Dalla green alla blue economy
Per gli ambientalisti l'investimento nelle reti idriche, stimato in 60 miliardi, è il secondo pilastro dell'economia verde. Federutility è d'accordo, ma alla politica chiede regole e finanziamenti certi
30 November, 2012
Legambiente, importante associazione ambientalista nazionale, lo dice chiaramente: "Gli investimenti idrici sono il secondo pilastro della green economy, al fianco di quelli energetici". Insomma, per l'associazione del cigno verde non basta aver vinto i referendum del giugno 2011. "Ora - afferma Damiano Di Simine, presidente dell'associazione ecologista lombarda - dobbiamo affrontare i problemi, seri e urgenti, della gestione idrica del nostro Paese. L'inquinamento di falde e acque superficiali, insieme ai ricorrenti fenomeni di carenza, rappresentano un’assoluta emergenza. Le direttive comunitarie ci costringono giustamente a bruciare le tappe nel realizzare le necessarie opere di collettamento e depurazione. E il deficit infrastrutturale si misura su cifre del valore di diversi miliardi di euro: sessanta. Stiamo parlando della più grande opera infrastrutturale italiana, da realizzare in tempi rapidi e con centinaia, migliaia di cantieri da aprire, per costruire depuratori e collettori, mettere mano a reti fognarie da cui colano liquami, separare le acque nere dalle acque bianche, gestire le piene. Opere pubbliche ma anche azioni private da incentivare: per attrezzare le case, le fabbriche, le città affinché gli usi dell'acqua siano più efficienti, riducendo sprechi e impropri conferimenti in fogna, gestendo le acque di pioggia, rimuovendo inutili superfici impermeabili, riciclando le acque grigie".
Fin qui gli ambientalisti. A sostenere le loro tesi ci sono le posizioni ufficiali di Federutility. La federazione che raggruppa 451 imprese italiane di servizi pubblici locali dei settori acqua ed energia, nel riconoscere che negli ultimi anni il servizio idrico nazionale è migliorato, sostiene che esiste ancora un problema legato alle perdite delle reti idriche. "Per superare tale deficit - afferma Adolfo Spaziani, direttore generale della Federazione (foto) - occorrono forti investimenti e regole certe per il settore. In Italia servirebbero 4 miliardi di investimenti l'anno. Ma tale azione è rallentata per mancanza di norme chiare e stabili". Federutility stima in 4,5 i miliardi di progetti già cantierabili, che potrebbero generare 60 mila nuovi posti di lavoro. Ma le risorse economiche necessarie non si possono attivare a causa della scarsa affidabilità del settore. “Il settore idrico in questi anni - prosegue Spaziani - è stato considerato affidabile dagli investitori solo grazie al rating delle aziende più grandi quotate in Borsa, ma ora non è più così. Siccità e fragilità idrogeologica del nostro territorio richiedono risposte urgenti. Le istituzioni sono chiamate a comporre finalmente un quadro regolatorio che garantisca i meccanismi di credito e finanziamento indispensabili al comparto”.
"A tutt'oggi - sostiene Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente - gli investimenti programmati per i prossimi 30 anni ammontano a circa 64 miliardi di euro, 2,1 miliardi l'anno. La maggior parte di questi investimenti riguarda i servizi di depurazione, di fognatura (il 65 per cento del totale) e il settore acquedottistico, soprattutto al Sud. Ma per fare questo occorre un profondo rinnovamento capace di coinvolgere le pubbliche amministrazioni, le società idriche, il settore delle costruzioni e i singoli cittadini".
Un rinnovamento che l'Istituto di ricerche Ambiente Italia stima in 27 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, che potrebbero creare 45 mila nuovi posti di lavoro.