Legge su danno sanitario, Nicastro: «Non è ostacolo per le imprese»
L’Assessore alla Qualità dell’Ambiente Lorenzo Nicastro interviene sul tema a difesa della norma regionale oggetto di contestazione da parte del commissario Ilva Bondi. «La valutazione del danno sanitario favorisce la competitività attraverso l’introduzione del tema, non più rinviabile, della responsabilità sociale di impresa».
19 July, 2013
«Faccio francamente fatica a capire come si possa, ancora oggi, considerare una norma come quella sulla valutazione del danno sanitario, approvata dal Consiglio Regionale della Puglia lo scorso anno, un ostacolo all’attività di impresa invece che una opportunità per favorire una sana competitività attraverso l’introduzione del tema, non più rinviabile, della responsabilità sociale di impresa. Tanto più se si considera che la norma sulla valutazione del danno sanitario espleta la sua funzione in contesti già sottoposti a forte pressione ambientale e nei quali sia conclamata l’incidenza di questa pressione sul piano della salute pubblica e degli effetti sanitari sulla popolazione».
«I meccanismi introdotti nella legge regionale richiamano le più moderne normative in termini di impatto sanitario e rappresentano un sistema di controllo rispetto a quelle realtà imprenditoriali che insistono in aree particolari con effetti di inquinanti e con consumi significativi di risorse naturali. Non è accettabile che serpeggi l’idea – prosegue Nicastro – che la norma sia di ostacolo e vada ‘anestetizzata’ per permettere, ancora una volta, alla produzione di diventare il tema centrale. E non soltanto per quello che riguarda Taranto giacché, sottolineo, in questo momento si sta preparando il rapporto sul danno sanitario relativo all’area di Brindisi».
«A questo punto – conclude Nicastro – è evidente che c’è chi vuol percorrere strade diverse rispetto a quella intrapresa dalla Puglia quando ha deciso di dotarsi, nell’agosto scorso, della legge sulla Valutazione del Danno Sanitario: è importante capire su chi possiamo contare e su chi no in questa battaglia per la tutela della salute dei cittadini. Resta da capire se l’atteggiamento dell’Ilva o di altre aziende che devono sottostare alla legge regionale sia isolato o se sia piuttosto la punta dell’iceberg, l’avvisaglia di una mentalità più diffusa nell’impresa italiana e se, quindi, sia necessario far quadrato attorno ad un problema, quello delle ricadute sanitarie legate agli impatti industriali, non più rinviabile».