La gestione integrata dei rifiuti urbani: analisi economica di scenari alternativi
Un documento della IEFE Bocconi (Centro per le ricerche economiche e le politiche sull’energia e l’ambiente) sull’analisi economica della gestione dei rifiuti urbani, attuata con vari metodi. Il commento polemico di Gianluigi Salvador, referente energia e rifiuti WWF Veneto e Membro MDF. On line il testo “La gestione integrata dei rifiuti urbani: analisi economica di scenari alternativi”
17 May, 2010
La gestione integrata dei rifiuti urbani: analisi economica di scenari alternativi
di Antonio Massarutto, Alessandro de Carli e Matteo Graffi
In questo studio sono state comparate diverse alternative per la gestione dei rifiuti urbani con una metodologia innovativa, che anziché confrontare le tecnologie (es. riciclo vs. incenerimento) ha esaminato piuttosto scenari integrati, ossia sistemi di gestione che, assemblando diverse tecnologie, permettono di offrire una soluzione complessiva alla totalità dei rifiuti generati. Ciò nella consapevolezza che nessuna tecnologia può pretendere di rivolgersi al 100% dei rifiuti, e ciascuna genera scarti e residui che, a loro volta, devono essere smaltiti.
Una volta inserito nel modello il vincolo di rispettare il bilancio di massa (ossia, la garanzia che tutti i residui vengono in qualche modo trattati e finiscano o in discarica, o nuovamente nel sistema produttivo, al netto di quanto si disperde per evaporazione), molte contrapposizioni si stemperano, nel senso che le varie soluzioni si rivelano complementari e non alternative, e la questione riguarda non tanto la scelta dell’una rispetto all’altra, quanto piuttosto il dosaggio dei vari ingredienti. Vi sono due flussi principali: il primo, quello dei rifiuti differenziati, ha come terminale finale il riciclo; il secondo, quello del rifiuto residuo, originato dalla raccolta indifferenziata e dagli scarti di selezione e trattamento, ha come terminale lo smaltimento, il quale può essere effettuato recuperando indirettamente materie secondarie e soprattutto energia e calore. In nessun caso si può fare a meno dell’uno o dell’altro.
Per quanto la definizione degli scenari si basi su ipotesi abbastanza arbitrarie, lo spettro di soluzioni esaminate rappresenta abbastanza bene quelle che sono le principali alternative in discussione. Essi spaziano infatti da sistemi imperniati in modo decisivo sull’incenerimento, con una raccolta differenziata soprattutto ancillare rispetto a questo e orientata a massimizzarne la resa (modello che, per semplificare, potremmo vedere incarnato nel caso bresciano, milanese o emiliano) a modelli che, all’opposto, adottano nel modo più completo la strategia che è stata definita “rifiuti zero”, con una raccolta differenziata spinta fino a livelli elevatissimi e forme di gestione del residuo orientate ad estrarne materiali secondari (sabbia sintetica, inerti) piuttosto che energia. Gli altri scenari possono essere visti come soluzioni intermedie rispetto a questi due estremi.
Nei nostri scenari abbiamo evidenziato che si può espandere la dimensione del primo flusso a scapito del secondo, ma con rendimenti decrescenti e costi tendenzialmente maggiori, soprattutto quando si supera la soglia critica del 50%. La nostra analisi mostra che le raccolte meno costose sono quelle stradali (soprattutto in ambito urbano), con le quali è difficile immaginare di superare certe soglie di riciclo; lo stesso valore del 50% senza la FORSU (Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani, ipotizzato nello scenario S50, rappresenta un limite superiore raggiungibile solo in determinati contesti. Oltre questo livello occorre immaginare sistemi di tipo porta a porta, che comportano un costo complessivo superiore, ma un costo unitario che è funzione della resa. Tuttavia, va anche notato che, una volta assicurata la disponibilità degli impianti, gli scenari “stradali” si dimostrano meno vulnerabili, nel senso che l’incremento di costo derivante da rese di raccolta differenziata inferiori al target impattano relativamente poco sul costo finale. Viceversa, gli scenari che puntano a livelli di recupero maggiori, basati su raccolte porta a porta e su altri accorgimenti come il compostaggio domestico, risultano competitivi solo se le rese di intercettazione sono effettivamente molto alte (superiori al 70%), mentre risultano molto vulnerabili in termini di costo qualora le rese fossero inferiori. La fattibilità di questi scenari dipende dunque in modo cruciale dall’effettiva possibilità di adottare determinate soluzioni (porta a porta, compostaggio domestico) e sulla risposta dei cittadini. Se la quantità di RUR (Rifiuto Urbano Residuo) resta importante, dovendo questa essere gestita comunque, il vantaggio del porta a porta anche in termini ambientali si riduce notevolmente.
Per la gestione del RUR, in compenso, la soluzione dell’incenerimento diretto con recupero di energia e calore si rivela la soluzione di gran lunga preferibile, e l’unica vera alternativa alla discarica. Soluzioni diverse (separazione meccanica secco / umido, biostabilizzazione e compostaggio della parte umida, trasformazione della frazione secca in CDR o CDR-Q) risultano complessivamente più costose; possono essere considerate, tutt’al più, nel caso in cui le soluzioni teoricamente migliori non siano disponibili o siano politicamente indigeste.
L’analisi di sensibilità svolta nel cap. 5, dal canto suo, è confortante in quanto mostra nella gran parte dei casi la robustezza del risultato raggiunto rispetto al variare delle ipotesi di partenza.
In particolare, il risultato non risente in modo decisivo né delle ipotesi relative al valore di mercato dei sottoprodotti, né a quelle relative all’ottimo dimensionamento degli impianti. Anche ipotizzando il raddoppio del valore di mercato dei materiali riciclati, si ridurrebbero le distanze ma non risulterebbe alterata la gerarchia di preferenza. Ciò accadrebbe solo nel caso – per la verità piuttosto improbabile – di una drastica riduzione del valore di mercato dell’energia e del calore. Si sottolinea peraltro che i prezzi considerati per l’energia sono valori di mercato corrente, al netto degli incentivi eventualmente previsti per le energie rinnovabili o alternative.
Variabili critiche si rivelano invece per gli scenari con maggiore presenza di incenerimento i recuperi energetici effettivi e la natura delle emissioni risparmiate per sostituzione; mentre invece per gli scenari che puntano maggiormente sul riciclo la variabile in assoluto più critica è rappresentata dalla praticabilità delle varie soluzioni (funzione di variabili urbanistiche difficilmente modificabili nel breve-medio termine), dall’effettiva risposta della popolazione e dalla qualità, oltre che dalla quantità, dei materiali raccolti.
Gli scenari basati sulla cogenerazione sono in assoluto quelli che permettono il costo sociale netto più basso; essi sono tuttavia a loro volta vincolati dalla possibilità effettiva di recuperare il calore. Nel nostro calcolo non abbiamo incluso i costi per realizzare una rete di teleriscaldamento, ipotizzando che essa sia già presente. In compenso, gli scenari che prevedono per il RUR altre destinazioni sono condizionati dal fatto che per ottimizzare la trasformazione del RUR in un prodotto di sicuro valore commerciale (CDR-Q, sabbia sintetica) è necessario miscelarlo con scarti industriali, la cui effettiva disponibilità nelle quantità richieste non si può dare per scontata e va valutata preliminarmente; mentre il collocamento sul mercato dei sottoprodotti più scadenti (compost di bassa qualità, “ecoballe”, CDR) si è rivelato finora più teorico che reale.
Un’ultima conclusione, che emerge con molta forza, è il fatto che comunque tutti gli scenari considerati rappresentano significativi passi avanti rispetto allo status quo; ma che questo passo in avanti deve molto al fatto che la soluzione tradizionale, imperniata sulla discarica, incontra limiti crescenti derivanti soprattutto dalla scarsità di suolo. Senza la componente “costo di scarsità” i valori economici in gioco non dimostrerebbero con assoluta certezza la desiderabilità del recupero. L’effetto della scarsità si può misurare in una rendita di scarsità (percepita dai proprietari dei siti, dai comuni o dalla regione sotto forma di royalties ed ecotasse) quantificabile in 100 €/t, il che porta a un incremento del costo rispetto al puro costo industriale anche superiore al 200%. In altre parole, se non vi fossero vincoli all’apertura di discariche, queste ultime, anche includendo i costi esterni, rappresenterebbero la soluzione meno costosa; ma una volta preso atto del vincolo, le cose non stanno più così.
Quest’ultima considerazione è importante, soprattutto alla luce della tendenza del mercato a non anticipare per tempo la crisi, ma a precipitarvi in modo repentino non appena si profilano le prime difficoltà a realizzare nuovi siti. Fino a quel momento, la discarica esercita una sorta di “concorrenza sleale”, poiché chi può continuare a usarla non ha incentivo ad adottare soluzioni alternative e più costose, soprattutto se queste ultime implicano scelte politicamente difficili. Per evitare di precipitare nella crisi, è opportuna dunque una strategia di prevenzione che “accompagni” l’uscita di scena della discarica anticipando convenientemente il suo esaurimento introducendo tasse e altre forme di disincentivo (Massarutto, 2007).
Il commento polemico di Gianluigi Salvador, referente energia e rifiuti WWF Veneto e Membro MDF