Cresce sull'opposizione alle dighe della Patagonia la coscienza ambientalista in Cile
Il controverso progetto per la costruzione di cinque grandi dighe nella Patagonia cilena. Le ultime iniziative della campagna ambientalista per una Patagonia "sin represas", senza dighe. Un ufficio di rappresentanza a Santiago e una campagna nazionale
25 January, 2010
Marco Coscione
Subito dopo l'elezione di Piñera, un coordinamento dei principali gruppi ambientalisti cileni lo ha incontrato per sottoporgli le principali questioni ambientali che tengono banco nel paese andino e strappargli impegni precisi. In cima all'agenda c'è il nodo delle dighe in Patagonia, sulle quali gli organi di controllo ambientale hanno già posto delle obiezioni al progetto della società proponente, la IdroAysen. Obiezioni che sarebbero però superabili, se il governo dovesse fare pressioni in tal senso. Il movimento “Patagonia sin represas” sta lavorando, sul fronte interno ma anche internazionale, perché ciò non accada. Il suo primo “testimonial” è il vescovo di Coihaique, Luis Infanti, italiano, in Cile da 35 anni: «Cerchiamo di accompagnare la gente, di informarci dei suoi problemi. Sulla questione del diritto all'acqua abbiamo cercato di dare il nostro apporto attraverso una lettera pastorale, intitolata proprio “Dacci oggi l'acqua di ogni giorno”, che ha potuto offrire spunti sia etici che spirituali». È stato Leonardo Boff, un teologo di fama mondiale, a presentare la lettera a Coihaique, e il documento ha avuto molte ripercussioni anche nel resto dell'America Latina.
In Patagonia, intanto, si diffondono le simulazioni video e i documentari sull'impatto ambientale che avrebbero le cinque grandi dighe, si mostrano i tracciati delle strade che verrebbero costruite e dell'elettrodotto che sarebbe realizzato per portare l'energia verso il nord. Il senatore Guido Girardi, promotore della campagna per la nazionalizzazione del'acqua, spiega perché non vuole le dighe: «Siamo assolutamente contrari al fatto che nel luogo più incontaminato del pianeta, il luogo meno inquinato, con l'ecosistema più vergine, dove c'è la riserva d'acqua più importante del pianeta, si vogliano realizzare delle centrali enormi. Il Cile ha alternative migliori: innanzitutto l'energia solare visto che abbiamo un deserto molto soleggiato, e quella geotermica, dato che possiamo contare sul 10% di tutte le riserve geotermiche del pianeta. Senza dimenticare l'eolico».
La pensa allo stesso modo anche Lucio Huenca, della OCLA: «Perché dovremmo distruggere il maggiore ecosistema planetario ancora incontaminato? Per soddisfare un affare indecente. Tutta questa nuova energia all'industria mineraria sarebbe uno spreco, perché le miniere danno pochissimo lavoro». Per quanto riguarda poi l'impatto delle dighe, secondo chi si oppone al progetto sarebbe addirittura meglio una centrale a gas, piuttosto che l'alterazione della flora, degli estuari e del mare causata dagli sbarramenti, che determinerebbe anche una riduzione dell'assorbimento della CO2 atmosferica. Il senatore Girardi spiega che l'idroelettrico si può fare, ma su scala minore, utilizzando centraline senza dighe: «Se si vuole usare l'acqua, si facciano piccole centrali senza dighe, le portate dei fiumi in Patagonia sono talmente grandi che si possono far funzionare centrali fino a 100 Megawatt senza necessità di dighe». Il vescovo Infanti conclude rivolgendosi apertamente all'Enel, e preannuncia una missione in Italia: «L'Enel ha comprato la spagnola Endesa, che a sua volta aveva acquisito gratis e per sempre i diritti di proprietà dell'acqua del Cile. Ma è un'eredità della politica di Pinochet, che aveva privatizzato anche le acque».