Piano Casa, le pagelle di Legambiente regione per regione
Legambiente sull’operato di Governo e Regioni relativo al provvedimento che doveva rilanciare l’edilizia in Italia: “Contraddittorio, incompleto, dannoso, arretrato. Solo tre le regioni promosse, tutte le altre bocciate o rimandate in attesa di nuove regole”
21 July, 2009
Il Piano Casa, quattro mesi dopo
“Tanto rumore per nulla. O quasi. Doveva servire a ridare slancio in tutta Italia al settore edilizio in crisi. Doveva servire ad ammodernare e migliorare qualitativamente il patrimonio edilizio esistente e quello futuro. Se questi erano gli obiettivi il risultato è un sostanziale fallimento”. Questa l’opinione di Legambiente sul cosiddetto Piano Casa, il provvedimento annunciato come panacea per il paese in crisi e che invece, a quattro mesi dal suo risonante annuncio, ancora fatica a decollare.
“Il quadro che emerge nel Paese – ha dichiarato Edoardo Zanchini, responsabile energia e urbanistica di Legambiente - offre un'unica certezza: avremo un sistema di regole diverso in ogni Regione italiana. Come in un puzzle dove spiccano da un lato la Toscana, la Provincia di Bolzano e la Puglia, che hanno praticamente bloccato l'attuazione del provvedimento o posto seri vincoli, e dall’altro Veneto e Sicilia, che da subito si sono fatte paladine di una applicazione "generosa" con premi in cubatura dispensabili praticamente a qualsiasi tipo di edificio dovunque e comunque fosse collocato”. Legambiente mette in evidenza l’aspetto positivo che in metà delle Regioni italiane varranno almeno gli standard energetici obbligatori come riferimento per gli interventi che permetteranno di migliorare la prestazione degli edifici. Purtroppo nell’altra metà si potrà continuare a costruire male e a danno di chi in quegli edifici andrà a vivere, oltre che dell’ambiente. Ma ancora più grave risulta la contraddittorietà del messaggio che viene lanciato ai cittadini e alle imprese: nei prossimi 18-24 mesi si potranno realizzare interventi edilizi con una procedura semplificata, in deroga ai Piani regolatori. Il tutto con qualche attenzione ambientale e energetica la cui entità dipende da dove si trova l’abitazione da ampliare o da demolire e ricostruire.
“Si è persa l’occasione per dare un chiaro messaggio di innovazione al settore delle costruzioni – ha dichiarato Edoardo Zanchini, responsabile energia e urbanistica –, perché ancora una volta si è cercata la via più breve per risollevare le sorti del mercato edilizio. Siamo di fronte a una crisi del settore che non è congiunturale, veniamo da 10 anni di espansione edilizia e nonostante ciò nel Paese si vive una drammatica situazione sociale, con centinaia di migliaia di persone sotto sfratto e di famiglie che non riescono a pagare le rate del muto e dell’affitto”. Per Legambiente la strada da seguire è un'altra: se si vuole dare un futuro al settore edilizio bisogna dare risposte all’emergenza abitativa e legarla a un vasto programma di riqualificazione energetica di case, quartieri, periferie. L'edilizia è oggi, a tutti gli effetti, uno dei più interessanti cantieri della Green economy ma per affrontarla in modo utile bisogna indicare da subito la strada del futuro: introducendo la certificazione energetica di tutti gli edifici, prevedendo uno standard obbligatorio di Classe A con un contributo minimo delle fonti rinnovabili (solare termico, fotovoltaico, ecc.) in tutti gli interventi edilizi. E accompagnare questo processo con regole chiare, adeguata fornitura di servizi e incentivi - a partire dalle detrazioni del 55% a regime - che aiutino la messa in sicurezza statica degli edifici anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione. E poi basta premiare le seconde case e gli investimenti di privati e fondi speculativi nel mattone, con lo sviluppo di un mercato che ha reso le case inaccessibili proprio a chi ne avrebbe bisogno: nuove famiglie, immigrati, giovani. I fondi che il Governo ha stanziato per il “vero piano casa” permetteranno di realizzare solo 5mila alloggi di edilizia residenziale pubblica il prossimo anno. Una cifra ridicola, che non è possibile nemmeno confrontare con quel che succedeva nel 1984, quando il settore pubblico realizzava direttamente attraverso l’edilizia sovvenzionata 34mila abitazioni e promuoveva attraverso l’edilizia agevolata o convenzionata 56mila abitazioni. Questi provvedimenti non risolveranno i problemi, anzi. Chi oggi non è proprietario dell’immobile in cui vive ed ha problemi di morosità e sfratto continuerà ad averli, mentre dilagheranno interventi diffusi di ampliamento che riguarderanno soprattutto le seconde case.
Legambiente ha voluto quindi ricostruire il quadro delle norme e delle scelte regionali per elaborare una sorta di pagella, una classifica dei provvedimenti che hanno determinato il giudizio dell’associazione, sulla base di domande relative al rispetto degli standard di efficienza energetica e uso di fonti rinnovabili, ai permessi per gli interventi di allargamento, innalzamento, superfetazione di volumi, alla possibilità di allargamenti in aree delicate o protette, alle demolizioni e nuove cubature eventualmente consentite.
Dall’indagine emergono tre soli promossi: Regione Toscana, che incardina gli interventi possibili all’interno di quanto previsto dal Prg comunale, la Provincia di Bolzano che prevede alti standard energetici con la certificazione CasaClima C, nonché la Regione Puglia, anche se andrà tenuta sotto controllo la deroga ai piani regolatori concessa ai Comuni. Tutte le altre Regioni invece si barcamenano in modo diverso tra i vari criteri.
Energia. Sono previsti obblighi in Toscana, Puglia, Piemonte, Emilia Romagna, Basilicata, Lazio, Lombardia, Marche, Umbria e in Provincia di Bolzano. Nessuna indicazione se non di tipo generico in Veneto, Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Campania e Molise. In alcune di queste Regioni c’è un bonus opzionale, ma quello che è importante sottolineare è la differenza tra chi punta a migliorare le prestazioni energetiche degli edifici e chi vuole spingere semplicemente gli interventi.
Tutela del territorio. Per quanto riguarda le aree escluse sono da bocciare la Sicilia, la Lombardia e il Friuli Venezia Giulia che non esplicitano nessuna area (almeno fino al testo attualmente in discussione) in cui è vietato realizzare gli interventi. Ma anche in Veneto solo i centri storici sono esclusi, mentre in aree parco e vincolate si possono realizzare gli interventi. Tranne la Toscana dove prevale il Prg, in tutte le altre Regioni sono i Comuni a decidere se gli interventi sono possibili definendo criteri e limitazioni. Solo la Toscana, la Liguria e parzialmente la Puglia, escludono gli edifici abusivi anche se condonati.
Bonus edilizi. Per quanto riguarda i premi in cubatura, la Regione più generosa è la Sicilia, dove sommando le diverse possibilità (anche quelle dei vicini) si può arrivare al 45% per l’ampliamento e al 90% per la demolizione e ricostruzione. Per l’ampliamento i bonus maggiori sono anche in Friuli, Emilia Romagna e Lombardia con +35%, in Liguria si arriva a +50%. Per la demolizione e ricostruzione il massimo si può ottenere nel Lazio con +60% nel caso si preveda la delocalizzazione, in Emilia Romagna, Molise, Liguria e Campania con+50%; in Basilicata, Marche e Veneto con +40%.
“Bisogna affrontare con urgenza e competenza l’emergenza abitativa legandola ad un vasto programma di riqualificazione energetica di case, quartieri e periferie – ha aggiunto il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. Per questo bisogna investire in interventi che puntino a coniugare sicurezza statica e efficienza energetica, allargando questo obiettivo anche a tutti gli edifici non residenziali sfruttando l’opportunità di lavorare sul patrimonio esistente invece di occupare nuovi ettari di suoli agricoli. L’errore di base nel dibattito di questi mesi è stato proprio il non dare risposte a questi problemi e nel non affrontare la sfida dell’innovazione che potrebbe consentire la nascita di nuove competenze, lavoro e opportunità”.
“Un tema così delicato avrebbe bisogno di un indirizzo chiaro da parte del Governo e di collaborazione con le competenze di Regioni e Comuni. Migliorare la qualità edilizia e energetica attraverso la demolizione e ricostruzione di edifici e parti di città è una sfida non più procrastinabile, delicata e complessa – ha aggiunto il presidente dell’associazione - perché significa cambiare regole e abitudini, mettere mano a leggi e pertinenze, nelle quali occorre coinvolgere tutti in un processo trasparente. Finora invece, il comportamento del Governo è stato a senso unico: nessuna riflessione, nessun passo indietro rispetto alla proposta iniziale di un programma di premi in cubatura senza regole per qualsiasi tipo di edificio. Neanche lo stop avuto dalle Regioni ha portato a cambiare l’atteggiamento di totale chiusura rispetto a qualsiasi proposta qualitativa che introducesse criteri per selezionare gli interventi o spingesse l’innovazione energetica o magari (come dovrebbe essere obbligatorio secondo le Direttive Europee), vincolasse gli interventi alla certificazione energetica degli edifici. Solo la tragedia del terremoto in Abruzzo – conclude Cogliati Dezza - ha spinto dopo mesi di rimpalli di responsabilità a introdurre finalmente una normativa sulla sicurezza statica negli edifici che era nei cassetto ferma da tantissimo tempo”.