L'efficienza energetica non sa promuoversi abbastanza
Nonostante gli sforzi europei, languono gli investimenti in questo settore, come evidenzia un seminario di Confindustria - da Il Sole 24 Ore.it del 15.09.2011
16 September, 2011
Alle fonti rinnovabili non mancano certo i simboli. Vedendo un pannello solare o una pala eolica, chiunque può capire che cosa s'intende per produzione di energia verde. Ma con l’efficienza energetica è diverso. I problemi partono tutti da qui, come ha spiegato Alessandro Clerici all’ultimo seminario organizzato a Milano da Confindustria sull’argomento. Per Barack Obama - o qualsiasi altro leader mondiale - è sufficiente farsi fotografare davanti a un parco fotovoltaico, per mostrare in modo inequivocabile l’impegno del proprio Paese nelle politiche ambientali. L’efficienza energetica, invece, su quali simboli può contare? Si tratta di produrre gli stessi beni e servizi impiegando meno risorse (elettricità, gas e così via). È un modo di risparmiare energia senza rinunce: continuo a illuminare la mia stanza con una lampadina che consuma di meno, anziché spegnere la luce.
L’efficienza è un concetto privo di sex appeal; difficile da inquadrare, da fotografare, da esibire. Lo sa bene Confindustria che ha creato un gruppo di lavoro per valutare il rapporto tra costi e benefici dell’efficienza energetica per l’Italia da qui al 2020. Emerge che i benefici totali potrebbero superare i costi per oltre 15 milioni di euro, nonostante gli esborsi dello Stato per gli incentivi e le minori entrate provenienti dall’Iva e dalle accise dovute a una riduzione dei consumi energetici. Potrebbero nascere nuovi investimenti stimabili in circa 130 miliardi di euro, aumentando la produzione industriale per un valore calcolato in 238 miliardi di euro.
Eppure i contorni dell'efficienza energetica rimangono sfocati. L’Europa sta provando a rimediare con una recente proposta di direttiva; l’Italia ha approvato il secondo Piano d’azione per questo settore. Entrambe le soluzioni contengono delle contraddizioni: le misure studiate da Bruxelles sono vincolanti ma senza obiettivi obbligatori, a differenza di quanto stabilito per le fonti rinnovabili e le emissioni inquinanti (rispettivamente, +20% di produzione e -20% di CO2 nel 2020), mentre il Piano d’azione italiano non coincide con il precedente piano sulle rinnovabili, quanto al traguardo finale affidato alle iniziative di efficienza energetica.
Come ha poi aggiunto Alessandro Clerici, Europa e Italia sono solo una piccolissima parte del problema. Basti pensare che dal 2006 al 2010, la Cina ha aggiunto 300 Mw al giorno di nuova potenza installata, perlopiù in centrali a carbone; e diminuire del 20% le emissioni nel Vecchio continente, equivale a un misero 2% su scala mondiale. Dunque l’efficienza, che dovrebbe contribuire a ridurre i consumi energetici e le relative emissioni, dovrebbe diventare l’oggetto di un accordo internazionale.
Gli investimenti nell’efficienza scarseggiano per diversi fattori. Confindustria ne ha citati alcuni: la pluralità dei soggetti coinvolti (famiglie, imprenditori, amministrazioni pubbliche), la pluralità dei possibili interventi (illuminazione privata e pubblica, sostituzione di vecchi elettrodomestici, riqualificazione energetica degli edifici, utilizzo di motori a elevato rendimento, e così via), necessità d’investire somme di denaro che si ripagano in molti anni, difficoltà di accesso al credito bancario, scarsa informazione sui rapporti costi/benefici.
Eppure l’efficienza potrebbe garantire dei risultati enormi. I motori elettrici, per esempio, consumano circa metà dell’energia elettrica mondiale; sostituendoli con quelli a elevato rendimento, si potrebbero risparmiare ogni anno mille TWh, che significherebbe poter rinunciare a 250 Gw di capacità installata nelle centrali. Inoltre, l’investimento totale per un motore di questo tipo è dato per circa il 95% dalle future bollette, calcolate sulla vita utile dell’impianto. Ma chi ci pensa al momento di acquistare un motore per la propria azienda? Come ha osservato Alessandro Clerici, serve un cambiamento di mentalità, concentrandosi sui risparmi ottenibili da una certa tecnologia, piuttosto che sul suo costo iniziale, più elevato di un equivalente macchinario meno efficiente.