Legambiente su rinuncia British Gas: "A pesare luogo inidoneo e procedura di infrazione UE"
Legambiente, sulle scuse addotte da parte dell’Ad Manzella relative alle lungaggini burocratiche che hanno determinato l’addio della British Gas al rigassificatore di Brindisi, dichiara che la società inglese non è vittima del sistema, ma è tra i carnefici. Pesa l’ubicazione inidonea, la procedura di infrazione europea e il procedimento penale in corso
08 March, 2012
“La British Gas abbandona il progetto di costruire il rigassificatore nel porto di Brindisi, dando la colpa alla lentezza della burocrazia regionale e italiana, ai veti incrociati e all’immobilismo decisionale. Ma in realtà la società inglese non è proprio una vittima del sistema, ma la possiamo annoverare tra i principali carnefici”.
Il Presidente ed amministratore delegato di British Gas Italia, Luca Manzella, ieri sul Sole24Ore ha presentato una versione dei fatti assolutamente di parte ed ha omesso diverse questioni importanti a partire dalla prossima conclusione del procedimento penale in corso presso il Tribunale di Brindisi e la richiesta di confisca dell’area, attualmente sottoposta a sequestro giudiziario, su cui si vorrebbe realizzare il terminal di rigassificazione. Non si è mai fatto riferimento alla procedura di infrazione avviata dalla Commissione Europea per la violazione delle direttive europee 85/337CEE e 96/82CE, fatto che ha comportato, a causa della mancata applicazione della direttiva sulla V.I.A. e della consultazione popolare, la riapertura del procedimento autorizzativo. Manzella, infine, ha omesso anche qualsiasi riferimento alle prescrizioni contenute nel decreto del luglio 2010, alle verifiche di assoggettabilità ambientale compiute sull'interramento dei serbatoi ed alla perdurante assenza di un Nulla Osta di Fattibilità (N.O.F.) in merito ai rischi di incidenti rilevanti ed al potenziale effetto domino.
Di queste "certezze" e delle "rassicurazioni" di rispetto dell'ambiente, della salute pubblica, del territorio e della legalità che il dottor Manzella dovrebbe fare richiesta al Governo Monti, attendendo i pronunciamenti dell'Autorità giudiziaria in merito all'eventuale confisca dell'area di Capobianco e la conclusione di un iter amministrativo che garantisca, come oggi non è, la V.I.A. sull'impianto, sulla colmata, sul nuovo molo, sui serbatoi e sul gasdotto, nonchè un'effettiva consultazione popolare.
Legambiente, che per prima nel gennaio 2002 evidenziò la violazione della direttiva 85/337/CEE ha sempre evidenziato l'inaccettabile localizzazione di un terminal di rigassificazione nel porto di Brindisi e con estrema soddisfazione ha visto maturare nel tempo l'opposizione unanime all'impianto della Regione Puglia, dell'Amministrazione provinciale, del Comune di Brindisi e della comunità locale.
Legambiente da sempre ha posto seri dubbi su questo progetto, a cominciare dall’ubicazione dell’impianto. “L’area di Capobianco – hanno dischiarato Francesco Tarantini e Fabio Mitrotti, rispettivamente presidente di Legambiente Puglia e presidente del circolo di Brindisi – è fin troppo vicina agli impianti petrolchimici e soprattutto fin troppo vicina alla zona abitata. Il porto di Brindisi ha poi una forma ad imbuto: l’ingresso del porto esterno, delimitato da un lato dalla punta delle isole Pedagne e dall’altro dalla diga, è largo appena 600 metri. La frequenza dei trasporti di gas da rigassificare (si prevede che attraccherebbero 100 navi all’anno, circa 2 a settimana) limiterebbe in questo modo l’accesso di altre navi e dunque le attività commerciali sarebbero compromesse”. E poi non si è trattato di lentezza burocratica ma del tentativo, da parte della British Gas, di eludere le procedure di valutazione ambientale ed è ora di cambiare pagina definitivamente.
“In Puglia c’è un grande fermento sul fronte delle fonti rinnovabili – ha sottolineato ancora Tarantini – ma restano grandi problemi ambientali energetici che vedono Brindisi come un epicentro regionale e nazionale. Ci auguriamo che questa vicenda della British Gas possa indirizzare il dibattito sull’energia sulla giusta strada, partendo dalle politiche di efficienza ancora non adeguate e dall’ulteriore sviluppo delle fonti pulite, che marginalizzino sempre di più le fonti fossili, cominciando dal carbone, arrivando al 2050 con una Puglia e un’Italia senza più fossili per produrre energia elettrica, ripercorrendo lo stesso obiettivo che il governo tedesco si è dato recentemente”.