Torino: “Il Lingotto ha bloccato il car sharing di Mercedes e Renault”
Lo svela l’assessore comunale all'Ambiente Enzo Lavolta. Lo storico Berta: “Sì a marchi stranieri a un patto che assicurino posti di lavoro” - da La Repubblica del 16 e 17.09.2012
17 September, 2012
Diego Longhin
«La Fiat dovrebbe essere fonte di opportunità, come avviene in tutte le aree dove hanno sede importanti aziende automobilistiche. A Torino invece il Lingotto rischia di trasformarsi in un tappo». L’assessore all’Ambiente della giunta Fassino, Enzo Lavolta, alla vigilia della settimana dedicata alla mobilità sostenibile ragiona sulle «resistenze» prodotte da Fiat nella città. Ultimo esempio? Il car sharing elettrico.
Negli ultimi sei mesi hanno bussato alle porte di Palazzo Civico due produttori, Renault e Mercedes-Benz, per proporre un servizio di auto elettriche a nolo sulla città. Il tutto chiavi in mano. La casa automobilistica francese ha appena fornito i mezzi elettrici a Napoli, dove in questi giorni è partito sotto forma di test il car sharing elettrico. E mostra interesse verso quello che si sta facendo a Brescia, Firenze, Milano e in Emilia Romagna. I tedeschi hanno messo in piedi un sistema, Car2go, che è già funzionante in diverse città: Amsterdam, Ulma, Amburgo, Austin nel Texas.
Opportunità che il Comune di Torino potrebbe cogliere per realizzare un primo servizio di noleggio auto “pulito” da un punto di vista ambientale, integrandolo con quello che già esiste, e conveniente dal lato economico. Qui entrano in gioco le «resistenze» di Fiat che vorrebbe mantenere un controllo diretto e indiretto sulla città: di fronte alla possibilità di auto marchiate Renault o Mercedes storce il naso. Insomma, meglio di no per via Nizza. In cambio mette sul piatto le 500 elettriche, prodotte in Michigan, tecnologia su cui Fiat è indietro rispetto alle altre case e soprattutto non ha un sistema «chiavi in mano».
Il Comune, di fronte alle obiezioni del Lingotto, va con i piedi di piombo. E lascia in
stand-by le opportunità presentate dalle altre marche. «Le città che ospitano le sedi delle principali case automobilistiche — sostiene Lavolta — trovano in queste un partner per lo studio e la realizzazione di sistemi di mobilità intelligente. Per tutti la mobilità sostenibile è un impegno e un fiore all’occhiello, che fa crescere anche il sistema dell’indotto. A Torino tra l’altro si concentrano grandi capacità competitive. Le auto che vengono utilizzate a Parigi sono prodotte dalla Cecomp di La Loggia. Volkswagen per cercare innovazione non è andata in America, India e Cina, ma è venuta ad
incontrare 30 aziende piemontesi. La Fiat su questo particolare filone però non investe ». Soprattutto per quanto riguarda il settore trasporto persone. L’eccezione è il commerciale: all’Iveco non mancano esempi di mezzi ecosostenibili da utilizzare. «Dov’è possibile siamo pronti a sviluppare collaborazioni — sottolinea
l’assessore all’Ambiente — ma dove non è possibile non possiamo non cogliere le opportunità che vengono da fuori». E aggiunge: «In assenza di risposte da Fiat si deve andare avanti comunque, superando quelle che possono essere resistenze culturali e di classe dirigente di questa città che quando si parla del Lingotto è cauta e difensiva
». E le opportunità, secondo l’assessore all’Ambiente, non mancano nemmeno a Torino: «La Pininfarina può partire con la produzione per trasformare vecchi autobus Euro 2 in elettrici. Un progetto finanziato con 2 milioni di soldi pubblici e che potrebbe creare da subito 50 posti di lavoro. Non sarebbe il caso di capitalizzare
questo investimento?».
Non è la prima volta che il Lingotto frena su iniziative e collaborazioni. Il caso più eclatante riguarda la sponsorizzazione di Italia 150. Si era fatta avanti Volkswagen, pronta ad investire nel Salone dell’auto che si doveva tenere a Torino. La Regione era d’accordo, ma la cosa non era gradita a Fiat. E anche per l’ex sindaco Chiamparino la questione era spinosa. Alla fine niente salone. Via Nizza alla fine mise più soldi, per battere la concorrenza dei tedeschi, nella sponsorizzazione di Italia 150.
Lo storico Berta e la polemica sullo stop a Mercedes e Renault
“Sì a marchi stranieri a un patto che assicurino posti di lavoro”
«Si possono aprire le porte ad altri marchi dell’auto, anche per ottenere servizi che Fiat non garantisce, l’importante è che si dimostri la ricaduta sulla città in termini di lavoro, che ci sia un ritorno produttivo. Altrimenti si rischia un danno di immagine». Il professor Giuseppe Berta, economista alla Bocconi, considera un passaggio «delicato» e «complicato» l’affidarsi ad altre case, come Mercedes e Renault, per potenziare i servizi, come il noleggio di auto elettriche, sotto la Mole. Offerte che il Lingotto non sembra aver gradito, facendolo
sapere a Palazzo Civico.
Professor Berta, esiste un “tappo” a Torino di nome Fiat?
«Esisteva, ma non credo che esista più. Almeno sul fronte industriale. È stato lo stesso Marchionne mesi fa a porre il problema di utilizzo degli impianti da parte di altri produttori. E se qualcuno dimostrasse concreto interesse credo che lo stesso Lingotto sia pronto a discuterne davvero».
Se però due case straniere vengono ad offrire un servizio su Torino, come nel caso del car sharing, a Fiat la cosa non sembra essere gradita. Perché?
«Capisco l’imbarazzo di Fiat e capisco anche l’imbarazzo dell’amministrazione, soprattutto per il momento. Se l’offerta non comporta una ricaduta di lavoro, in una fase di crisi profonda e di difficoltà per l’azienda, si rischia poi di esporsi ad altre critiche».
Quali?
«In un momento in cui che c’è già poco lavoro vedere auto con marchi differenti rispetto a quelli di casa potrebbe apparire come un ulteriore svantaggio, un danno nei confronti di Fiat e della città. Sarebbe una questione puramente di immagine. Torino città dell’auto che va ad attingere da qualche altra parte. Suona male. In ogni caso, comunque, il Comune si espone a critiche. Se non lo fa, nega un servizio per non “disturbare” il produttore che ha in casa, se lo fa la sua scelta può essere letta come un ulteriore indebolimento del Lingotto».
Ma se il Lingotto non investe in Europa sull’elettrico, come si supera il problema?
«A Torino ad un certo punto, a livello di Politecnico, si è lavorato molto sull’elettrico. Poi Fiat ha deciso di spostare il presidio negli Stati Uniti. A questo punto l’amministrazione, in maniera corretta, potrebbe decidere di valorizzare le competenze che qui ci sono stringendo partnership anche con altre case automobilistiche. Nel momento in cui da parte di Fiat-Chrysler non si registra l’interesse allora il Comune può guardare altrove cercando di portare un ritorno di progettazione o produzione sul territorio».
A Parigi girano auto prodotte a La Loggia. Perché nessuno si lamenta?
«Parigi non è una città dell’auto. E Torino non ha il ventaglio di possibilità economiche che ha una città come Parigi. Se poi i mezzi prodotti a La Loggia girassero a Torino non credo ci sarebbero problemi. Si valorizzerebbe una competenza locale».