Crisi degli inceneritori in Usa
Federico valerio su www.vasonline.it
20 July, 2005
PASSATO E FUTURO DEGLI INCENERITORI
di Federico Valerio, Medici per l'Ambiente Genova
Chi sostiene che gli inceneritori siano la risposta più diffusa nei paesi
moderni, per risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti urbani,
dovrebbe conoscere e meditare sull'esperienza degli Stati Uniti.
Anche nel campo dell'incenerimento dei rifiuti gli Stati Uniti sono stati
dei precursori, come in molti altri settori.
Già alla fine degli anni '30, circa 70 città americane utilizzavano
impianti di incenerimento. Dopo la seconda guerra mondiale, l'uso di
inceneritori aumentò, con la tendenza a realizzare impianti di maggiore
capacità, tuttavia le tecnologie utilizzate, pur adeguate ai tempi,
ponevano scarsa attenzione all'efficienza della combustione e alla
riduzione dell' emissioni inquinanti.
Alla fine degli anni '70, gli inceneritori statunitensi adottavano sistemi
"moderni" per l'abbattimento degli inquinanti (precipitatori
elettrostatici, filtri a maniche) ma, contemporaneamente, studi più attenti
dimostravano come le ceneri emesse da questi impianti contenessero quantità
rilevanti di metalli tossici (piombo, cadmio, mercurio). Fu così necessario
introdurre più efficienti impianti di abbattimento che, alzando i costi,
rendevano meno vantaggioso, dal punto di visto economico, la costruzione di
nuovi impianti. Questa situazione fu la causa di una progressiva chiusura
di questo tipo di impianti: nel 1965 , negli Stati Uniti, erano operanti
289 inceneritori; circa dieci anni dopo , nel 1974, si potevano contare
solo 114 impianti (1).
Nei quindici anni successivi la situazione non dava segni di miglioramento.
Infatti, nel 1990, risultavano in funzione 140 inceneritori, con una
capacità di incenerimento di 92.000 tonnellate di rifiuti al giorno.
Tuttavia, tra il 1982 e il 1990, 248 progetti di inceneritori (con una
capacità complessiva di trattamento pari a114.000 tonnellate al giorno)
erano cancellati. E, se nel 1990 l'EPA prevedeva che nel 2000 gli Stati
Uniti avrebbero incenerito il 26 % dei loro rifiuti, nel 1992 la stessa
Agenzia abbassava la stima al 21 %. Nei fatti, il mercato degli
inceneritori statunitensi mostrava andamenti anche peggiori delle
previsioni; infatti, nel 1997, le statistiche verificavano che gli
inceneritori avevano trattato solo il 16 % dei rifiuti prodotti in questo
paese, a fronte del 35 % di rifiuti avviati al riciclaggio, tecnica di
smaltimento in forte e costante crescita, come confermano i più aggiornati
obiettivi fissati da numerosi stati federali: riciclare il 50% dei propri
materiali post consumo, entro il 2000
(<http://www.epa.gov/epaoswer/non-hw/muncpl/factbook/>http://www.epa.gov/epaoswer/non-hw/muncpl/factbook/).
La spiegazione del perché gli USA abbiano relegato ad un ruolo marginale
l'incenerimento dei rifiuti urbani é stata autorevolmente fornita dal "Wall
Street Journal" che, in un articolo, comparso nell' edizione del' 11 Agosto
del 1993, avvertiva i suoi lettori che l'uso degli inceneritori, per
smaltire i rifiuti urbani, era un vero e proprio disastro economico per le
amministrazioni pubbliche e per il contribuente.
Riportiamo una sintesi dell'articolo del più importate quotidiano
finanziario internazionale:
''Gli organismi pubblici che hanno incoraggiato la costruzione di
inceneritori hanno posto scarsa attenzione agli aspetti economici
dell'incenerimento dei rifiuti. In sintesi, il bilancio economico di questo
trattamento é terribile, in quanto costringe gli utenti ed i contribuenti a
pagare migliaia di milioni di dollari all'anno in più , rispetto ai costi
per il trattamento tradizionale dei rifiuti (la discarica, n.d.t.).
Infatti, il costo medio del trattamento rifiuti, tramite incenerimento, è
di 56 dollari a tonnellata, il doppio del costo medio del trattamento in
discarica. Il problema é questo: nei primi anni '80, città e comuni
statunitensi furono oggetto d' una pesante campagna di informazione sulla
mancanza di spazi per nuove discariche e sull'incenerimento quale unica
soluzione a questa carenza. Forti di questa emergenza, le compagnie che
gestivano inceneritori proponevano contratti in cui si costringevano i
governi locali, per tutto il periodo d' attività degli impianti (20 anni) o
a garantire una quantità fissa di rifiuti da trattare nei loro impianti (a
scapito del riciclaggio e di politiche finalizzate alla riduzione della
produzione di rifiuti, n.d.t.), oppure a pagare costose penali.
La crisi dei rifiuti - affermava il Wall Street Journal- era più fittizia
che reale, realizzata ad arte per agevolare in vari modi i produttori di
inceneritori. Ad esempio, nella costruzione d' impianti per la produzione
di elettricità dai rifiuti, il settore pubblico s' accolla i rischi
finanziari dell'operazione, mentre le compagnie che forniscono e gestiscono
gli impianti impongono alle municipalità norme contrattuali "capestro",
quali l'invio agli impianti di una costante quantità di rifiuti ad un
prezzo prefissato (ovviamente rimunerativo per le aziende; n.d.t.).
Ma il futuro economico degli inceneritori -proseguiva il WSJ- potrebbe
peggiorare, per i seguenti motivi:
* Le città stanno affrontando costi crescenti per adeguare i loro
impianti di incenerimento alle più stringenti norme anti inquinamento. Gli
inceneritori sono importanti fonti inquinanti. In sintesi, un inceneritore
é un impianto che, pur trattando materiali relativamente innocui (i rifiuti
urbani), produce, con la combustione, numerose sostanze tossiche. I
maggiori costi per rendere ecologicamente compatibili i vecchi inceneritori
costringeranno i Comuni a raddoppiare le tasse sui rifiuti.
* Le compagnie elettriche ostacolano una legge federale che, per
favorire gli inceneritori, le obbliga a comprare l'elettricità prodotta
dagli inceneritori a costi superiori a quelli di mercato. Mentre
l'elettricità prodotta da petrolio e carbone costa da 1 a 3 centesimi a
kilowattore, l'elettricità prodotta da un inceneritore é fatta pagare dai 6
a 11 centesimi di dollaro .
* La Corte Suprema degli Stati Uniti deve decidere se le ceneri degli
inceneritori sono, dal punto di vista legale, un rifiuto pericoloso. Non
esiste dubbio sul fatto che le ceneri siano effettivamente rifiuti
pericolosi, in quanto contengono grandi quantità di metalli tossici
(piombo, cadmio, arsenico,..). Il problema é che, negli anni ottanta, per
agevolare (ancora una volta: n.d.t.) la costruzione di inceneritori, molti
Stati hanno dichiarato le ceneri degli inceneritori "legalmente" non
pericolosi. Questo accorgimento formale ha permesso un vantaggio economico
a favore degli inceneritori, in quanto se le ceneri dell'inceneritore sono
classificate come pericolose il loro smaltimento costerebbe dieci volte di
più. Questo fatto costringerebbe gli inceneritori a triplicare le loro
tariffe e questa circostanza significa nient'altro che la definitiva
chiusura di molti altri inceneritori.
* La Suprema Corte si deve pronunciare anche sulla costituzionalità di
un'altra agevolazione a favore degli inceneritori, ovvero obbligare i
Comuni ad inviare i loro rifiuti al costoso inceneritore locale, piuttosto
che ad una più economica discarica fuori comune. Per ovviare alla possibile
bocciatura di questa norma, alcune municipalità hanno trovato la soluzione:
mantenere bassi i costi dell' incenerimento, per attrarre clientela, ma
raggiungere il bilancio aumentando altre tasse.
Per vincere la concorrenza delle più economiche discariche, gli
inceneritoristi criticano l' EPA (Agenzia per la Tutela dell'Ambiente) per
il favore che questo organismo di controllo dimostra nei confronti delle
discariche, ma il Direttore della divisione rifiuti urbani ed industriali
dell'EPA, Bruce Weddle, a tal riguardo, ha categoricamente ed
autorevolmente affermato: "Gli inquinanti che un inceneritore manda
nell'aria creano problemi sanitari a molte più persone di quante siano
danneggiate dai reflui liquidi prodotti dalle discariche."
Sui tentativi di discredito nei confronti delle discariche é interessante
l'azione della contea di La Crosse (Wisconsin) contro alcuni suoi
consulenti. Costoro, per favorire la costruzione di un inceneritore,
avevano "erroneamente" stimato che il volume dei rifiuti prodotti dalla
contea fosse molto superiore alla capacità della discarica in uso, per cui,
in base a queste loro stime, entro pochi anni non avrebbe potuto più
ricevere rifiuti. Il giudice ha dato ragione all'amministrazione di La
Crosse e costretto i consulenti "bugiardi" a pagare 2.6 milioni di dollari,
come risarcimento danni."
A distanza di alcuni anni, il copione usato negli Stati Uniti per tentare
di imporre gli inceneritori ai cittadini americani, descritto nel citato
articolo del W.S.J, é riproposto in modo quasi identico, in Italia.
Nel nostro paese, a partire dalla metà degli anni '90, é in atto una
sistematica campagna diffamatoria contro le discariche, ritenute cause di
tutti i mali, dall'effetto serra alle ecomafie. Gli inceneritori invece,
ribattezzati con il più tranquillizzante termine di termovalorizzatori,
sono diventati la panacea per eliminare il problema rifiuti, risparmiare
energia e denaro, riqualificare il territorio, creare occupazione.
In realtà, anche nel nostro paese, gli inceneritori sono un disastro
economico i cui costi di esercizio non riescono ad essere coperti dai
ricavi della vendita della poca elettricità che riescono a produrre. Ad
esempio, l'impianto da 800 tonnellate al giorno proposto per Genova con la
vendita dell' elettricità avrebbe ricavato solo 16 miliardi di lire
all'anno a fronte di un costo di 23 miliardi necessari per la gestione
ordinaria di questo impianto.
Inoltre, il problema delle ceneri é tutt'altro che risolto se il
modernissimo e sponsorizzatissimo inceneritore di Brescia deve inviare le
sue ceneri "volanti" nelle miniere di salgemma tedesche, unico luogo
sufficientemente sicuro, a fronte della loro tossicità (da Venerdì di
Repubblica).
E anche in Italia, come negli Stati Uniti, il pareggio economico degli
inceneritori può essere raggiunto facendo pagare al contribuente 900 lire a
chilowattora l'elettricità prodotta con i rifiuti, a fronte delle 300 lire
pagate per l' elettricità prodotta con carbone e petrolio, insomma una
tassa occulta sui rifiuti che non comparirebbe nei costi dell'incenerimento.
Ed é tutta italiana la giustificazione di questo regalo agli
inceneritoristi: per legge, i rifiuti urbani diventano una fonte di energia
rinnovabile anche se il migliore combustibile per gli inceneritori é la
plastica che, anche i bambini sanno, si produce utilizzando una risorsa non
rinnovabile quale il petrolio.
L' unica vera differenza tra gli Stati Uniti e l' Italia é una maggiore
oggettiva difficoltà italiana (e più in generale europea) di trovare spazi
idonei per le discariche.
Comunque, ricordiamo che gli inceneritori non risolvono affatto questo
problema. Infatti, ogni inceneritore ha sempre bisogno di una discarica
dove inviare le ceneri prodotte da questo impianto (pari al 30% in peso dei
rifiuti inceneriti) e dove stoccare i rifiuti tal quali nei periodi in cui
l' inceneritore é inattivo per manutenzione ordinaria e straordinaria.
Per fronteggiare questo problema i paesi europei hanno adottato
l'innovativa strategia di ridurre alla fonte la produzione di rifiuti,
scelta, al momento trascurata dagli Stati Uniti.
In particolare, la Comunità Europea si é posto l' obiettivo, entro il 2001,
di ridurre del 50 % la generazione dei propri rifiuti da imballaggi (2).
Pur con qualche difficoltà, questo obiettivo sembra raggiungibile. Ad
esempio, tra il 1991 e il 1998, la Svezia e la Germania hanno ridotto
rispettivamente del 20 % e del 13,4 % la loro produzione di rifiuti da
imballaggio, pur in una situazione di crescita economica e quindi di
maggiori consumi.
In Italia, la strategia di ridurre la produzione di rifiuti stenta a
decollare, nonostante la buona adesione di aziende al CONAI (Consorzio
Nazionale Imballaggi), organismo che dovrebbe incentivare i produttori a
ridurre la quantità di imballaggi (
<http://www.conai.org>http://www.conai.org ).
In questo campo c'é ancora molto da fare: una capillare e costante
informazione al consumatore, l'introduzione obbligatoria del vuoto a
rendere, la promozione del compostaggio domestico
(<http://www.village.it/italianostra/compostaggio/index.html>http://www.village.it/italianostra/compostaggio/index.html),
l'introduzione della tariffa che premia economicamente chi produce meno
rifiuti.
A tal riguardo gli "amici" degli inceneritori enfatizzano gli alti costi
della riduzione e del riciclaggio dei rifiuti, in particolare quelli in
plastica.
Tale problema esiste, tuttavia, recentemente, l' Eco Istituto di Darmstadt
(3) ha confermato i grandi vantaggi ambientali (minore inquinamento,
maggiore risparmio energetico, minore uso di risorse non rinnovabili) del
riciclaggio della plastica rispetto al suo incenerimento, ma ha anche
potuto verificare che i costi di queste due strategie per il trattamento
dei rifiuti stanno convergendo. Attualmente in Germania la raccolta, la
separazione e il riciclaggio di una tonnellata di contenitori di plastica
di tipo diverso costa 2.100 marchi, a fronte di 1.080 marchi spesi se gli
stessi rifiuti sono inceneriti. Tuttavia l' Eco Istituto stima che entro il
2020 le due tecniche avranno lo steso costo (800 marchi per tonnellata). E,
a parità di costi, i netti vantaggi ambientali del riciclaggio
trasformeranno gli inceneritori in oggetti interessanti solo come esempi di
archeologia industriale.
Peraltro, anche in Italia, il costo del riciclaggio della plastica sta
diminuendo drasticamente. Da fonte COMIECO (
<http://www.comieco.org>http://www.comieco.org ), nel 1996 il costo per il
recupero di un chilogrammo di imballaggi in plastica era 2.194 lire, ma nel
2000 già bastavano 495 lire. E anche la raccolta differenziata dei
materiali post consumo in plastica è in forte incremento: nel 1996, 225.000
tonnellate; nel 2000, 526.000 tonnellate, di cui 305.000 avviate al riciclo
meccanico e 225.000 tonnellate incenerite.
Il fattore critico che tra alcuni anni provocherà il crollo dei costi del
riciclaggio potrebbe essere l'introduzione di sistemi innovativi per la
separazione automatica dei diversi tipi di rifiuto. Un impianto con queste
caratteristiche, denominato SORTEC 3, in grado di dimezzare il costo del
riciclaggio della plastica era in funzione all'esposizione EXPO 2000 ad
Hannover, dove sono state preannunciati i progressi tecnologici del terzo
millennio (4).
E' significativo che nello stesso anno, a Sydney, il trattamento dei
rifiuti prodotti dal grande villaggio costruito per i giochi olimpici si é
basato solo su raccolta differenziata, riciclaggio e compostaggio,
effettuati in un apposito centro di trattamento realizzato ai margini del
Parco Olimpico, un mirabile esempio di cittadella dello sport realizzata
seguendo le nuove regole della sostenibilità e del basso impatto ambientale.
Insomma, nonostante i numerosi ed agguerriti padrini nostrani, tutto fa
prevedere che gli inceneritori non abbiano futuro.
BIBLIOGRAFIA
* T. Randall Curlee e altri. Waste to Energy in the United States
(Westport, Connecticut: Quorum Books, 1994) ISBN 0- 89930-844-9
* Report from the Commission to the Council and the European
Parliament, Interim Report according to Article 6.3 (a) of Directive
94/62/EC on packaging and packaging waste; Rep. 596,19/11/99; COM, European
Commission: Brussels, Belgium,1999
* Dehoust,G. et all.Vergleich der rohstofflichen und energetischen
Verwertung von Verpackungskuntstofen; Okoinstitut:Darmstadt/Essen, Germany,
Nov.1999
* SORTEchnology3.0, Duales System Deutschland AG; SYSTEC: Koln,
Germany, Nov 1999. http://www.gruener-punkt.de