Neve e scuole: è bene chiuderle? Cosa potrebbe essere la scuola nelle intemperie
Intervento di Paolo Hutter sul blog del Fatto Quotidiano.it del 01.02.2012
01 February, 2012
Paolo Hutter
Mentre scrivo arrivano ghiaccio e freddo sul Centro Nord e dilaga, o almeno si spande, la prassi di chiudere le scuole, in genere su disposizione del Sindaco. Non è una questione solo italiana, ma forse da noi capita più di frequente che le si chiuda per pochi centimetri di neve o per qualche esondazione minore. Vorrei mettere in discussione questa prassi, anche se rischio di dimenticare qualche aspetto del problema che sicuramente i lettori faranno notare.
Premetto che trovo giusto che in condizioni di forte maltempo le città e i comuni e la vita sociale in genere non facciano come se niente fosse, e trovo giusto che si rassegnino serenamente a vivere quel che succede, a collaborare per spalare neve o secchiare acqua, senza pretendere che tutto funzioni come al solito, senza pretendere che chissà quali migliaia di addetti mettano continuamente tutto a posto.
Ma è utile chiudere le scuole? Beh se il problema fosse solo quello di ridurre il traffico certo che è utile, ma in tal caso sarebbe forse meglio limitare il traffico privato in quanto tale. Mediamente per i genitori è più difficile gestire l’improvvisa indisponibilità di asili e scuole di quanto sarebbe difficile accompagnare i figli a scuola. Ma non banalizziamo la questione e non sottovalutiamo le difficoltà degli amministratori. Immagino che durante le riunioni coi Sindaci per decidere se chiudere le scuole qualcuno dica : “ci sarà chi protesterà se le lasciamo aperte e chi protesterà se le chiudiamo” e che “è meglio sbagliare per eccesso di prudenza che per eccesso di fiducia”. Buonsenso, certo. Il problema però è che piano piano,negli anni, ragionando in questi termini, stiamo arrivando ad abituarci a chiudere le scuole per condizioni atmosferiche che erano frequenti (20 centimetri di neve, un po’ di ghiaccio, una piena del Po) e che resteranno frequenti anche nel “riscaldamento globale”. E’ come se inconsciamente si volessero eliminare i fenomeni naturali dalla vita di una città, per cui non ci devono essere il freddo, il caldo, il buio, la pioggia, la neve, e se nonostante tutto fanno irruzione è emergenza, ci si chiude in casa.
Se si può, se non si perdon soldi. La scuola non ha un valore economico immediato per cui la si può chiudere più facilmente. Dando poi per scontato che a scuola si vada con l’automobile, se si prevede un traffico accidentato o pericoloso per neve o ghiaccio, si chiudono le scuole per ridurre il traffico. La mobilità da casa a scuola invece dovrebbe essere la più sostenibile di tutte, l’uso dell’auto per andare a scuola dovrebbe essere raro e condiviso. La scuola aperta nelle intemperie potrebbe essere insieme contemporaneamente servizio sociale, educazione ambientale e protezione civile. Preparando le “emergenze” con insegnanti, genitori e allievi, in modo che siano accettate e accettabili anche le giornate a mezzo servizio, anche se manca qualcuno o qualcosa, anche si arriva in ritardo: un’esperienza da vivere insieme, imparando dalle difficoltà e giocandoci dentro. A che serve la scuola se non ci insegna o aiuta a vivere nel secolo dei cambiamenti climatici?
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