"Italia lumaca nello sviluppo ecosostenibile"
Italia al 41° posto nella classifica di Germanwatch: l’ultimo rapporto della Ong tedesca ci pone in fondo fra 60 Paesi industrializzati. E la riduzione delle emissioni sarebbe dovuta solo al rallentamento economico, non alle politiche - da La Stampa del 06.12.2010
06 December, 2010
Roberto Giovannini
Siamo indietro, terribilmente indietro. E quel piccolo progresso registrato è più «merito» della recessione che di un impegno coerente e organizzato. Ebbene sì: nella classifica stilata come ogni anno dall’organizzazione ambientalista tedesca Germanwatch - insieme a Can Europe, e in collaborazione con Legambiente per l’Italia - sulla «performance climatica» dei primi 60 paesi del pianeta, l’Italia è nelle posizioni di coda: al quarantunesimo posto nella classifica generale, e addirittura al cinquantottesimo per quanto riguarda le politiche ambientali.
Germanwatch utilizza per valutare la situazione dei singoli paesi - i 60 più ricchi che rappresentano il 90 per cento delle emissioni globali di gas serra) un indicatore statistico misto, il cosiddetto Climate Change Performance Index (Ccpi). Nella classifica 2011 l’Italia si colloca al 41esimo posto, che rappresenta un piccolo passo in avanti rispetto allo scorso anno, quando ci eravamo collocato al 44esimo. Un risultato che però - spiega il rapporto - è dovuto soprattutto alla crisi economica che ha fortemente colpito il nostro paese, causando una conseguente riduzione delle emissioni legate al calo della produzione industriale e di energia elettrica. Come detto, poi, l’Italia continua a posizionarsi in fondo alla classifica (58esimo posto, come lo scorso anno) per quanto riguarda le politiche climatiche messe in campo a livello nazionale e le posizioni assunte a livello europeo ed internazionale. Un po’ meglio vanno le cose per quanto riguarda invece la tendenza nelle emissioni generate dai settori energetico, trasporti, industriale e residenziale: la performance del nostro paese è migliorata leggermente, passando dal 23esimo posto del 2010 al 21esimo. Situazione più o meno analoga per quanto riguarda il livello assoluto delle emissioni, che vede l’Italia al 29esimo posto rispetto al 30esimo dello scorso anno.
La cosa forse più preoccupante è il ritardo che ci separa dai Paesi più avanzati e moderni, che affrontano la sfida del riscaldamento globale con impegno ed energie decisamente superiori. Tra i 27 Paesi dell’Unione Europea, per «performance climatica» l’Italia è al 21esimo posto, davanti solo a Estonia, Grecia, Slovenia, Bulgaria, Lussemburgo e Polonia. Mentre in testa alla classifica - dietro alla sola Svezia - vi sono non a caso le maggiori economie europee: Germania, Francia e Regno Unito.
Il nostro Paese occupa le posizioni di coda anche tra i Paesi Ocse, dove si posiziona al 23esimo posto. Con la magra consolazione di essere davanti agli Usa (54esimo) e Cina (56esimo), che pure stanno massicciamente investendo nelle tecnologie pulite e nelle fonti energetiche rinnovabili per risalire la china. Nell’ultimo anno la Cina ha messo in campo investimenti per ben 230 miliardi di dollari, gli Usa per 80 miliardi di dollari, mentre nella Unione Europea l’insieme degli investimenti comunitari e nazionali non supera i 30 miliardi di dollari e si concentra in alcuni Paesi, Germania in particolare.
Insomma, dicono quelli di Legambiente, «un ritardo da colmare al più presto per l’Europa e soprattutto per l’Italia, se si vuole per davvero vincere la sfida della green economy, che potrebbe essere un importante volano per accelerare la ripresa economica». E nel mirino dell’associazione ambientalista c’è anche il governo, e il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, che «oltre a dare una forte e decisa inversione di tendenza nelle politiche climatiche italiane – afferma Legambiente – a Cancun deve contribuire a ristabilire e consolidare, anziché ostacolarla come ha fatto sino a ora, la leadership europea fortemente compromessa lo scorso anno a Copenhagen».