Termovalorizzatore di Colleferro, 13 arresti
Procede l'inchiesta su presunte irregolarità nello smaltimento di rifiuti nell'impianto alle porte di Roma. Tredici persone, tra dirigenti del consorzio di gestione Gaia e responsabili dell'Ama, sono finite agli arresti domiciliari
09 March, 2009
I primi avvisi di garanzia erano partiti pochi giorni fa. Ora il Gip del tribunale di Velletri ha emesso tredici ordini di custodia cautelare – agli arresti domiciliari – per alcuni dirigenti del consorzio Gaia, che gestisce l'impianto di trattamento del cdr di Colleferro, e dell'Ama, proprietaria del 35% del termovalorizzatore. Pesanti le accuse: associazione per traffico illecito di rifiuti e truffa allo Stato. Secondo gli inquirenti, nelle due linee dell'inceneritore venivano infatti bruciati materiali pericolosi, come pneumatici, residui di rame, e addirittura amianto. Parte dei rifiuti bruciati nell'impianto provenivano, secondo l'accusa, dalla Campania.
Ai dirigenti finiti sotto inchiesta vengono inoltre imputati pesanti “condizionamenti nei confronti di dipendenti e operai, anche attraverso pretestuose contestazioni disciplinari e sospensioni lavorative, al fine di evitare la collaborazione degli stessi con l'autorità giudiziaria”. L'inchiesta, tra l'altro, è partita proprio dalla denuncia di un ex dipendente dell'impianto, che aveva fatto analizzare un campione prelevato da una vasca per il trattamento dei rifiuti dai tecnici dell'Arpa di Frosinone. Le analisi avevano rilevato valori anomali di acido cloridrico e biossido di zolfo.
Immediate e contrastanti le reazioni: la presidenza della Regione Lazio ha fatto sapere di essere “a completa disposizione della magistratura”, mentre l’Ama ha avviato un’indagine interna per appurare eventuali responsabilità dei propri dipendenti, assicurando “la massima collaborazione agli inquirenti per far piena luce sui fatti”. Duro il commento di Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio: “Le Ecomafie lavorano anche nel Lazio, quello che è successo al termovalorizzatore di Colleferro è molto grave, vanno accertate fino in fondo tutte le responsabilità, puniti i colpevoli e restituite certezze ai cittadini”.
La vicenda giudiziaria è l'ultimo capitolo della storia controversa del consorzio Gaia. Formato da 48 comuni della provincia di Roma, che si erano uniti per assicurare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, è finito presto in passivo di oltre cento milioni di euro. Il tracollo aveva portato a un’indagine della guardia di finanza, con l’emissione di 24 avvisi di garanzia per corruzione, bancarotta fraudolenta, peculato e truffa aggravata ai danni dello Stato e il conseguente commissariamento. Attualmente, il consorzio è costituito da 18 comuni e risulta in vendita.