Parcheggi al posto degli alberi
LA DIFESA DEL VERDE
02 March, 2004
Bossi Fedrigotti Isabella L\' ultima volta che in queste pagine si era parlato dell\' argomento «alberi in città», era arrivata una quantità inattesa di messaggi, non solo da Milano, ma anche da Mestre, da Padova, da Trento, da Firenze, che narravano quasi tutti il medesimo, a volte accorato, a volte rabbioso requiem per uno, due, tre, dieci, venticinque o cinquanta alberi tagliati per far posto al traffico, a un parcheggio, a una palazzina o a qualche nuovissimo, indispensabile arredo urbano. E la maggioranza delle lettere concludeva con l\' esortazione a insistere, a tornare sul tema per dare una mano a difendere il verde, come se nel mirino dei tagliatori di alberi ci fosse l\' intera foresta amazzonica e non un pugno di povere piante di città, oltretutto spesso piuttosto spelacchiate. La speranza di riuscire, grazie a uno o anche più articoli, a cambiare le sorti dei nostri amati fusti metropolitani è praticamente nulla, e la ragione è molto semplice: quanto valgono, infatti, «in soldoni» - come dicono quelli che i soldi sanno farli - dieci, venti, cinquanta o anche cento alberi e quanto vale, invece, un bel parcheggio sotterraneo oppure un palazzo a più piani? L\' ombra, il refrigerio, il piacere degli occhi e il bisogno quasi fisico di un po\' di verde evidentemente non entrano nel conto e chi mai, tra coloro che ragionano in soldoni, è disposto a credere che un albero qua, un albero là, più altri tre o quattro da questa parte e cinque o sei da quella possano, insieme, migliorare, sia pure di poco, l\' aria inquinata che quotidianamente ci tocca? Eppure, sebbene senza speranza, è quasi obbligatorio tornare sull\' argomento, perché il flusso delle lettere contro i tagliatori di piante continua e perché proprio in questi giorni in vari quartieri milanesi si segnalano nuovi, non isolati abbattimenti con relative proteste da parte degli abitanti. E\' vero che per ogni tronco segato c\' è immancabilmente pronta una giustificazione quasi ragionevole (albero malato, albero pericolante, albero intralciante, urgenza di un parcheggio, necessità di una carreggiata più ampia, fame di servizi e di abitazioni), ma il punto è un altro: di verde si sente ormai un assoluto bisogno e non si accetta più che sia considerato campione senza valore, secondario e sostituibile, soprattutto in una città come Milano dalla quale è sempre più difficile uscire per goderselo altrove, visto l\' intasamento fisso delle autostrade nei fine settimana. Fino a venti, trent\' anni fa, succedeva che bambini e adulti accorressero meravigliati per assistere allo spettacolo - grandioso e crudele - del taglio di una pianta. Oggi gli operai con le motoseghe devono nascondere le loro operazioni dietro paratie o, addirittura, muoversi di notte per non venire bloccati o anche insultati da passanti e abitanti. E quanto più alberi verranno eliminati tanto più simbolico valore acquisteranno i sopravvissuti. L\' amministrazione cittadina, non soltanto milanese, probabilmente si consola con la convinzione - non errata - che la maggioranza della popolazione al verde preferisce un sicuro posto macchina, che solo una minoranza elitaria si muove per la salvezza di una pianta. Ma non è forse dovere delle amministrazioni fare propria la via più difficile, quella che sta dalla parte di ciò che è bello, civile ed evoluto? Se nei secoli non fosse stato questo lo spirito che ha improntato l\' azione dei governanti milanesi in quale stato sarebbe oggi la nostra città?