La spirale del caldo artificiale
Dall'introduzione di "Grande Caldo"
01 June, 2004
"...ci sarebbe la possibilità di frenare l’afa utilizzando le forze della natura, senza aggiungere nuovi danni a quelli che si sono già andati accumulando. Ma qui entra in gioco un’altra radice del problema climatico, l’abitudine a pensare la natura come un meccanismo da regolare sul modello della fabbrica: si costruiscono le case sui letti dei fiumi perché ci sono gli argini e se cresce la piena basta alzarli; s’inventano skilift dove nevica poco perché le piste si possono coprire con la neve artificiale. Abbiamo piegato il pianeta alle nostre esigenze, perché non dovremmo piegare l’atmosfera? Che il clima sfugga al guinzaglio tecnologico appare una provocazione. E dunque la crescita di alluvioni, uragani, siccità non viene interpretata nel modo più logico, cioè come un segnale di intossicazione grave da carbonio, come un invito a correggere l’alimentazione dell’atmosfera che da due secoli ingrassiamo con riserve di combustibili fossili rimaste sotterrate per centinaia di milioni di anni. L’instabilità climatica è considerata una bizzarria della natura a cui occorre rispondere rafforzando ulteriormente lo scudo del mondo artificiale. Se il cielo si ribella ai nostri desideri, se l’estate perde la sua moderazione, se la canicola s’incattivisce trasformando le città in trappole, allora scatta la psicologia di guerra. Il caldo diventa il nemico da sconfiggere subito, con i soli mezzi di cui disponiamo, gli stessi che hanno generato il problema. Gli anni Cinquanta hanno portato il frigorifero in ogni casa italiana, gli anni Sessanta l’automobile per tutti, il nuovo millennio sta debuttando con un accessorio considerato assolutamente indispensabile: il condizionatore. In assenza di alternative, bloccate da un sistema produttivo arroccato in difesa del petrolio, milioni di italiani installano o progettano d’installare apparecchi elettrici per creare tra le mura domestiche un clima finto, una forma di benessere termico artificiale. Fra la trappola collettiva termica, in cui la specie sta cadendo a forza di bruciare petrolio e deforestare, e la trappola personale, in cui tutti siamo tentati di cadere pigiando il pulsante che ci fa entrare nel mondo dorato del clima artificiale, c’è un filo diretto. Le piccole trappole rafforzano la grande trappola: più crescono i consumi elettrici più crescono le emissioni serra e più crescono le emissioni serra più aumentano le probabilità di un riscaldamento globale catastrofico. Esiste un modo per conciliare il pubblico con il privato? Esiste un ecologically correct godereccio anziché penitenziale? Si può migliorare la propria bolla climatica personale senza peggiorare quella collettiva? Sono domande a cui questo libro vuole dare una risposta." "Da una parte i beati immersi nel fresco: "Qui ruscelli con acqua profumata, là altri in cui scorre latte dal gusto inalterabile, altrove ruscelli in cui scivola il vino, delizia di palati raffinati". Dall’altra i peccatori che "dovranno vivere per sempre nel fuoco abbeverati da un’acqua talmente bollente che gli dilanierà le viscere". L’alternativa coranica tra gli eletti premiati con gli zampilli odorosi e i dannati costretti ad arrostire è stata immaginata per l’aldilà. Il rischio è di ritrovarsi, nella più ravvicinata prospettiva terrena, un futuro simile in casa. Un fresco spartito in base al censo anziché alla virtù: getti d’aria condizionata per i consumatori modello, aria di scarto per chi non paga. Di fronte a un’opzione secca di questo tipo c’è poco da scegliere. Chi non desidererebbe un po’ di fresco in ufficio, quando ha davanti otto ore di lavoro e fuori l’asfalto si scioglie? Chi accetta volentieri di guidare dentro un’auto arroventata, rischiando la propria vita e quella degli altri? E se, una volta presa l’abitudine, si utilizzasse un po’ di questo freddo controllato anche in casa, magari solo per far sbollentare la camera da letto prima di spegnere la luce, sarebbe poi così terribile? La mutazione dell’atmosfera che ci circonda sta avvenendo così: passo dopo passo, volontariamente, poiché in mancanza di alternative ogni singola mossa appare in sé ragionevole. Una volta costruita la trappola dei gas serra, con le città trasformate in forni, la gabbia del caldo diventa tanto asfissiante che l’unica salvezza sembra sconfiggere il nemico con le sue stesse armi, rispondere ai motori che ci infliggono caldo con il motore che dà freddo. Certo, sarebbe meglio avere una temperatura accettabile senza doversi sottoporre a spifferi da torcicollo, meglio evitare uno schiaffo di 15 gradi ogni volta che si deve uscire a comprare il latte; ma, essendo l’unica opzione a portata di mano, il condizionatore appare come un alleato prezioso che ci regala un viaggio nel fresco spingendo un bottone. Una droga termica straordinariamente efficace, forse troppo. Funziona al punto da creare dipendenza: visto che il mondo si regola con un clic perché accettare una temperatura diversa dall’ideale? Perché soffrire solo un po’ meno il caldo, tagliando la manciata di gradi consigliata, mentre il corpo chiede freddo, più freddo? Meglio aumentare la dose: se la temperatura crescerà compreremo un condizionatore più potente, e poi uno ancora più potente. Qualche altra estate modello 2003 e questo scenario psicologico si affermerà aggiungendo alla nostra vita quotidiana un nuovo accessorio assolutamente indispensabile: una bolla di atmosfera personalizzata pronta a seguirci in ufficio, in macchina, dal barbiere, a casa, al bar, in palestra. Sarà una sorta di tuta gassosa virtuale, come la sottile membrana trasparente che Flash Gordon indossava per sfidare il regno dei ghiacci. Con una piccola differenza. L’eroe uscito dalla matita di Alex Raymond s’infilava l’involucro trasparente di aria pura per vincere il clima ostile in cui veniva paracadutato; il confine tra il mondo nemico e la tecnologia amica restava sempre ben chiaro. Per i cittadini dei paesi industrializzati la tuta gassosa virtuale, il passaggio continuo da un ambiente condizionato all’altro, è invece al tempo stesso una difesa e una minaccia: protegge dal caldo ma contribuisce a produrlo. In realtà una tecnologia per dare fresco senza scombussolare l’atmosfera ci sarebbe anche sulla Terra, senza scomodare il lontano pianeta Ming dei fumetti di fantascienza: si chiama architettura bioclimatica e risale agli egizi. Nel primo secolo dopo Cristo l’agronomo spagnolo Columella la ricordava indicando una soluzione in armonia con il Corano: "Per altro a moderar i calori estivi, ed all’amenità de luoghi giovano soprammodo le zampillanti fontane". Con qualche adattamento questi suggerimenti potrebbero rivelarsi utili ancora oggi perché i clienti per le biocase non mancano, come dimostra la ressa di domande ogni volta che esce un bando sufficientemente chiaro sui pannelli solari. Sono i venditori che scarseggiano: molte industrie italiane del settore (ad esempio quelle dell’eolico) sono state strangolate e costrette a vendere dal ritardo con cui il settore pubblico ha reagito alle sollecitazioni di Bruxelles che miravano a un rafforzamento delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico; altre (ad esempio Permasteelisa, un gigante nel campo delle facciate intelligenti) lavorano soprattutto all’estero. Così, avendo fatto fuori il mercato, le case che danno un fresco innocente e l’energia che non inquina restano un oggetto di desiderio sempre vicino e mai raggiungibile; l’industria italiana perde concorrenzialità sulla frontiera dell’alta tecnologia; il quadro ambientale peggiora."