Metropolitana labirinto: uscire è un’impresa
I cartelli al binario 4 che indica un solo percorso per raggiungere la metro; l’altro non c’è. Una volta scesi dal treno occorrono da nove a undici minuti, cronometro alla mano, per percorrere la breve distanza per raggiungere le fermate della metro - da La Stampa del 21.03.2012
21 March, 2012
Elisabetta Graziani
Chiara Priante
È la porta per Milano e Parigi, è la seconda stazione per importanza della città. Partire è semplice, ma per chi arriva uscire è un’impresa. È un dedalo di scale e cartelli, Porta Susa.
I binari sotterranei sono sei e per ciascuno ci sono otto scale. Prendere quella sbagliata è un attimo, specie se si cerca la metropolitana. I pannelli gialli con le indicazioni ci sono, troppi e ingannevoli. Per raggiungere la metro, infatti, gli accessi sono solo due su binari lunghi quasi trecento metri: uno in testa e l’altro in coda. Trovarli non è semplice. Soltanto uno è indicato, quello verso corso Bolzano. Della fermata XVIII Dicembre, verso la vecchia stazione, neanche l’ombra. Per uscire all’aria aperta, invece, le strade sono tre, ma anche in questo caso bisogna avere notevole intuito e senso dell’orientamento per inforcarle.
Se si ha la sfortuna di uscire dalle carrozze in mezzo al binario, dopo i primi attimi di panico, individuare il cartello giusto per infilare la metropolitana richiede presenza di spirito e qualche minuto di riflessione. Le frecce indicano che per salire in superficie e prendere, ad esempio, un taxi si può utilizzare soltanto una delle quattro scale, la D. Chi è disattento e sbaglia si trova incastrato nei corridoi di mezzo del seminterrato. Nessuna via d’uscita. L’unica soluzione è scendere le scale da cui si è arrivati e tornare al binario.
La direzione obbligatoria per arrivare alla fermata della metropolitana è invece quella verso corso Bolzano, corrispondente alla lettera A delle scale. Per raggiungerla bisogna percorrere tutto il binario: quasi nove minuti, cronometro alla mano. Da lì si può prendere la metro alla fermata Porta Susa. Dell’altra fermata, la XVIII Dicembre, non c’è ombra nelle indicazioni.
Non bastasse a confondere le idee, anche dalla scala D si può accedere alla metro: nessun cartello giallo - dei tanti a bordo binario - lo indica, ma la cartellonistica blu sopra le scale sì. E per chi inforca questa strada l’errore è poi dietro l’angolo. Saliti i gradini e raggiunto il corridoio seminterrato, seguendo la «M» rossa, ci si interfaccia alla fine con un cartello ambiguo che inviterebbe a girare a sinistra. Il risultato? Tutto sbagliato. Così facendo, si scende al binario 3. Non bisogna lasciarsi ingannare: la freccia disegnata sul cartello in realtà vorrebbe segnalare di uscire all’aperto e poi girare a sinistra, quindi ecco l’arrivo alla meta agognata, di fronte a via Cernaia. Un quiz troppo difficile anche per le menti più argute.
È facile già adesso, a qualche mese dalla conclusione dei lavori, imbattersi nei «fantasmi» della nuova Porta Susa. Sono i viaggiatori e turisti persi tra i corridoi, con valigie sempre più pesanti da trascinare su e giù per i gradini – visto che sovente le scale mobili non funzionano -. Ti guardano, attoniti, in cerca dell’uscita.
Si ha un bel da fare a spiegare che basta leggere le indicazioni: valli a capire, i cartelli. E se Torino è famosa per essere facile da percorrere grazie alle sue strade a scacchiera, dove è un attimo orientarsi, il primo impatto con la città a Porta Susa è l’esatto opposto. Un dedalo di saliscendi che neanche Minosse.