Il Dossier "Copertone Selvaggio" presentato ad Ecomondo
Legambiente ed Ecopneus hanno presentato a Rimini numeri e le storie del traffico e dello smaltimento illegale di pneumatici fuori uso in Italia. Per la prima volta viene descritto il quadro dei traffici illegali di PFU, alla vigilia della partenza di un sistema nazionale di raccolta: oltre 1.000 discariche illegali, 2 miliardi di euro di danno per le finanze e l’imprenditoria onesta dal 2005 a oggi
04 November, 2010
Ogni anno spariscono nel nulla – o si disperdono in canali poco chiari – fino a 100 mila tonnellate di PFU, circa 1/4 degli pneumatici immessi in commercio nello stesso arco di tempo.
Parte da questo dato il dossier presentato oggi a Rimini – dove è in corso la 14.a edizione della Fiera Ecomondo – e realizzato da Legambiente, l’associazione ambientalista che dal 1994 elabora e pubblica il Rapporto Ecomafie, ed Ecopneus, la società consortile costituita dai 6 principali produttori di pneumatici operanti in Italia, pronta a partire con un sistema di raccolta capillare su tutto il territorio nazionale, a seguito della imminente pubblicazione in G.U. del decreto che dà il via alla raccolta dei PFU (Pneumatici Fuori Uso) su tutto il territorio nazionale.
I dati elaborati evidenziano che dal 2005 a oggi sono state individuate ben 1.049 discariche illegali in tutta Italia, per un’estensione complessiva che supera ampiamente i 6 milioni di metri quadrati (per l’esattezza 6.170.537). Si va dalle discariche di ridotte dimensioni, frutto della smania di risparmiare qualche spicciolo da parte di piccoli operatori (gommisti, officine, trasportatori, intermediari), a quelle più grandi, dove appare evidente la presenza di attività organizzate per il traffico illecito, svolte sia in Italia che all’estero.
Una parte importante dei traffici internazionali dei rufiuti
I traffici illeciti riguardano ben 16 regioni italiane e hanno coinvolto, sia come porti di transito sia come meta finale di smaltimento, 8 Stati esteri: Cina, Hong Kong, Malaysia, Russia, India, Egitto, Nigeria e Senegal. Dalle indagini emerge chiaramente come i PFU siano tra i materiali più gettonati dai trafficanti: questa tipologia di rifiuti è stata al centro di oltre l’11% del totale delle inchieste svolte dal 2002 ad oggi.
Un danno economico per l'ambiente, lo Stato, i cittadini
È possibile stimare le conseguenze economiche di “copertone selvaggio”, che vanno dal mancato pagamento dell’IVA per le attività di smaltimento, alla vendita illegale di pneumatici, dalle perdite causate alle imprese di trattamento, fino agli oneri per la bonifica dei siti illegali di smaltimento.
La perdita economica per lo Stato può essere quantificata in circa 143,2 milioni di Euro l’anno, di cui 140 milioni per il mancato pagamento dell’IVA sulle vendite e circa 3,2 milioni di euro per il mancato pagamento dell’IVA sugli smaltimenti; i mancati ricavi degli impianti di trattamento, costretti a lavorare a regimi ridotti a causa della fuoriuscita degli PFU dal ciclo legale, possono essere quantificati in almeno 150 milioni di Euro l’anno; i costi di bonifica delle discariche abusive di PFU sequestrate nel periodo 2005-settembre 2010, che solitamente sono a carico dei contribuenti, possono essere stimati in almeno 400 milioni di Euro.
Sulla base di queste stime non è azzardato ipotizzare un danno economico complessivo, sia alle finanze pubbliche che all’imprenditoria legale, accumulato sempre nel periodo 2005-settembre 2010, di oltre 2 miliardi di euro (esattamente 2,086).
Le discariche illegali
Le regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia), sono quelle più colpite dalla presenza di siti illegali: qui si concentra più del 63% delle discariche abusive, per una superficie complessiva pari al 70,4% di quella sequestrata in tutta Italia dalle Forze dell’ordine.
La prima regione per numero di discariche sequestrate, contenenti PFU, è la Puglia, con 230 siti, quasi il 22% del totale nazionale. Un primato riconducibile sia ad una diffusa illegalità nel settore – dovuta anche alla non piena efficienza dell’intera filiera di raccolta e recupero di PFU (scarsi sbocchi economici per i prodotti trattati) – sia all’intensa ed efficace attività d’indagine svolta dalle Forze dell’ordine (coordinate dal 2007 in una task-force ambientale sostenuta dall’Amministrazione regionale), che consente di raggiungere importanti risultati operativi, con numerosi sequestri e denunce.
Al secondo posto della classifica per regioni si colloca la Calabria con 159 siti illegali, seguita dalla Sicilia (con 141 discariche), e dalla Campania, con 131.Tra le regioni del centro, il Lazio è la più colpita con 77 siti illegali, per un’estensione che supera i 75 mila metri quadrati. Al primo posto tra le regioni del nord figura il Piemonte, con 37 discariche sequestrate, per un’estensione pari a 177.950 metri quadrati.
Aree che provocano un degrado paesaggistico e rappresentano un grave rischio per ambiente in caso di incendio.
La mancanza di un sistema di gestione su tutto il territorio nazionale
L’Unione Europea ha vietato lo smaltimento in discarica di quelli interi nel 2003, e di quelli frantumati nel 2006. Dal 2010 anche in Italia è illegale smaltire in discarica i PFU, da qui una proliferazione del fenomeno di abbandono illegale.
Fino a oggi l’assenza di un sistema integrato di gestione a livello nazionale ha generato una situazione caratterizzata da alcune criticità: dal mancato controllo sui flussi globali di questo materiale attraverso tutti i passaggi della filiera, situazione che non permette oggi di avere una chiara visione complessiva di questa realtà; all’insufficiente utilizzo dei PFU e dei suoi derivati, fino all’assenza di una ottimizzazione tra le varie componenti del sistema (raccolta, trasporto, recupero e impiego).
La generazione di PFU in Italia
Secondo le stime più attendibili sono circa 350 mila le tonnellate di PFU prodotte annualmente nel nostro Paese. Una quantità importante, frutto della vendita di oltre 30 milioni di pneumatici per autovettura, 2 milioni per autocarro, 3 milioni per mezzi a 2 ruote e 200 mila per mezzi industriali ed agricoli, cui corrisponde, in linea di massima, l’uscita dal mercato di altrettante quantità di pneumatici usati.
Della quantità di PFU prodotti nel 2009, circa la metà è stata destinata al recupero energetico, il 20% è stata recuperata come materia prima seconda per utilizzi urbani e industriali (dato pari alla metà della media Europea) e la quota restante (circa il 25%) si è dispersa in traffici o pratiche illegali.
L'attività delle forze dell'ordine
Fino ad oggi sono state 19 le inchieste per traffico illecito di rifiuti, sanzionato dall’art. 260 Dlgs 152/2006 (ex art. 53 bis del Decreto Ronchi), che hanno riguardato i PFU. L’attività giudiziaria ha portato all’emissione di 58 ordinanze di custodia cautelare, alla denuncia di 413 persone e al coinvolgimento di 122 aziende. Le Procure che hanno indagato sui traffici illeciti di PFU sono state 14 e le inchieste hanno riguardato ben 16 regioni e 8 stati esteri. Fino ad oggi il 2010 è l’anno che ha registrato il maggior numero di indagini ex art.260 riguardanti i PFU, arrivate a quota 5, con il più alto numero di arresti, ben 14.
Le dichiarazioni
“Il traffico illecito di pneumatici fuori uso rappresenta un settore consistente all’interno delle attività illegali legate al ciclo dei rifiuti – ha dichiarato Enrico Fontana, responsabile Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente - . Questa tipologia di scorie, infatti, è al centro di oltre l’11% del totale delle inchieste svolte dal 2002 ad oggi, determinando rilevanti problemi ambientali e ingenti danni economici per le casse dello Stato. Proprio per questo è fondamentale che lo stesso mondo delle imprese assuma tale questione come prioritaria per contrastare un consistente mercato nero che dall’Italia si dirama verso l’estero.”
“Chi opera nel settore dei PFU sa bene che le potenzialità del settore non sono pienamente espresse a causa di una mancata razionalizzazione complessiva che metta sempre più materiale a disposizione degli impianti che ne effettuano un recupero di materia. Un panorama di piccole aziende con esperienze interessanti e di qualità che il nuovo assetto derivante dal decreto potrà adeguatamente valorizzare e sostenere, attraverso anche il consolidamento degli impieghi a valle oggi già esistenti e lo sviluppo di nuovi mercati e nuove applicazioni.” – ha commentato Giovanni Corbetta, Direttore Generale di Ecopneus.
“Il dossier realizzato da Legambiente - ha concluso Corbetta - ha il merito di aver sistematizzato un insieme di informazioni e dati raccolti a partire dai contesti territoriali in cui situazioni di degrado o rischio ambientale legati ai PFU abbandonati sono ben noti; in questo modo diventano una realtà di dimensioni ed interesse nazionale, in cui il nuovo decreto potrà incidere efficacemente per una decisa inversione di rotta”.