LETTI PER VOI - "Inevitabile un futuro più caldo, attrezziamoci"
Intervista al filosofo del clima Pascal Acot - da Repubblica del 28.06.2005
28 June, 2005
Per il "filosofo del clima" Pascal Acot si può rallentare ma non fermare il surriscaldamento del pianeta
"Città torride, imparate dal Sud così si può convivere con l´afa"
Antonio Cianciullo</b>
ROMA - «Da una parte le ondate di calore sempre più violente, dall´altra il prezzo del petrolio che continua a salire. Mi sembra che ci siano tutti gli elementi per avviare una riflessione seria sul nostro futuro energetico. Purtroppo questo dibattito, legato a una prospettiva ampia e di lungo periodo, non è realmente partito: si continuano a osservare i dettagli del problema senza misurarlo nella sua reale portata». Pascal Acot, il filosofo che da trent´anni segue il rapporto tra storia e clima, osserva con preoccupazione le reazioni di fronte all´accelerarsi degli eventi climatici estremi e dell´instabilità del barile di greggio.
Eppure la somma di queste due difficoltà può diventare l´opportunità per un cambiamento radicale, per la fuoriuscita dalla dipendenza dal petrolio che è alla base del rischio climatico.
«Questa è la prospettiva suggerita dal principio precauzionale che io difendo. E di un approccio precauzionale oggi c´è più che mai bisogno. Se è vero che non possiamo affermare con matematica certezza che è in atto un cambiamento climatico provocato dall´intervento dell´uomo, è anche vero che questa ipotesi ha un ordine di probabilità valutabile attorno al 99 per cento. Bisogna dunque agire, anche se alcuni esperti ritengono che sia già troppo tardi per bloccare il processo di riscaldamento in corso».
Ma si può rallentarlo in maniera significativa.
«Si può ancora rallentarlo, è vero. Solo però a condizione di intervenire subito e con forza in due possibili direzioni. Una è lo sviluppo delle tecnologie di risparmio energetico e delle fonti rinnovabili: l´eolico, il solare, la geotermia, le biomasse, l´efficienza energetica sono campi in cui si potrebbe fare moltissimo con ottime prospettive. Ma non è detto che questo processo venga alimentato, finora non è successo: sulle rinnovabili si sono investite solo briciole con il risultato di mortificare lo slancio di una tecnologia che ha grandi possibilità».
E in alternativa?
«Se il costo d´uso dei combustibili fossili si rivelerà, come pare probabile, tanto alto da spingere a chiudere il rubinetto del petrolio, e se le fonti alternative non decolleranno, tornerà inevitabilmente a farsi strada l´ipotesi del nucleare, magari come strategia di transizione verso il solare».
Una transizione che lascia scorie radioattive per centinaia di migliaia di anni è una transizione un po´ lunghetta.
«Effettivamente questo è uno dei problemi più gravi provocati dal nucleare. Assieme alla possibile proliferazione di armi atomiche legata al moltiplicarsi delle centrali in paesi politicamente instabili. Ma per evitare questa prospettiva occorrerebbe premere veramente sul pedale delle rinnovabili, non limitarsi a parlarne: la partita mi sembra incerta».
La micidiale estate del 2003 ha lasciato in Francia una scia di 15 mila morti da ondate di calore. A due anni di distanza quanto pesa quell´evento?
«L´impatto sanitario è stato molto violento e, oltre ai danni più ovvii, come quelli da disidratamento, si è registrato un aumento di molte patologie psicologiche. Per la Francia è stato un vero e proprio shock: non pensavamo di essere così esposti».
Il 2003 è stato l´anno in cui l´Europa ha scoperto che il caldo rappresenta una minaccia più insidiosa del freddo perché le città moderne sono meno attrezzate per affrontarlo visto che ondate di calore urbano così devastanti e frequenti rappresentano una novità. La reazione più diffusa è stata la corsa verso l´acquisto di un condizionatore: una scelta che ha finito per aggravare il bilancio energetico aumentando il rischio climatico. Che alternative propone?
«Per rispondere parto da un´osservazione. In Sicilia, facendo il rapporto tra le due popolazioni, ci sono stati meno morti rispetto alla Francia. Un paradosso solo apparente perché nel Sud del Mediterraneo esiste la cultura del caldo, c´è una lunga tradizione che affonda le sue radici nel mondo arabo e nel suo modo di costruire le città in modo da creare protezioni contro la calura estiva. È da queste esperienze che abbiamo molto da imparare».