Sulle domeniche a piedi la città ha già votato
Dopo la proposta di parte della Giunta milanese di sottoporre ancora a referendum le domeniche con blocco del traffico automobilistico privato, l'editoriale su Repubblica di Filippo Azimonti ricorda che le domeniche ecologiche sono proprio uno dei 5 punti del referendum d'indirizzo ambientale del giugno 2011, vinto con schiacciante maggioranza dai SI - da La Repubblica del 09.04.2013
09 April, 2013
di Filippo Azimonti
Sulla “fede” e le competenze ambientaliste di Carlo Monguzzi non si possono nutrire dubbi. La sua proposta – sposata da alcuni assessori della giunta Pisapia – di interpellare i milanesi sul futuro delle domeniche a piedi non può dunque essere confusa con le periodiche iniziative attraverso le quali le opposizioni vorrebbero mobilitare residenti e commercianti contro Area C e le manovre antitraffico. Piuttosto, come una sincera occasione partecipativa offerta alla città. Nel momento in cui, scorrendo le lettere, le mail, i tweet, a partire da quello di Fabio Fazio che ha acceso la polemica, se ne coglie il sordo risentimento di fronte alla messa in atto di quello che pure aveva deciso si dovesse fare.
Il 12 e 13 giugno 2011, il quesito più controverso dei referendum ambientali, quello con il quale ci si proponeva di «ridurre traffico e smog attraverso il potenziamento dei mezzi pubblici, l’estensione di Ecopass e la pedonalizzazione del centro» aveva raccolto il 79,12% dei consensi, che salivano al 95% quando ci si proponeva di raddoppiare il verde, ridurre il consumo del suolo, garantire il futuro del parco dell’Expo e riaprire il sistema dei Navigli.
Se si volesse davvero chiamare la città a un nuovo referendum, lo si dovrebbe fare per misurare la distanza che ancora separa l’impegno del Comune dai suoi concreti risultati. Le aree pedonali dovevano raddoppiare «entro il 2012, comprendendo per lotti l’intera Cerchia dei Navigli», così come «le aree a traffico moderato». Le bici gialle avrebbero dovuto diventare 10mila e mille le auto elettriche a disposizione del car-sharing. Per non dire che l’Area C si sarebbe dovuta estendere fino alla cerchia ferroviaria per diminuire il traffico del 50 per cento. Questo vogliono, a larga maggioranza, i milanesi. Ma questo è solo in parte accaduto. E un nuovo referendum parrebbe un semplice pretesto per fare un passo indietro, arrendersi alle difficoltà e una facile scusa per non mantenere impegni presi di fronte a tutti i cittadini.
L’obiezione ricorrente sulle domeniche a piedi è che non servano a nulla per la difesa ambientale. Ed è vero. Non serve a nulla neanche vietare il fumo nelle aree giochi dei parchi pubblici, perché i bambini continueranno a respirare l’aria malata di Milano. E serve perfino a poco bloccare il traffico quando le centraline sfondano i limiti di concentrazione del Pm10. E sono molti i comportamenti “imposti” ai cittadini che, probabilmente, farebbero volentieri a meno di tenersi in casa il sacchetto dell’umido, raccogliere le cacche del proprio cane, usare le riciclerie invece di abbandonare di tutto per strada, ridurre la temperatura del riscaldamento...
Ma sono tutti richiami a una responsabilità collettiva, quella dei cittadini, resi consapevoli e responsabili di scelte individuali che possono contribuire al bene collettivo. Se questo ha un senso evidente se si discute del bene economico della collettività, lo ha anche quando si suggeriscono comportamenti virtuosi nell’usare il proprio territorio.
E il “sacrificio” di organizzarsi con un mese d’anticipo per vivere per otto “lunghissime” ore in una città che rinuncia a un pezzetto della sua “mobilità” per dimostrare che, molto spesso, si può fare a meno dell’auto, è una condizione per sperimentare, in dosi omeopatiche, proprio il futuro che si vorrebbe per tutti. A meno che, in quelle calde giornate di giugno, gli elettori non fossero prigionieri di un’allucinazione collettiva. Nulla, naturalmente, vieta di cambiare idea, ma un minimo di coerenza non si può pretendere solo dai politici.