Le tre incognite del Piano energetico
Dal Sole 24 Ore del 23.10.2012
23 October, 2012
di Federico Rendina
Ecco la grande promessa: il nuovo piano energetico nazionale, atteso da 25 anni, annunciato come imminente da tutti gli ultimi governi, finalmente varato sotto forma di bozza di consultazione pubblica dalla compagine tecnica guidata da Mario Monti, dovrà annullare la maggiorazione media del 25% dei costi dell'energia per i consumatori italiani entro il 2020, accelerando le liberalizzazioni, l'efficienza energetica, le estrazioni nazionali di idrocarburi, la trasformazione del nostro sistema di interscambio di petrolio e gas in un hub europeo.
Mobilitando almeno 180 miliardi di investimenti. Con un effetto volano provvidenziale, fin d'ora, per la ripresa economica del nostro Paese.
Via alla consultazione, ai suggerimenti. Grazie a procedure telematiche e copiosa documentazione di dettaglio (www.sviluppoeconomico.it). Con tempi davvero ambiziosi. Ma soprattutto stretti. Orizzonte, fine legislatura. Primavera prossima. Per lasciare «un'eredità vincolante» alla politica che verrà.
Certo, le scelte sugli atti operativi vanno concretizzati e qualche importante omissione, così osservano gli esperti, non manca. Tempo per correggere e integrare ce n'è poco. Ma «correremo», giurano al ministero dello Sviluppo.
C'è, nell'orizzonte tracciato dal Governo, il taglio di 14 miliardi di euro l'anno della fattura energetica estera (rispetto ai 62 miliardi attuali), con la riduzione dall'84% al 67% della dipendenza dall'estero, grazie a efficienza energetica, alla crescita delle rinnovabili, alla minore importazione di elettricità con uno sfruttamento meno indolente delle risorse nazionali. C'è la riduzione di circa il 19% di emissioni di gas serra «superando gli obiettivi europei per l'Italia pari al 18% di riduzione rispetto alle emissioni del 2005». C'è l'obiettivo di raddoppiare al 20% l'incidenza dell'energia rinnovabile sui consumi finali lordi, facendone la prima fonte nel settore elettrico con quasi il 40% della generazione ma contenendo il peso crescente dei sussidi sulle bollette di tutti (missione impervia). C'è l'obiettivo di ridurre del 4% rispetto a ora, portandoli al 24%, i consumi primari rispetto all'andamento inerziale al 2020 «superando gli obiettivi europei del -20%, principalmente grazie alle azioni di efficienza energetica».
Funzionerà? Passando dal "cosa" al "come" emergono, inutile nasconderselo, alcune occasioni che rischiano di rivelarsi mancate. Prendiamone, raccogliendo le indicazioni che vengono dagli esperti, tre: la mobilità elettrica, lo sportello telematico centralizzato dell'energia, la nuova geografia delle interconnessioni continentali delle reti.
La mobilità elettrica
L'appello accorato l'ha lanciato, tra gli altri, l'amministratore delegato dell'Enel Fulvio Conti nella sua ultima audizione parlamentare. L'Italia pochissimo sta facendo, colpevolmente, per assecondare la diffusione della mobilità elettrica. Conti se la prende con lo Stato e non ha paura di rimbrottare sua eccellenza la Fiat, rimarcando la sua indolenza sull'auto elettrica rispetto al lavoro delle industrie automobilistiche in Francia e in Germania. Auto elettrica energeticamente ultra-efficiente riguardo alla mobilità petrolifera. Non solo per i saldi ambientali ma anche per il portafoglio del singolo, giura Conti.
Accusa addirittura blanda se pensiamo all'occasione mancata, questa sì, che riguarda la riconversione dello stabilimento che la Fiat ha dismesso a Termini Imerese, in Sicilia. Non pochi politici avevano raccolto i contenuti di ottimi studi prospettici. Vuoi per la collocazione territoriale, vuoi per la vicinanza a eccellenti Università tecniche (Catania), Termini Imerese potrebbe diventare un polo industriale dell'innovazione e della produzione di apparati e soluzioni per l'energia rinnovabile, concentrando l'attività proprio sulla mobilità elettrica. Un progetto credibile di sostegno da parte dello Stato, anche solo sul fronte autorizzativo e fiscale, forse avrebbe mosso anche l'interesse della Fiat.
Lo sportello telematico
Si punta, giustamente, sull'efficienza energetica. Che vuol dire innovazione, tecnologia, facilitazioni. La grande impresa italiana ha buoni mezzi per valutare e superare le barriere della burocrazia. La piccola no. Il cittadino ancora meno. Tra agevolazioni fiscali, rimborsi diretti, sconti e complicate pratiche burocratiche, districarsi è diventato quasi impossibile.
C'è un'eccellente carta da giocare. È lo sportello dell'energia gestito da un'istituzione pubblica (governo attraverso i ministeri, o magari l'Enea nella sua missione di coordinatore dell'innovazione energetica) facendo perno su un'altra ottima carta: la posta elettronica certificata, ormai imposta a tutte le categorie professionali e propiziata, almeno in teoria, verso il singolo cittadino.
Una buona combinazione tra i due mezzi, lo sportello Internet e la Pec, perfezionando e dando divulgazione alle inziative sperimentali in atto, potrebbe tra l'altro creare sinergie tra il piano energetico e un altro provvedimento chiave per la modernizzazione del Paese: la legge sulle semplificazioni.
L'energia in rete (quella vera)
Fare o no dell'Italia un hub del gas per tutto il continente europeo sviluppando alla grande le nuove infrastrutture di interconnessione con i Paesi fornitori di petrolio e gas? Governo prudente è un po' spiazzato nella bozza di piano energetico. Il richiamo c'è, è ripetuto, ma soffre della stessa indeterminatezza dedicata alla rivitalizzazione delle estrazioni nazionali di idrocarburi. Prudenza nell'indicare come e quando. Grande prudenza negli strumenti per promuovere tutto ciò.
I primi autorevoli commenti indicano quello che potrebbe essere un approccio più razionale e produttivo, per dare dignità al concetto di hub energetico. La vera priorità deve essere quella di integrare in rete il nostro Paese con tutto il resto del continente europeo, a partire dai bacini di consumo.
Operazione pregiudiziale. L'esempio lampante lo hanno fatto Fulvio Conti e il numero uno dell'Eni, Paolo Scaroni. L'Italia, come si sa, ha modernissime centrali di generazione elettrica a turbogas. In abbondanza. Troppa abbondanza, in virtù di una liberalizzazione che il mercato ha evidentemente governato con qualche discrasia. E così le centrali rimangono in gran parte ferme.
Nel frattempo siamo periodicamente a corto di gas. Intanto la Germania sta chiudendo le centrali nucleari e potrebbe trovarsi a corto di elettricità. Lo stesso, paradossalmente, la nuclearissima Francia nei periodi di picco, tant'è che in alcuni momenti un po' di elettricità (di più non si può per via delle interconnessioni insufficienti) arriva proprio dall'Italia. C'è poi la Spagna, che nelle infrastrutture metanifere ha esagerato, con troppi rigassificatori che funzionano a metà.
Se tutto questo sistema venisse davvero messo in rete? Il gas spagnolo un po' da noi, la nostra elettricità da turbogas un po' agli altri, ad esempio. Il piano energetico nazionale potrebbe essere, anche qui, meno timido. O almeno più consapevole.