Decreto Romani sulle rinnovabili, i commenti a caldo
Le associazioni di settore e i gruppi ambientalisti bocciano il provvedimento varando dal Consiglio dei ministri, accusandolo tra l'altro di essere viziato da incostituzionalità. Critiche pesanti anche dai partiti di opposizione, ma il ministro dello Sviluppo Economico difende il “suo” decreto. Dalla sua parte, per ora, soltanto la Confindustria e le rappresentanze del mondo agricolo, che plaudono per le limitazioni agli impianti fotovoltaici a terra
03 March, 2011
Immediate le reazioni alla notizia dell'approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, del cosiddetto “decreto Romani” sulle fonti rinnovabili. Molto critiche, in generale, le associazioni di settore e le sigle ambientaliste, che in qualche caso annunciano anche l'intenzione di impugnare il provvedimento per la sua presunta incostituzionalità. Polemici anche i partiti di opposizione, mentre esprimono sostanziale soddisfazione la Confindustria e le rappresentanze del mondo agricolo, che avevano chiesto più volte di introdurre delle limitazioni all'installazione di impianti fotovoltaici in aree coltivabili.
Il ministro Paolo Romani, comunque, difende il “suo” provvedimento, definendolo uno strumento per «dare impulso alla filiera produttiva dell'energia da fonti rinnovabili contrastando le speculazioni finanziarie che gravano inutilmente sulle bollette degli italiani». Romani nega che il decreto rappresenti una battuta d'arresto per lo sviluppo dell'energia pulita: «Nessun taglio, nessun tetto, nessuno stop allo sviluppo del settore produttivo, quanto piuttosto il potenziamento e la razionalizzazione del sistema per incrementare l'efficienza e l'utilizzo di questo tipo di energia, diminuendo gli oneri indiretti legati al processo di realizzazione degli impianti da essa alimentati (dall'autorizzazione, alla connessione, all'esercizio) e soprattutto eliminando l'effetto delle speculazioni finanziare che hanno approfittato del settore». La sensazione, in ogni caso, è che le polemiche tarderanno a placarsi, e che la vicenda avrà strascichi politici anche nei prossimi giorni.
Ecco, intanto, una carrellata di commenti e dichiarazioni a caldo:
Assosolare:
«Il decreto legislativo sulle rinnovabili, cosi' come approvato dal Consiglio dei Ministri, limitando l'applicazione del regime di incentivi agli impianti connessi entro fine maggio e prevedendo poi un cambio da giugno, e' per tutto il settore un risultato persino peggiore di quello ventilato negli ultimi giorni. E' evidente che non e' stato tenuto conto delle esigenze di settore. Tenere gli incentivi del Conto Energia solo fino al 31 maggio senza un periodo ''cuscinetto'' compromette da subito gli investimenti in corso, perchédetermina il congelamento immediato dei finanziamenti bancari, di fatto fermando i cantieri degli impianti in costruzione. Riguardo alla costituzionalità del decreto, valuteremo le azioni più opportune nell'immediato, soprattutto con riguardo ai profili di eccesso di delega per violazione dei principi, criteri e termini dettati dalla Legge Delega.
Asso Energie Future:
«Si può parlare di un tentativo di far rientrare dalla finestra quello che sembrava ora essere uscito dalla porta. Quello che serve alle rinnovabili è un piano di sviluppo che preveda anche incentivi decrescenti ma con i tempi e le certezze necessarie: tagliare del 50% nel giro di due mesi significa chiudere un comparto produttivo vitale, che rappresenta il futuro del nostro paese e che raccoglie il favore dell’opinione pubblica».
Aper:
«Sebbene il nuovo decreto rinnovabili, appena licenziato dal Governo, abbia recepito parte delle istanze avanzate dai produttori, l'impressione generale è che le grandi aspettative che gli operatori del settore vi avevano riposto siano state disattese ancora una volta. Al di là dei commenti di merito che rinviamo ad una fase successiva, quello che più lascia basiti è il metodo utilizzato: per i principali punti chiave del "sistema rinnovabili" - in primis la definizione del valore degli incentivi - si rimanda infatti a future disposizioni attuative, introducendo così non una norma, non stabilità e chiarezza, bensì ulteriori elementi di incertezza. Il Governo cambia le carte in tavola a partita iniziata in sostanza, lasciando senza paracadute, senza tutela e senza garanzie gli operatori che hanno avviato gli investimenti sulla base di regole che fino a ieri sembravano certe. Si sottolinea che il pericoloso effetto retroattivo del decreto, particolarmente drammatico nel caso del fotovoltaico, va a bloccare non solo i progetti futuri, ma anche quelli già avviati e finanziati, mettendo a rischio fallimento aziende fino a ieri stabili e in crescita».
Cna (Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa):
«È grave che si voglia modificare un sistema di incentivazione fissato con un decreto ministeriale non più tardi di sei mesi fa (per l’esattezza, il 6 agosto del 2010) e la cui validità era stata fissata al 31 dicembre 2013. Altra assurdità è l’aver previsto che il decreto da emanare entro il 30 aprile, oltre a indicare le nuove tariffe, dovrà determinare un limite annuale di potenza elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che possono ottenere le tariffe incentivanti e le tariffe incentivanti stesse, se si tiene conto -osserva l’associazione di categoria- della riduzione dei costi delle tecnologie e di quelli di impianto, così come degli incentivi applicati negli Stati membri dell'Unione europea».
Legambiente:
«Neanche la mobilitazione di questi giorni di cittadini e aziende, associazioni ambientaliste e di settore, parlamentari di entrambi gli schieramenti, è riuscita a fermare un decreto che avrà effetti gravi e dannosi sulle rinnovabili in Italia, visibili già nel 2011”. Edoardo Zanchini, responsabile energia e infrastrutture di Legambiente, commenta così il decreto legislativo sulle rinnovabili approvato oggi dal consiglio dei ministri. Per il solare fotovoltaico, imprenditori e cittadini sono lasciati nella più totale incertezza. Solo chi ha già i cantieri aperti e finirà entro maggio avrà sicurezza sugli incentivi. Da giugno entrerà in vigore un nuovo sistema con tariffe più basse ma anche un ‘limite annuale alle installazioni’ che non darà garanzie che vuole investire. Per eolico, biomasse e idroelettrico la situazione è ancora più grave, visto che è prevista l’introduzione di un fallimentare sistema di aste al ribasso, che in passato ha già dato risultati scadenti, e solo a uno sconto sul taglio retroattivo agli incentivi, passato dal 30 al 22%».
Wwf:
«In assenza di programmazione energetica, pur prevista dagli stessi provvedimenti varati da questo esecutivo, il Governo dice tutto e il contrario di tutto: nel giugno scorso fa un piano che prevede lo sviluppo delle rinnovabili e poi, sull'onda di polemiche inventate a tavolino sui costi degli incentivi alle rinnovabili, le blocca. La scelta fatta oggi di rinviare la decisione, a seguito della sollevazione non solo degli ambientalisti, non solo degli operatori, ma di migliaia e migliaia di cittadini, non fa che aumentare il caos e l'incertezza, rendendo il nostro Paese troppo poco affidabile per gli investitori. Le rinnovabili e l'efficienza energetica sono la spina dorsale della nuova economia, che si sta sviluppando in tutto il mondo e sono anche l'unica vera strada per garantirsi la sicurezza energetica . Il nucleare ci renderebbe del tutto dipendenti da tecnologie vecchie e straniere, oltre che dall'uranio. Romani dica perché è tanto difficile capire che incentivi seri e rapportati ai costi per le rinnovabili, a spese degli italiani (in bolletta) sono un investimento nel futuro. E soprattutto spieghi perché non lo preoccupa il fatto che l'80% dei soldi destinati alle rinnovabili sia finora andato a impianti tradizionali e inceneritori (CIP6) e perché ritiene accettabili i 400 milioni di euro l'anno che gli italiani tirano fuori (sempre in bolletta) per "ripagare" i costi del mancato sviluppo del nucleare (di cui non abbiamo alcun bisogno, visto che abbiamo molta più potenza istallata del reale fabbisogno di energia). Il Wwf chiede che venga varato un tavolo di consultazione per discutere in modo serio degli incentivi nel prossimo futuro, con l'obiettivo di favorire al massimo, in modo serio e commisurato all'andamento dei prezzi sul mercato, le rinnovabili e l'efficienza energetica, e che si tenga conto dell'iter del Decreto Legislativo, compresi i pareri delle Commissioni competenti di Camera e Senato».
Ermete Realacci, responsabile green economy del Partito Democratico:
«Siamo di fronte ad un importante passo indietro rispetto al colpo mortale che il governo stava per sferrare alle fonti rinnovabili. Ora è prioritario dare subito regole certe per far proseguire positivamente l'Italia nelle rinnovabili, un settore strategico per il futuro del nostro paese e che va migliorato per essere più trasparente, eliminando abusi e sprechi, con procedure semplificate e con contributi decrescenti in modo da favorire le tecnologie più innovative e sostenere il pieno ingresso nel mercato. E per questo chiediamo che il governo venga a riferire al più presto in parlamento, perché nei particolari si nasconde il diavolo».
Angelo Bonelli, presidente nazionale dei Verdi:
«Quello varato oggi dal consiglio dei Ministri sulle rinnovabili è un decreto truffaldino che crea incertezza e blocca gli investimenti in un settore, fino ad oggi, trainante per l'economia e l'occupazione in Italia. Il governo ha fatto entrare dalla finestra quello che era uscito dalla porta attraverso i commi 9 bis e 9 ter dell'art. 23 del decreto sugli incentivi alle rinnovabili. Andrebbe verificato che il decreto licenziato oggi dal Consiglio dei ministri non sia anticostituzionale per la violazione dell'art. 41 della Costituzione e per eccesso di delega. Il comma 9-bis dell'articolo 23 prevede, infatti, che gli incentivi per la produzione di energia si applicano agli impianti solari fotovoltaici, per i quali l'allacciamento alla rete elettrica abbia luogo entro il 31 maggio 2011, ossia tra 2 mesi».
Coldiretti:
«La possibilità di installare impianti che producano al massimo un megawatt e non occupino più del 10 per cento della superficie agricola aziendale rappresenta un punto di equilibrio tra l’esigenza di tutelare la produzione alimentare evitando fenomeni speculativi e la possibilità per le imprese agricole di contribuire alla produzione di energia rinnovabile garantendosi così una integrazione di reddito nella direzione di una moderna impresa multifunzionale. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini in riferimento al decreto legislativo sull'energia da fonti rinnovabili, approvato dal Consiglio dei Ministri, che prevede anche misure per il fotovoltaico nei terreni agricoli su proposta del Ministero delle Politiche agricole».
Cia (Confederazione italiana agricoltori)
«Nel complesso, per quanto riguarda specificatamente l'agricoltura, esprimiamo un giudizio positivo. Per il settore agricolo gli elementi più rilevanti sono le nuove regole per lo sviluppo e il sostegno al biogas e al biometano; le nuove modalità per incentivare la crescita dell'energia termica prodotta dagli impianti alimentati a biomasse; i nuovi indirizzi per la crescita dei biocarburanti; i futuri limiti per gli impianti fotovoltaici che verranno realizzati nelle aree agricole».
Confindustria:
«Le rinnovabili sono un’opportunità di crescita importante per il paese, anche in vista del raggiungimento degli obiettivi del pacchetto clima europeo, ma è necessario evitare inefficienze e distorsioni del mercato. Il Ministro dello Sviluppo economico ha adottato il giusto approccio per razionalizzare il sistema di incentivazione, garantendo sia il contenimento dei costi al 2020 sia la certezza del quadro normativo, indispensabile per programmare gli investimenti. Il provvedimento pone le basi per uno sviluppo razionale della green economy italiana nel comparto delle rinnovabili. La razionalizzazione, inoltre, avrà una ricaduta positiva sul costo dell'energia, fattore determinante per un paese ad alta vocazione manifatturiera».