Progettare città a misura d'uomo
Introduzione al capitolo 6 tratto dal libro "Piano B 4.0" di Lester Brown
14 May, 2010
Nel 1988, mentre attraversavo Tel Aviv diretto dal mio hotel a un centro per conferenze, non potei non notare l’invasiva presenza di auto e parcheggi. Era evidente che Tel Aviv si era evoluta nell’era dell’automobile, espandendosi dal piccolo agglomerato di mezzo secolo fa all’odierna città di quasi tre milioni di abitanti. In quell’occasione capii che il rapporto fra parchi e parcheggi è il migliore indicatore della vivibilità di una città e un indizio per capire quanto sia stata progettata per le persone e quanto invece per le automobili.1
Tel Aviv non è l’unica città in rapida espansione. L’urbanizzazione è la seconda tendenza demografica del nostro tempo, dopo la crescita della popolazione stessa. Nel 1900, 150 milioni di persone vivevano in contesti cittadini. Nel 2000 erano 2,8 miliardi, con un incremento di 19 volte. Dal 2008 più della metà della popolazione mondiale vive nelle città, e per la prima volta l’uomo è diventato una specie urbana.2
Nel 1900 esistevano soltanto una manciata di città con un milione di abitanti. Oggi 431 città raggiungono o superano questo valore. Ci sono poi 19 megalopoli con 10 o più milioni di residenti. La più grande è Tokyo, che con i suoi 36 milioni ha più abitanti del Canada. I 19 milioni di persone che vivono nell’area metropolitana di New York eguagliano gli abitanti dell’Australia. Città del Messico, Mumbai (la ex Bombay), San Paolo, Delhi, Shanghai, Calcutta e Dacca seguono da vicino.3
Le aree urbane di tutto il mondo stanno affrontando problemi senza precedenti. A Città del Messico, Teheran, Calcutta, Bangkok, Pechino e in centinaia di altre città l’aria non è più respirabile. In alcuni casi è così inquinata che inalarla equivale a fumare due pacchetti di sigarette al giorno. L’incidenza delle malattie respiratorie è enormemente cresciuta. In molti luoghi, il numero di ore che i pendolari spendono fermi nel traffico congestionato di strade e autostrade, aumenta ogni anno, aumentandone la frustrazione.4
In risposta a queste condizioni, assistiamo alla nascita di un nuovo concetto di urbanizzazione, una filosofia di progettazione che, come dice l’ambientalista Francesca Lyman, “cerca di recuperare la pianificazione urbana tradizionale, appartenente a un’epoca nella quale le città erano progettate per gli esseri umani invece che per le automobili”. Una delle trasformazioni urbane più interessanti si è verificata a Bogotà, in Colombia, città della quale Enrique Peñalosa è stato sindaco per tre anni. Quando fu eletto nel 1998 non si chiese come migliorare la vita al 30% della popolazione che possedeva un’automobile; cercò di capire cosa si poteva fare per il restante 70%, la maggioranza, che non ne era dotata.5
Peñalosa si rese conto che un ambiente piacevole per bambini e anziani sarebbe stato migliore per tutti. In pochi anni ha trasformato la qualità della vita urbana grazie alla sua visione di una città progettata a misura d’uomo. Sotto la sua direzione, la città ha impedito il parcheggio delle auto sui marciapiedi, avviato o recuperato 1.200 parchi, introdotto un ottimo sistema di trasporto rapido basato su autobus (Bus based Rapid Transit, BRT), costruito centinaia di chilometri di piste ciclabili e di strade pedonali, ridotto del 40% il traffico nelle ore di punta, piantato 100 mila alberi coinvolgendo direttamente i cittadini nel miglioramento dei propri quartieri. Così facendo, ha contribuito alla creazione di un senso di orgoglio civico negli 8 milioni di residenti, rendendo le strade di Bogotà, un paese lacerato dai conflitti sociali, più sicure di quelle di Washington.6
Peñalosa osserva che “generalmente uno spazio pubblico pedonale di alta qualità, e in modo particolare i parchi, sono la testimonianza di una democrazia che funziona. I parchi e gli spazi pubblici sono anche importanti per una società democratica perché sono gli unici posti dove le persone si incontrano in modo egualitario. In una città, i parchi sono essenziali per la salute fisica ed emotiva quanto la fornitura dell’acqua”. Afferma inoltre che questo non è un fatto scontato nella maggior parte dei bilanci comunali, dove i parchi sono ritenuti un lusso. Al contrario, “le strade, che sono lo spazio pubblico delle auto, ricevono infinitamente molte più risorse e meno tagli di bilancio rispetto ai parchi, che sono lo spazio pubblico per i bambini. Perché”, chiede, “gli spazi pubblici per le auto sono considerati più importanti degli spazi pubblici per i bambini?”.7
Peñalosa non è l’unico ad aver sposato questa nuova filosofia urbanistica. Alcune città, sia nei paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo, stanno fortemente incrementando la mobilità urbana a discapito dell’automobile. Jaime Lerner, mentre era sindaco di Curitiba in Brasile, ha inaugurato il progetto e l’adozione di un sistema alternativo di trasporti a basso costo e di comoda fruizione per i pendolari. Dal 1974 il sistema dei trasporti di Curitiba è stato totalmente ristrutturato. Malgrado il 60% dei cittadini possieda un’auto, i trasporti pubblici, le biciclette e i pedoni rappresentano l’80% della mobilità urbana.8
Attualmente gli urbanisti in diverse parti del mondo stanno sperimentando ed esplorando le strategie per rendere le città a misura d’uomo e non d’automobile. Le auto promettono mobilità e la garantiscono in contesti prevalentemente rurali. Ma in un mondo in via di urbanizzazione esiste un conflitto tra l’automobile e la città. Superata una certa soglia, quando il loro numero si moltiplica, le automobili sono piuttosto causa di immobilità.9