Robin tax per le rinnovabili, protestano anche sindacati e Confindustria
In una nota congiunta, le principali sigle sindacali del settore elettrico contestano la decisione del governo di estendere la tassa sul reddito d'impresa anche alle aziende di distribuzione dell'energia e di produzione da fonti rinnovabili. Un parere condiviso, per una volta, anche dall'associazione degli industriali
26 August, 2011
L'ipotesi di estendere la Robin tax a nuovi comparti (incluso quello della produzione di energia rinnovabile) sembra non piacere proprio a nessuno. Dopo il parere sfavorevole della Commissione Industria del Senato, stavolta sono le principali sigle sindacali del settore elettrico ad opporsi con fermezza alla misura che il Governo ha inserito nella manovra finanziaria anti-crisi. «La cosiddetta Robin Hood tax – scrivono in una nota congiunta in una nota congiunta, Filtcem–Cgil, Flaei-Cisl e Uilcem-Uil - aggravata nell'aliquota ed estesa impropriamente anche alla distribuzione, al trasporto dell'energia e alla produzione da fonti rinnovabili dal recente decreto 13 agosto 2011 n.138, penalizza uno dei pochi settori industriali che anche nell'attuale difficile congiuntura continua ad investire nel nostro Paese, creando lavoro per le imprese e occupazione qualificata, con piani di assunzione già concordati».
Secondo i sindacati di categoria, l'estensione e l'inasprimento dell'imposta metterebbe a rischio molti investimenti già effettuati, che il comunicato stima in «decine di miliardi di euro», finalizzati allo sviluppo delle infrastrutture, all'ammodernamento delle centrali elettriche, soprattutto, alla crescita della produzione da fonti rinnovabili. «Tutti obiettivi – sottolineano i sindacati - considerati prioritari dall'Europa e dal nostro Paese allo scopo di ridurre la bolletta energetica, migliore la qualità del servizio e ridurre l'impatto ambientale».
In ballo, secondo le sigle sindacali, ci sarebbe anche il ruolo dell'Aeeg (Autorità per l'energia elettrica e il gas), che rischia, con l'introduzione di nuove tasse, di vedere delegittimata la propria indipendenza. Un peccato, per Cigl, Cisl e Uil, perché l'Authority «svolge con competenza e buoni risultati il compito di regolare le attività di distribuzione e trasporto dell'energia per favorire gli investimenti, tutelando al contempo gli interessi dei consumatori». I danni causati dall'estensione della Robin tax sarebbero, insomma, di gran lunga superiori rispetto ai benefici per i conti pubblici (che l'esecutivo ha stimato in circa 3 milioni di euro di gettito fiscale extra in tre anni). Per questo i sindacati chiedono al governo di cambiare la manovra. «La priorità – conclude la nota unitaria - deve essere quella della ripresa, per gli investimenti e per il lavoro, assieme alle misure di risanamento, senza alcuna necessità di interventi ingiusti e superflui che non corrispondono all'urgenza che la manovra riveste».
Per una volta, a fare eco alle dichiarazioni dei sindacati ci sono anche quelle di Confindustria, convinta che l'estensione della Robin tax possa essere seriamente controproducente, rischiando tra l'altro di «incrementare ulteriormente i costi dell'energia che già pesano enormemente sulla competitività delle imprese italiane». L'associazione degli industriali, dunque, chiede che la tassa venga del tutto eliminata, magari compensando i mancati gettiti con «l'incremento dell'aliquota Iva ordinaria, dal 20% al 21%».