secondo una recente ricerca del Transport Research Laboratory inglese, parlare al cellulare interferisce con l'autonomia del guidatore ed è anche più rischioso che guidare sotto l'effetto dell’alcool. I tempi di reazione in caso di possibile impatto si riducono del 35 per cento, percentuale quasi tre volte superiore a quella relativa a chi si mette alla guida ubriaco (12). Chi spedisce o scrive messaggi mentre guida ha inoltre il 91 per cento di possibilità di sbandare con l'auto; anche la capacità di mantenere una distanza di sicurezza subisce un crollo vertiginoso se il guidatore è impegnato a "giocare" con il cellulare.
Proprio oggi, durante la pausa pranzo con i colleghi di lavoro, una macchina ci ha quasi asfaltato su un attraversamento pedonale di via della Consolata a Torino; alla guida c’era ragazza col telefonino in mano, che pur avendoci visto intenti ad attraversare ha tirato dritto senza pensarci due volte, ributtando subito gli occhi sullo schermo del suo cellulare, forse intenta a mandare un sms. Fermarsi per farci attraversare probabilmente sarebbe stata una distrazione intollerabile dall'ipnotica concentrazione di cui necessita la perenne connessione col mondo. Credo infatti che nel nostro paese, oltre al cronico vizio di irridere le regole della convivenza civile di cui il codice della strada fa parte, il problema sia quello che coinvolge la stragrande maggioranza della società occidentale, ovvero quella che Maureen Dowd sul New York Times ha definito la “nostra intensa pressione sociale ed economica a restare ininterrottamente in contatto con datori di lavoro, colleghi, amici e familiari”. La tecnologia sempre più avanzata di cui disponiamo fornisce a chiunque strumenti sempre più sofisticati per dar sfogo a questa pressione, alimentandone la fame fino a singoli casi di vera e propria dipendenza, che portano una persona a non poter fare a meno di rimanere in contatto con gli altri neppure quando svolge un’attività così “delicata” come guidare un’auto nel traffico. Chissà a questo proposito cosa avrebbero da raccontare i consulenti di coppia, ma è un’altra faccenda…
Il Codice della Strada italiano è stato da poco inasprito e per chi usa il telefono alla guida senza auricolare prevede una sanzione che va da 156 a 608 euro e la decurtazione di cinque punti sulla patente di guida; nel caso in cui un automobilista sia recidivo nel biennio successivo, alla sanzione è prevista anche la sospensione della patente da uno a tre mesi. (Art. 173) È un deterrente che sembra molto poco utile. E chissà quanto potrebbero servire le campagne di sensibilizzazione attive in tanti paesi europei, basate principalmente su video che documentano le conseguenze di incidenti stradali causati da una guida distratta dall’uso del cellulare. Video tendenzialmente molto crudi, mandati in onda sui principali media nazionali, o mostrati ai ragazzi nelle scuole, come accaduto circa due anni fa nella contea del Gwent in Galles.
Il problema è ormai diventato di ordine culturale; ha radici profonde, ben salde nel terreno. Bisognerebbe fare un passo indietro, riflettere sulle reali opportunità di essere costantemente in contatto con il resto del mondo e su ciò che ne ha fatto un imperativo irrinunciabile. Per disintossicarsi.
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