Sull'oasi in Darsena decidano i milanesi
di Paolo Hutter, Repubblica ed Eco dalle Città, 6 agosto 2012
06 August, 2012
Nel cuore della Darsena, in un punto chiave della città e delle trasformazioni previste per l’Expo, c’è una inedita risorsa naturale, un cantiere –evento spontaneo, un prezioso bene comune che nessuno aveva programmato e neanche immaginato: una sorta di oasi di vegetazione spontanea e uccelli (ma non solo) selvatici, sorta grazie alla interruzione dei lavori per quello che avrebbe dovuto diventare il parcheggio sotterraneo.
Non solo arbusti, piante e fiori, ma persino alberi che in pochi anni hanno superato i 5 metri.
Non si è ancora capito bene chi come quando e in che sede deciderà il destino di questa oasi, ma il Comune ed Expo 2015 dovrebbero rendersi conto che ormai questa sorta di boschetto lacustre è un pezzo della storia recente della città, ed è amato da molti cittadini vecchi e nuovi. Soprattutto da quelli nuovi, che non hanno nostalgia per il ricordo di una grande Darsena specchio d’acqua tutto portuale in mezzo al cemento della città, e che apprezzano il gioco dell’avifauna tra bosco e canneto, anche se ci sarebbe bisogno di un po’ di pulizia e di manutenzione. Ma non sarebbe difficile, volendo, con costi minimi e un po’ di volontariato, gestire l’area in modo che sia all’altezza della quantità di gente che passa e si ferma, e dell’importanza del luogo.
Quello dell’oasi della Darsena è un caso esemplare, quasi da studiare, di un nuovo bene comune sotto gli occhi di tutti, visto con favore da molti – penso dalla maggioranza – ma del quale nessuno si occupa. La Milano che vuole verde e alimentare l’Expo 2015 non dovrebbe – io direi addirittura non può – in nome di un astratto e improbabile “dover essere” di navigabilità far fuori una curiosa ricchezza naturale come questa oasi.
E’ impensabile che possa anche solo essere ridimensionata senza una discussione pubblica preventiva e una qualche forma di consultazione democratica. Il referendum in proposito non era stato abbastanza preciso anche se parlando di Darsena quale “porto delle città e area ecologica” aveva indicato di salvaguardare il verde spontaneo. Non è detto che la scelta debba essere drastica. Recentemente le architette Alessandra Mauri e Francesca Oggionni hanno elaborato un semplice progetto che consente di salvaguardare una parte dell’oasi pur facendo tornare a Darsena portuale gran parte dell’area. “Tutto ciò è assolutamente fattibile e a costi modesti: la darsena è vuota, le piante già ci sono, si tratta di definire il perimetro e collocarvi attorno un primo muretto e poi pietre che argineranno l'acqua fino ad una certa altezza.” Si tratterebbe di un’isola, per esempio di 80-100 metri di lunghezza di fronte alla sponda, per una decina di metri di larghezza.
A mio parere sarebbe meglio salvaguardarla tutta, ma c’è la possibilità tecnica di un compromesso, e la necessità democratica che la scelta sia partecipata. Intanto però, l’oasi dev’esser mantenuta. E se l’autunno scorso un’apertura dalla Conca del Naviglio aveva rischiato di annegare gli alberi, adesso la minaccia è la siccità, perché tutti i flussi d’acqua sono stati bloccati. Non si sa da chi e se per qualche scopo. Allora l’assessore Maran era intervenuto personalmente per salvare l’oasi, si spera che succeda