Quinto conto energia, il Governo lo modificherà davvero? I timori delle associazioni
Rumors in circolazione da qualche giorno ipotizzano che il Governo non sia più disposto ad accogliere le richieste delle Regioni sul Quinto conto energia. Una prospettiva che spaventa non poco le associazioni Aper, Anie-Gifi e Assosolare
21 June, 2012
«Molto gravi, se fossero confermate, sono le indiscrezioni di queste ore circa il mancato accoglimento, da parte del Governo, delle modifiche imprescindibili richieste dalle Regioni in materia di fotovoltaico». Lo scrivono, in una nota congiunta, le associazioni del settore, Aper, Anie-Gifi e Assosolare. In caso di mancato recepimento dei correttivi, specificano le associazioni, ci troveremmo di fronte «all'ennesima posizione ideologica sulla quale si arrocca il ministero dello Sviluppo Economico per il quale, a questo punto è d’obbligo dirlo, le uniche fonti energetiche plausibili sono quelle fossili».
Da qualche giorno, in effetti, circolano voci secondo le quali le richieste avanzate dalle Regioni in sede di Conferenza unificata potrebbero non essere prese in considerazione nella stesura definitiva del provvedimento. I due punti sui quali mancherebbe l'accordo tra i ministri competenti (Corrado Passera e Corrado Clini) sarebbero la soglia di potenza degli impianti per l'iscrizione al registro obbligatorio e la data di entrata in vigore del Quinto conto energia. Due questioni non da poco, mentre sembrerebbero non esserci dubbi sulla reintroduzione dei bonus per il Made in Europe e per la sostituzione delle coperture in amianto. In ogni caso, è presto per sbilanciarsi, anche perché la vicenda ci ha abituato a ripetuti colpi di scena, ma la preoccupazione delle associazioni di settore è tangibile.
«Pensiamo che anche il settore delle rinnovabili debba dare il proprio contributo all'uscita dalla crisi, ma vorremmo che nella contabilità complessiva non fossero inseriti solo i costi degli incentivi, ma anche le voci quali la riduzione della dipendenza dall'estero in materia d'energia, la protezione dalla volatilità del prezzo dei combustibili fossili, l'ormai dimostrata riduzione del prezzo dell'energia elettrica e la creazione di nuovi posti di lavoro – scrivono Aper, Anie-Gifi e Assosolare - Voci che, secondo anche quanto dimostrato dallo studio OIR, valgono 76 miliardi di euro da qui al 2030, senza tenere conto dei benefici per l’ambiente e la salute».
Non dar seguito alle richieste delle Regioni significherebbe, secondo gli addetti ai lavori, non tenere conto dell'economia reale e di ciò che i territori esprimono. «Il mancato innalzamento del tetto per i piccoli impianti fotovoltaici fuori registro, per esempio, non consente un adeguato sviluppo di impianti medio piccoli destinati all’autoconsumo nelle Pmi – si legge nella nota congiunta - Analogamente sia il mancato innalzamento della soglia massima di spesa annua per gli incentivi a 7 miliardi di euro che il mancato spostamento a ottobre dell'entrata in vigore del Quinto conto energia comporterà da un lato un prematuro termine degli incentivi stessi prima che venga raggiunta l’effettiva competitività del fotovoltaico e dall’altro creerà dei danni irreparabili a chi sta legittimamente realizzando gli impianti in questi giorni».
Aper, Anie-Gifi e Assosolare si spingono ancora oltre, dichiarando apertamente di sospettare che «questo irrigidimento sia figlio della crisi delle energie fossili, che si vogliono mantenere artificialmente in vita, impedendo lo sviluppo delle fonti rinnovabili». Per scongiurare quello che definiscono l'ennesimo duro colpo da parte del Governo ai danni degli operatori del mercato delle energie rinnovabili, le associazioni chiedono dunque al Consiglio dei ministri di «rispettare almeno il patto stretto con le Regioni, apportando le modifiche alle bozze richieste dalla Conferenza unificata».