Un orto in città: ecco come fare per riuscirci
Orti urbani: "Ore di lavoro, ma ne vale la pena". I consigli dell'esperto per coltivare in città - da La Stampa del 22.10.2010
22 October, 2010
Maurizio Ternavasio
Un giovane su quattro coltiva gli orti bio, che conquistano per la loro capacità di favorire il recupero del rapporto con la terra e con il cibo, di costruire aggregazione sociale e di risparmiare senza rinunciare alla qualità. Negli ultimi anni tale interesse si è consolidato a Torino e nella cintura. «Se è facile coltivare un orto urbano? Se sai i trucchi del mestiere, nessun problema, altrimenti è un po’ più dura».
Nunzio Coduti si dedica quasi tutti i giorni a quel fazzoletto ad un passo dal centro di Trofarello. «Tranne quando il manto è ghiacciato oppure ricoperto di neve». Adesso che è autunno inoltrato, la terra si prepara ad andare in letargo. «Ma non bisogna mollare la presa: è tempo di zucche e peperoni, quest’anno dolci come non mai. E poi bisogna lasciare tutto pronto per il grande freddo», spiega.
Nunzio, quasi ottant’anni portati alla grande, è un contadino sui generis, anzi di ritorno. «Dal ‘91 sono in pensione, prima lavoravo alle fonderie Teksid di Carmagnola. Ma già a 13 anni, quando vivevo in provincia di Benevento, davo una mano ai miei in campagna». L’esperienza è tutto, anche in questo caso. Specie se, scusate il gioco di parole, viene coltivata. «Quando, una vita fa, sono arrivato a Torino, ho deciso di continuare con l’antica passione. Questo orto, di circa mille metri quadrati, è in comodato gratuito: in cambio mi impegno a tenerlo pulito e a dare al proprietario ciò che desidera».
Non c’è che l’imbarazzo della scelta, tra frutta e verdura. Nunzio cura gli alberi di pesche, prugne, fichi, pere, ciliegie e l’uva fragola, la moglie fa la conserva di pomodoro. «La specialità è una specie di cuore di bue ancora più carnoso, gustosissimo: un incrocio di mia invenzione». Ma qui si producono anche carote, sedano, patate, finocchi, cavolfiori, melanzane, broccoli, zucchine e quattro-cinque tipi diversi di insalata. E in inverno, nella piccola serra, crescono la scarola, l’indivia e la cicoria rossa. Un orto modello, con la «topia» frondosa e un paio di panche sotto cui mangiare, il gabbiotto degli attrezzi, elettricità, l’acqua del pozzo e tanto entusiasmo. «Però ci sono troppe zanzare: se uno non le sopporta, è meglio che faccia altro».
Cosa consigliare a chi volesse mettere su un orto come il suo? «Innanzitutto ci vuole occhio per il terreno: ogni angolo ha le sue caratteristiche, e deve essere trattato in un certo modo. Ma il letame è la base di tutto: niente prodotti chimici, tanta acqua e un po’ di verderame sui pomodori. Gli altri ingredienti, quasi dei piccoli semi da piantare, sono la passione, il tempo libero e la voglia di sperimentare e di creare qualcosa di nuovo, come i miei pomodori da insalata».
Un impegno gravoso. «Specie da marzo a settembre. In vacanza ci si può andare al massimo per due-tre giorni, altrimenti al ritorno trovi una giungla secca. La pioggia non è mai abbastanza e il mal di schiena sempre dietro l’angolo». Tra ortaggi vari e frutta Nunzio produce una quindicina di quintali l’anno. «Regalo tutto a chi conosco, e la parte del leone la fanno figli e nipoti. La soddisfazione più grande è quando qualcuno mi dice che cose così buone non si trovano da nessuna parte».