Col caro-emissioni arriva una stangata
Gli effetti pratici della direttiva Ue anti inquinamento. Dal primo gennaio 2013 le aziende pagheranno la CO2. I rincari finiranno nella bolletta della luce: fino al 10% - da La Stampa del 08.03.2010
10 March, 2010
Luca Fornovo
E’ come una pesantissima spada di Damocle. Che rischia di trasformarsi in una mazzata che costerà circa 2 miliardi di euro al settore elettrico italiano. Secondo un’inchiesta condotta dalla Stampa, analizando i dati del settore e la normativa europea, è questo il prezzo che Enel, Edison, A2A, Acea, Iride, e le altre aziende di pubblici servizi (utility) che producono energia elettrica dovranno pagare per avere i permessi sufficienti a coprire le emissioni di anidride carbonica (CO2) e rispettare le misure del pacchetto Ue sul clima approvato dal Parlamento europeo.
Un problema che tocca molto da vicino anche i consumatori. Perché le compagnie elettriche per far fronte a questi costi ed evitare bilanci in rosso dovranno far lievitare le bollette della luce. Gli analisti stimano un aumento del 10% delle tariffe: in media una famiglia italiana arriverà a pagare 600 euro all’anno. Questa bomba a orologeria che ha già iniziato a ticchettare nelle direzioni finanziarie e negli uffici di pianificazione strategica delle principali utility del Belpaese scoppierà il primo gennaio del 2013. Da quel giorno, secondo una direttiva Ue, le aziende elettriche italiane saranno obbligate a pagare, in base a quanto previsto dal pacchetto sul clima, un terzo delle loro emissioni.
Per cercare di impedire o se non altro per alleviare questa mazzata da 2 miliardi, le compagnie elettriche stanno battendo due vie: da una parte promuovere una lobby a Bruxelles per cercare di ottenere prima del 2013 una revisione degli obiettivi di riduzione; l’altra via è quella di puntare sulla ricerca per sviluppare tecnologie sempre più sofisticate per la cattura dei gas serra e investire fuori dall’Ue, nei Balcani e in Cina, così da beneficiare, come stabilito dal Pacchetto Clima, di sconti sulle emissioni. Come prima azione di lobby trasversale può essere vista la recente presentazione a Bruxelles di uno studio McKinsey, commissionato da società energetiche come Enel, l’anglo-olandese Shell e la svedese Vattenfall, ma appoggiato anche dal Wwf. Gli esperti di Mickinsey evidenziano che è possibile in Italia una riduzione dei gas serra del 13% nel 2020, mentre per il 2030 si potrebbe raggiungere una quota pari al 35% rispetto ad un andamento in continuità con il trend attuale.
Nel breve periodo - 2020 - le opportunità di calo delle emissioni sono legate al settore edile e ai trasporti, sfruttando tecnologie già reperibili sul mercato. Nel lungo periodo, invece, le opportunità di abbattimento si concentrano nel settore elettrico. Senza un massiccio ricorso al sistema Ccs di cattura della CO2 o al nucleare, gli obiettivi fissati dall’Ue, sintetizzati nella formula 20-20-20, possono essere già considerati irraggiungibili. Lo studio evidenzia infatti che, partendo da un livello di emissioni di CO2 di 610 milioni di tonnellate, il potenziale italiano di riduzione è di 86 Mt, inferiore quindi all’obiettivo dal pacchetto Clima dell’Ue fissato per 480 Mt. C’è un fortissimo gap di partenza.
Ma le imprese italiane si stanno muovendo anche per ridurre le emissioni di CO2 nei Paesi extra Ue. L’Italia potrà ricorrere fino al 50% dei tagli di anidride carbonica con eco-investimenti in Paesi non Ue, contro un tetto europeo del 20%. Il gruppo siciliano Moncada a dicembre ha firmato a Tirana un accordo per costruire centrali eoliche da 500 megawatt e per posare sotto l’Adriatico uan linea di alta tensione che porterà in Italia la corrente prodotta dal vento balcanico. Enel si è spinta nel Far East. Il gruppo ha firmato accordi con Pechino per sviluppare in Cina attività di cooperazione per promuovere centrali a carbone pulito. Se venissero applicati a tutte le nuove centrali cinesi a carbone, gli interventi dell’Enel avrebbero un potenziale di abbattimento di un miliardo di tonnellate di CO2 l’anno, rispetto a un totale di emissioni del parco termoelettrico cinese a carbone quantificato al 2015 superiore ai 4 miliardi di tonnellate all’anno. Sempre in Cina Enel ha un portafoglio di permessi di emissione originati da oltre 60 progetti di abbattimento di gas serra capaci di ridurre le emissioni di più di 70 milioni di tonnellate tra il 2007 ed il 2012.