Bici, una pacifica invasione nelle città malate di traffico
I ciclisti urbani rivendicano il loro diritto a pedalare
05 April, 2004
A Milano in dieci anni si è passati dal 2 all´8 per cento della mobilità complessiva. Il 29 maggio a Roma primo raduno italiano del club su due ruote Bici, una pacifica invasione nelle città malate di traffico I ciclisti urbani rivendicano il loro diritto a pedalare Da due anni anche in Italia è nata "Critical mass", ispirata al movimento americano Anche le vendite provano che non è più solo una moda ma una vera e propria cultura CECILIA GENTILE ROMA - Ciclisti urbani alla riscossa. Se fino a pochi anni fa l´uso della bicicletta era considerato segno di povertà, triste necessità di chi non poteva permettersi un mezzo a motore, adesso, nelle nostre metropoli malate di traffico e di smog, spostarsi in bici è la scelta sempre più diffusa di chi non vuole rimanere incolonnato tra le automobili o perdere tempo e denaro per il parcheggio. I dati dell´Aicc, l´Associazione italiana città ciclabili, dicono che gli spostamenti in bicicletta a Milano nel 2003 hanno rappresentato l´8% della mobilità complessiva, rispetto al 2% di dieci anni fa. Stessa crescita, per esempio, a Livorno e a Pisa: dal 2.5 % al 15 per cento in dieci anni. Effettuando monitoraggi per le strade, la Fiab, Federazione italiana amici della bicicletta, ha calcolato che a Milano girano ogni giorno 25.000 ciclisti su un totale di 1.300.000 abitanti. Insomma, accanto agli appassionati di escursioni fuori città e viaggi sulle due ruote, si è ormai consolidata una nuova categoria di ciclisti, quella degli utenti della strada, che, al pari degli automobilisti, dei motoclisti e dei pedoni, rivendicano il loro legittimo spazio nel traffico urbano. «Noi non blocchiamo il traffico, noi siamo il traffico», dicono provocatoriamente quelli di Critical mass, la massa critica dei ciclisti urbani che in varie città d´Italia si ritrova una sera al mese per rendere visibile la sua esistenza. Una pratica importata due anni fa dall´America, dove il fenomeno si è sviluppato a partire dall´esempio di San Francisco nel 1992. Nel settembre di quell´anno un gruppo di ciclisti decise di passare ugualmente su un ponte sopra la baia che esibiva il divieto di transito per le biciclette. «Da quei ciclisti che reclamavano il diritto di stare per strada, traffico nel traffico, è nata Critical mass», scrivono gli autori del libro "Manuale di sopravvivenza ciclica urbana", appena uscito per Terre di mezzo. È la prima pubblicazione che parla di Critical mass in Italia, scritta dai suoi stessi protagonisti, riuniti nel nome collettivo "Elsinki". «Lo abbiamo scelto ? spiegano ? perché era il nome di battaglia di Elsa Oliva, partigiana dell´Ossola, una delle prime a capire l´utilità della bicicletta nella Resistenza». Perché per quelli di Critical mass, e per molti ciclisti quotidiani, la bici è anche una forma di resistenza: alle insidie della città e alle insidie della vita. «La bicicletta è molto più di un mezzo di trasporto ? si legge nel Manuale ? è un leggero telaio capace di veicolare significati, solidarietà, lotta, poesia». Ancora: «La bicicletta declina il motto: pensa globalmente, agisci localmente». In due anni il fenomeno è andato crescendo e adesso cerca un respiro nazionale. È questo il senso del primo raduno organizzato a Roma per il prossimo 29 maggio, quando da tutta Italia arriveranno le Critical mass locali per rivendicare insieme il loro diritto ad esistere. Un diritto che i ciclisti urbani pagano caro, come dimostrano i dati Aci-Istat: nel 2002 i ciclisti hanno avuto 11.280 incidenti, che hanno prodotto 10.482 feriti e 320 morti. Una delle ultime vittime è stata Elena Abate, vent´anni, travolta a Milano da una betoniera lo scorso 24 giugno 2003, mentre in bicicletta percorreva piazzale Maciachini. Per lei quelli di Milano hanno organizzato una massa critica ciclonudista: 1000 ciclisti senza vestiti per ricordare che chi sta in sella è vulnerabile, ha solo il proprio corpo contro la violenza dell´automobile. Azioni dimostrative, ma non solo. Su un altro fronte, ma per lo stesso obiettivo, lavora la Fiab. La strategia: individuare e tracciare percorsi per le biciclette, fare pressing sulle amministrazioni e sul governo per ottenere piste ciclabili e provvedimenti di moderazione del traffico come incroci rialzati, zone a 30 all´ora, rotatorie al posto degli incroci. Ancora: laboratori nelle scuole e attività di sensibilizzazione per diffondere la cultura della bicicletta. Anche le vendite provano che ormai non si tratta più di una moda, ma di una cultura. L´Ancma, l´Associazione nazionale cicli e motocicli, fa sapere che le percentuali delle vendite si sono completamente rovesciate. Prima era la mountain bike a monopolizzare il mercato. Adesso è la bici da città, con una percentuale del 40% rispetto alle Mtb che sono scese al 30%, mentre il resto sono bici da corsa o da bambino.