Energie rinnovabili, la Provincia mette i paletti
Stop al saccheggio dei terreni agricoli. Approvate le nuove linee-guida. Oltre 100 Comuni hanno ricevuto richieste dai privati. L’obiettivo è dirottarli sulle aree edificate o su quelle industriali - da La Stampa del 18.04.2010
19 April, 2010
Alessandro Mondo
Il tema è spinoso, a costante rischio di equivoci: aprire alle energie rinnovabili senza compromettere terreni agricoli, e di pregio, con impianti che per loro natura necessitano di superfici estese. Questione attuale, che a livello italiano ed europeo ha dimensioni impressionanti: sollevata nei giorni scorsi dalla Coldiretti e rilanciata ieri, a livello nazionale, da Carlo Petrini, il presidente di Slowfood. Questione sulla quale la Provincia di Torino, tra le prime in Italia, è intervenuta mettendo una serie di paletti per dirottare questa tipologia di impianti nelle zone industriali - meglio ancora se dismesse - e nelle aree già edificate.
La parola d’ordine è «consumo di suolo»: uno dei nodi sui quali Palazzo Cisterna scommette per preservare migliaia di ettari: in primis contenendo l’espandersi dell’urbanizzazione. Gli impianti per sviluppare le energie rinnovabili, nonostante la loro valenza positiva, sono una faccia della medaglia.
Due le premesse. La prima, nella migliore tradizione italiana, è la mancanza delle linee guida nazionali e dei regolamenti regionali. «Non possiamo certo lasciare alla libera interpretazione zona per zona - spiega Antonio Saitta, presidente della Provincia -: il nostro obiettivo è semplificare l’iter autorizzativo dei nuovi impianti per sostenere la domanda imprenditoriale senza compromettere il territorio». La puntualizzazione vale in particolare per le aree agricole, in linea con quanto previsto nel Piano territoriale di coordinamento.
La seconda premessa è il «boom» delle richieste arrivate agli enti locali: almeno 100 Comuni hanno ricevuto domande per installare parchi fotovoltaici inferiori al megawatt (equivalenti a due ettari di terreno). Alla voce «energia idroelettrica e biomasse», le richieste sono alcune decine. Pochi i casi che impiegano impianti a biomassa con i prodotti del territorio e il teleriscaldamento.
Quanto è bastato per allertare la Provincia, contraria a dare semaforo verde agli impianti geotermici. Mentre l’assenso su quelli a biomassa, eolici, fotovoltaici ed elettrici è subordinato a condizioni precise. Lo strumento è la delibera approvata su proposta dell’assessore all’Ambiente Roberto Ronco: «Linee guida tecniche e procedurali per la promozione e l’incentivazione delle fonti rinnovabili».
I nuovi criteri consentono di superare l’avvio del procedimento unico e di limitarsi alla semplice DIA, la denuncia di inizio attività, per gli impianti di potenza inferiore a 20 kW per il fotovoltaico, 60 per l’eolico, 20 per le biomasse, 100 per l’idraulica. Strada in discesa. Ad esempio, sono considerati interventi di manutenzione ordinaria, non soggetti neppure alla disciplina della denuncia di inizio attività, i singoli generatori eolici con altezza complessiva non superiore a 1,5 metri e diametro non superiore ad 1 metro e gli impianti solari termici o fotovoltaici integrati nei tetti degli edifici i cui componenti non ne modifichino la sagoma. Basta la comunicazione preventiva al Comune.
I paletti arrivano subito dopo. Ecco allora che per quanto riguarda gli impianti fotovoltaici, la Provincia ribadisce l'esclusione totale alla loro installazione in alcune aree specifiche: siti tutelati dall'Unesco, zone viticole DOCG, parchi e nelle riserve naturali, terreni agricoli di prima e seconda classe, aree militari e aeroportuali. «In tutti questi casi - precisa l’assessoreRonco - si dovrà assicurare il rispetto dei vincoli con la pianificazione territoriale urbanistica e sistemare gli impianti in continuità con aree urbane produttive esistenti».
Quanto agli impianti idroelettrici, si ribadisce l'esigenza di coniugare l'incremento della produzione energetica da fonte idraulica, considerata strategica, con il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corsi d’acqua.
Della serie: porte aperte alle energie rinnovabili, a patto che non incidano sulla parte di territorio miracolosamente sopravvissuta all’edificazione selvaggia. Un dato per tutti. In una manciata i anni, appena 16, nel Torinese è nata una città poco più piccola di Torino: 7.629 ettari di nuova urbanizzazione tra il 1990 e il 2006 rispetto ai circa 11 mila sui quali si è sviluppato il capoluogo. Meglio metterci un freno.
Roberto Ronco, assessore provinciale
«Mercato drogato, il picco raggiunto soltanto grazie agli incentivi»
«Anticipo l’obiezione. Non siamo contrari alle energie rinnovabili».
Parola di Roberto Ronco, assessore provinciale all’Ambiente. Eppure limitate l’installazione degli impianti.
«Ragioniamo caso per caso, tenendo conto degli impatti collaterali alla produzione di energia pulita».
Come spiega tante richieste?
«Con gli incentivi previsti fino al 31 dicembre. Chi entro quella data si collega alla rete dei gestori per fornire energia elettrica derivata da fonti rinnovabili ottiene una serie di benefici: ogni kW conferito viene pagato molto bene».
Quindi alla scadenza vi aspettate un calo delle richieste?
«Ci sarà un calo del picco. Questo è il problema: interveniamo per mitigare un mercato drogato».
Vanda Bonardo, Legambiente
«Giusto fissare regole precise. Il suolo è un bene della collettività»
«La forte crescita delle rinnovabili in Piemonte dimostra come le energie pulite possano rappresentare la soluzione per emanciparci dai combustibili fossili ma anche per rispondere alla crisi e guardare con un po’ di ottimismo al futuro».
Così Vanda Bonardo, presidente di Legambiente Piemonte. Però gli impianti non possono spuntare come funghi.
«E’ vero. Bisogna che anche in questo caso i benefici prevalgano sui costi, dal punto di vista ambientale ed economico».
Quali sono le controindicazioni di questi impianti?
«Il fotovoltaico a terra, oltre a creare problemi di carattere paesaggistico, riduce l’attività fotosintetica e la biodiversità. Sarebbe il caso di puntare su tetti, capannoni e terreni marginali o in fase di bonifica come la discarica di Balangero».