"Salveremo i mari dalla plastica"
La battaglia della "pasionaria" ambientalista: "Dopodomani cominciamo dalle coste italiane". Perché usare per pochi minuti un oggetto che può durare (inquinando) anche cento anni? Questa la domanda che ha trapanato il cervello di Silvia Ricci, coordinatrice di porta la Sporta - da La Stampa.it del 14.04.20111
14 April, 2011
di Fabio Pozzo
Silvia Ricci, torinese, un passato speso in diverse aziende commerciali, un presente da attivista ambientalista, ricorda ancora l’articolo che le ha fatto «prendere coscienza». «Era il 2008, raccontava di Charles Moore, l’americano che ha scoperto il “continente di plastica”. Poi ho letto di Rebecca Hosking, la documentarista inglese che è riuscita a far bandire dal suo paese, Modbury nel Devon, i sacchetti di plastica e ho pensato che anch’io dovevo fare qualcosa».
La pasionaria torinese oggi è una maglia della rete che si riconosce nella «Plastic Pollution Coalition», un’alleanza globale di individui, organizzazioni, imprese che vogliono fermare la proliferazione della plastica (su 546 kg/abitante di rifiuti che produciamo all’anno in Italia, dice l’Ispra, circa 65 kg sono costituti da questo materiale) e l’inquinamento che ne deriva. A cominciare dal mare.
Pochi dati, per capire. Ne produciamo 240 milioni di tonnellate l’anno, metà delle quali sono impiegate per articoli «usa e getta». Quasi il 90% dei rifiuti galleggianti in mare è costituito da plastica. Si stima che nei mari vi sia il 5% di tutta la plastica prodotta dal 1950 ad oggi. Nel Mediterraneo, secondo uno studio dell’Ifremer e dell’Università di Liegi, ci sarebbero 250 miliardi di frammenti, pari a 500 tonnellate di rifiuti. Al largo dell’isola d’Elba sono stati rilevati 892.000 frammenti plastici in un km quadrato, ben più che negli Oceani, dove i pezzetti più grandi si concentrano - trasportati e mescolati dalle correnti - in grandi discariche semi-affioranti, come il «Pacific Trash Vortex» scoperto da Charles Moore nel Pacifico (ne sono stati individuati almeno cinque sul mappamondo).
Mentre le particelle più piccole si disperdono sui fondali, nei becchi, gole, stomaci di uccelli e specie marine - uccidendoli, intossicandoli - e risalgono così fino al l’uomo. «Bisogna fare qualcosa», dice Silvia Ricci. «Cambiare i nostri comportamenti, evitare di usare oggetti di plastica, produrne di meno e gettarne di meno».
Una presa di coscienza che può cominciare con l’evitare i sacchetti di plastica per la spesa e sostituirli con una sporta riutilizzabile. Dopodomani in tutt’Italia parte la campagna «Porta la sporta», creatura della «pasionaria torinese», che l’ha ideata e lanciata. Iniziativa che quest’anno, insieme con l’Associazione dei Comuni Virtuosi, Wwf, Italia Nostra, Touring Club Italiano, Adiconsum e il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, vede per la prima volta in campo anche 18 gruppi della grande distribuzione. Perché il mare si può anche salvare «un sacchetto di plastica per volta».