Sequestro Ilva, Gip: “Disastro ambientale, inquinato per profitto”
Lo stop alle acciaierie per la procura di Taranto deve essere immediato "a doverosa tutela di beni di rango costituzionale'' come la salute e la vita umana "che non ammettono contemperamenti, compromessi o compressioni di sorta". Articolo di Guidelli e Buonavoglia del 26 luglio 2012 da www.ansa.it
27 July, 2012
di Matteo Guidelli e Roberto Buonavoglia
"Chi gestiva e gestisce l'Ilva ha continuato nell'attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza". Sono pesantissime le conclusioni a cui e' giunto il 26 luglio 2012 il gip di Taranto Patrizia Todisco che ha disposto il sequestro di sei reparti a caldo del siderurgico tarantino e ha ordinato l'arresto per otto persone, coloro che per anni hanno gestito lo stabilimento dell'Ilva.
Ai domiciliari sono finiti il patron dell'Ilva Emilio Riva, suo figlio Nicola, ex presidente del siderurgico fino a due settimane fa, Luigi Capogrosso, direttore dello stabilimento, Marco Andelmi, capo area parchi, Angelo Cavallo, capo area agglomerato, Ivan Dimaggio, capo area cokerie, Salvatore De Felice, capo area altoforno e Salvatore D'Alo, capo area acciaieria 1 e 2.
Sono accusati, a vario titolo, di disastro ambientale colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose. Secondo il giudice la gestione del siderurgico più grande d'Europa è "sempre caratterizzata da una totale noncuranza dei gravissimi danni provocati", ha un impatto "devastante" sull'ambiente e sui cittadini e ha prodotto un inquinamento che "ancora oggi" provoca disastri nelle aree più vicine allo stabilimento.
Nelle circa 600 pagine che compongono i due provvedimenti cautelari [circa 300 pagine per il sequestro dello stabilimento e altrettante per l’arresto, ndr] il gip fa a pezzi tutti coloro che nei decenni hanno guidato l'impianto siderurgico. E, soprattutto, afferma che lo stop alle acciaierie deve essere immediato "a doverosa tutela di beni di rango costituzionale'' come la salute e la vita umana "che non ammettono contemperamenti, compromessi o compressioni di sorta". Gli accertamenti e le risultanze emersi nel corso del procedimento, infatti, hanno ''denunciato a chiare lettere l'esistenza, nella zona del tarantino, di una grave e attualissima emergenza ambientale e sanitaria, imputabile alle emissioni inquinanti, convogliate, diffuse e fuggitive, dallo stabilimento Ilva". E siccome "la salute e la vita umana sono beni primari dell'individuo, la cui salvaguardia va assicurata in tutti i modi possibili", ribadisce il giudice riportando un passaggio della richiesta dei pm, l'impianto va fermato. Anche perché chi ha diretto lo stabilimento doveva farlo "salvaguardando la salute delle persone", adottando "tutte le misure e utilizzando tutti i mezzi tecnologici che la scienza consente, al fine di fornire un prodotto senza costi a livello umano". Dunque ''non si potrà mai parlare di inesigibilità tecnica o economica quando e' in gioco la tutela di beni fondamentali di rilevanza costituzionale, quali il diritto alla salute, cui l'art. 41 della Costituzione condiziona la libera attività economica". Ed invece, dice il giudice, i vertici dell'Ilva hanno fatto tutto il contrario. ''L'attuale gruppo dirigente - afferma infatti - si e' insediato nel (maggio) 1995, periodo in cui erano assolutamente noti non solo il tipo di emissioni nocive che scaturivano dagli impianti ma anche gli impatti devastanti che tali emissioni avevano sull'ambiente e sulla popolazione". Così come "chiarissimi" erano gli effetti subiti dalle aziende agricole. Ma non solo: "già nel 1997 e poi a seguire fino ad oggi gli accertamenti dell'Arpa evidenziavano i problemi per la salute che determinavano le emissioni del siderurgico". Di fronte a tutto ciò, l'intero gruppo dirigente ha sottoscritto degli "atti d'intesa volti a migliorare le prestazioni ambientali dell'impianto" (il Gip cita il primo del gennaio 2003 seguito da uno del febbraio e uno del dicembre 2004 e l'ultimo dell'ottobre 2006) che vengono definiti come "la più grossolana presa in giro compiuta dai vertici dell'Ilva". Non c'e' quindi alcun dubbio che si e' di fronte ad un disastro colposo. "L'imponente dispersione di sostanze nocive nell'ambiente e non...ha cagionato e continua a cagionare non solo un grave pericolo per la salute (pubblica) delle persone esposte a tali sostanze nocive ma, addirittura, un gravissimo danno per le stesse". Danno, conclude il gip che "si è concretizzato in malattie e morte". Morte documentata della popolazione di Taranto - secondo i dati snocciolati dal giudice - dagli ''eccessi significativi di mortalità per tutte le cause e per il complesso delle patologie tumorali, per singoli tumori e per importanti patologie non tumorali, quali le malattie del sistema circolatorio, del sistema respiratorio e dell'apparato digerente, prefigurando quindi un quadro di mortalità molto critico".
Da 1995 al 2002 e' stata inoltre registrata "significativamente in eccesso la mortalità per tutti i tumori in eta' pediatrica (0-14 anni)".
Articolo di Guidelli e Buonavoglia del 26 luglio 2012 da www.ansa.it