Svolta per l’ambiente, sì di Mosca a Kyoto
Dopo il via libera russo il protocollo entrerà in vigore. I Paesi devono ridurre le emissioni di gas del 5%
01 October, 2004
Il presidente vince le resistenze dei collaboratori, che protestano: frena la crescita. Restano fuori gli Usa, per la Cina non è vincolante DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA - Putin l’aveva promesso all’ultimo vertice con l’Unione europea e ora finalmente la Russia ha iniziato il processo che dovrebbe portarla tra qualche mese a ratificare il protocollo di Kyoto. A quel punto l’accordo che mira a ridurre le emissioni di anidride carbonica entrerà in vigore e sarà vincolante. Gli effetti sul nostro pianeta saranno modesti, secondo la maggior parte degli esperti. Anche perché rimangono fuori gli Stati Uniti e l’Australia, che hanno rifiutato di ratificarlo, mentre per i Paesi del terzo mondo il trattato (al quale hanno aderito, Cina in testa) non è vincolante. Ma l’entrata in vigore del protocollo di Kyoto potrebbe comunque costringere anche i Paesi che sono fuori dall’intesa a fare qualcosa. E già si pensa al prossimo passo: un patto che vada oltre la scadenza del 2012. Ieri il protocollo è stato approvato dal governo russo che ora lo trasmetterà al Parlamento per il voto definitivo. I contrari all’intesa sono tantissimi nel Paese, dagli scienziati al primo ministro Fradkov. Lo stesso Vladimir Putin aveva in passato riassunto in una battuta le sue perplessità: la Russia è un Paese assai freddo e se il pianeta si scalda un po’, in Siberia non si lamenteranno di certo. I vari ministeri avranno ora tre mesi per preparare un piano di interventi per allineare il Paese con le norme del protocollo. Questo vuol dire che il Parlamento, controllato al cento per cento dagli uomini di Putin, non voterà prima dell’inizio del 2005. A quel punto, con il sì della Russia, sarà superata la quota minima di Paesi e di emissioni (il 55%) per l’entrata in vigore dell’accordo sottoscritto nel ’97. Entro il 2012 tutti i Paesi che l’hanno accettato, Unione europea in testa, dovranno ridurre in media del 5% il livello di emissioni che avevano nel 1990. Per Mosca questo non dovrebbe essere un gran problema, anche se negli ultimi anni i tassi di crescita economica sono stati molto alti. Dal ’90, a causa della crisi legata al crollo dell’Urss, la produzione industriale è calata fortemente. Le industrie sono tra le più inquinanti del mondo, così come le automobili. Ma il Paese ha margini di crescita. Uno dei maggiori critici del protocollo, il consigliere economico di Putin, Andrei Illarionov, sostiene che il protocollo sarebbe in contrasto con il proposito del presidente di raddoppiare il Prodotto interno lordo entro il 2010. Secondo Illarionov, le emissioni inquinanti russe dovrebbero crescere almeno del 66% per ottenere il raddoppio del Pil. E ciò porterebbe il Paese oltre i limiti di Kyoto: «Questa è una decisione politica, che non abbiamo preso con piacere. Siamo stati costretti». Altri economisti, però, sostengono che nei prossimi anni le industrie russe dovranno semplicemente diventare più «virtuose», impegnandosi a inquinare di meno. Inoltre il protocollo prevede un sistema di «quote» che possono essere vendute e comprate. Oggi la Russia può vendere quote perché è sotto i suoi limiti (incassando, secondo un calcolo, 10 miliardi di dollari). Domani potrebbe acquistare quote da Paesi che inquineranno meno. Un altro punto criticato in Russia è quello relativo al contributo dato dalle foreste alla riduzione di CO². La Russia dispone del 25% delle foreste mondiali, ma questo fatto non verrebbe tenuto in debito conto. Certamente in Russia, come nell’Unione europea e negli altri Paesi che aderiscono al trattato, i costi di produzione aumenteranno. E questo potrebbe avere effetti sulla concorrenza, visto che le industrie cinesi, indiane e del Sud Est asiatico non dovranno affrontare costi aggiuntivi per ridurre le emissioni. Un problema che dovrà essere esaminato, secondo i russi. Da sola la Russia non avrebbe certamente aderito al protocollo. Ma le pressioni dell’Ue sono state fortissime e Putin ha fatto capire esplicitamente che senza la ratifica del protocollo di Kyoto il suo Paese non avrebbe avuto l’appoggio Ue all’ingresso nell’organizzazione mondiale del commercio, Wto. L’atteggiamento europeo a favore dell’ingresso della Russia «non può non incidere positivamente» sulla decisione russa, aveva detto il presidente all’ultimo vertice di maggio. Ma non è stata solo la paura di rimanere fuori dal Wto. «Il futuro del protocollo dipende dalla Russia», ha detto ieri il viceministro degli Esteri Yurij Fedotov. «E se dovessimo rigettarlo, diverremmo agli occhi di tutti i colpevoli del fallimento». Fabrizio Dragosei