Non lasciate che vada a ramengo il bike sharing
Maurizio Corsetti dalla prima pagina de La Repubblica Torino del 23.06.2011
23 June, 2011
Una aveva la sella messa al contrario. E senza il dado per avvitarla. L´altra sembrava perfetta, ma i pedali giravano a vuoto: mancava la catena, non si può avere tutto nella vita. La terza aveva catena, sella e pedali: magnifico, con un lieve sfregamento della tessera la bici si stacca dalla rastrelliera e si va. Ma al primo semaforo, la dolorosa scoperta: i freni non funzionano.
Così rischia di andare in rovina una delle migliori idee per circolare a Torino, il famoso To Bike delle biciclette gialle e blu, insomma le bici a nolo. Perché anche le migliori idee hanno bisogno di manutenzione. Hanno bisogno di cura e continuità. Così, mentre in città si moltiplicano le rastrelliere, il "parco bici" è lasciato quasi in abbandono.
Parola di utente: sempre più spesso, ormai, le biciclette o sono scassate e inservibili, o presentano difetti comunque significativi, o hanno una o due gomme a terra, o fanno un baccano di ferraglia una volta inforcate. Oppure, per tagliare la testa al toro (toro bike), la stazione è del tutto fuori servizio: così, bisogna rivolgersi a quella più vicina e sperare.
L´ultima novità è il tappo. Accade infatti che qualche rastrelliera abbia spazio a sufficienza per restituire la bicicletta dopo l´uso, ma nello stesso tempo i buchi nei quali infilare la sbarra siano chiusi da una specie di tappo. Così bisogna andare da un´altra parte, sperando di evitare i tappi e le luci rosse che indicano il "fuori servizio".
Nelle prime settimane di To Bike, accadeva ogni tanto di vedere all´opera il furgoncino della manutenzione, e infatti le bici erano quasi sempre in perfetta efficienza. Poi, il notevole successo dell´iniziativa ha forse sorpreso gli stessi gestori del servizio (ehi, ragazzi, pure Fassino si era fatto immortalare sulla bici, nel suo tour per diventare sindaco): molti vanno sulle biciclette gialle e blu, molte biciclette gialle e blu non vanno. Prima che diventino autentici catorci, sarebbe il caso di intervenire, perché i torinesi ne hanno bisogno e ne hanno piacere. Oppure, si può lasciare andare tutto a ramengo e cambiare il nome: No Bike.