Legambiente Taranto: «Integrare il Piano di Emergenza Ilva con quello dell’Eni e del porto»
Taranto non rientra ancora (ai sensi di legge) tra le aree "ad elevata concentrazione di stabilimenti" sebbene sia nota la complessità del suo apparato industriale ed il rischio costituito dalle sua attività. Legambiente perciò richiede la formulazione di un unico Piano di Emergenza Esterno integrato tra l'Ilva e l'Eni e il porto. Ancora assente l’analisi sul rischio tornado
07 August, 2013
Il Circolo Legambiente Taranto con una nota a firma di Lunetta Franco, Presidente del Circolo, e di Leo Corvace, del direttivo dell’associazione, ha presentato le proprie Osservazioni al Piano di Emergenza esterno dello Stabilimento ILVA di Taranto
Innanzitutto Legambiente ritiene che Taranto debba rientrare, per la complessità del suo apparato industriale ed il rischio costituito dalle sua attività, tra le aree "ad elevata concentrazione di stabilimenti" ai sensi dell'art. 13 del Dlgs 334/99 e s.m..
Nelle more dell'assunzione di tale provvedimento da parte del Ministero dell'Ambiente, per Legambiente è necessario coordinare ed integrare il PEE dell’ILVA con quello dell’ENI e del porto (ndr. "il rapporto di sicurezza") per garantire maggiore sicurezza al territorio ed efficacia al piano di intervento in caso di emergenza.
In particolare il PEE dell’Ilva dovrebbe integrarsi con quello delle due centrali termoelettriche CET/2 e CET/3, di cui la stessa azienda ha di recente rilevato la proprietà. Pur distinti sul piano societario, i processi produttivi delle due aziende sono infatti tra loro strettamente interconnessi. La necessità viene avvertita anche nelle note esplicative del PEE.
Per questo Legambiente richiede la formulazione di un solo PEE. Rispetto alla documentazione da produrre nel PEE, funzionale a garantire puntualità ed efficacia alle analisi di rischio ed agli interventi da assumere in caso di incidente rilevante, la descrizione del sito non risulta del tutto esaustiva relativamente all’aspetto “informazioni sullo stabilimento” così come previsto dal DPCM 25 febbraio 2005. Il riferimento è alla carenza di note inerenti viabilità interna dello stabilimento e mappe delle reti tecnologiche. Di particolare importanza è l’indicazione, su specifica cartografia, del tracciato relativo alle reti gas ed ossigeno, ai vari impianti di stoccaggio, al posizionamento delle torce per rilevarne il rischio in rapporto al trasporto interno di sostanze pericolose ed eventuale effetto domino per la loro vicinanza. Nella descrizione territoriale mancano citazioni riguardanti la presenza di discariche in esercizio e dismesse all’interno e fuori del perimetro Ilva. Vedi “Mater Gratiae”, “Cava Due Mari”, ex cava “Cementir”, ex cava “Briotti”, “Italcave”, “Gennarini”, etc
La notevole estensione dell’area dello stabilimento siderurgico, circa 15 milioni di metri quadri (mq) con al suo interno 50 km di strade e 200 km di ferrovia, impone di superare l’attuale analisi del PEE limitato alla valutazione dei rischi di incidenti rilevanti in relazione ai soli processi produttivi. Si ritiene, infatti, che nella loro valutazione alcuni incidenti rilevanti potrebbero presentare, rispetto alla casistica del PEE, un maggiore impatto se causati da mezzi trasportanti sostanze pericolose e/o infiammabili. Ci si può riferire, ad es., alle condotte dei gas di recupero o ai serbatoi di ossigeno. Occorre quindi che il PEE riporti i dati riferiti al trasporto intermodale delle sostanze pericolose all’interno dello stabilimento. In particolare, le cifre in merito a quantità, tipologia e pericolosità delle merci trasportate via mare, su gomma e rotaia ed alla quantità dei vettori interessati anche in entrata ed uscita dallo stabilimento. Questi ultimi dati assumono importanza anche in relazione al rischio che incombe sulla strada per Statte, rientrante nella terza zona “di attenzione” ma sulla quale potrebbero inscenarsi incidenti di maggior rilievo se ad essere coinvolto nelle conseguenze di un incidente rilevante interno allo stabilimento Ilva fosse un mezzo con trasporto di merci pericolose.
Mancano nel PEE analisi circa l’effetto domino conseguente ad incidente rilevante con ripercussioni nelle due centrali termoelettriche CET/2 e CET/3. Mancano, inoltre, dati inerenti la dispersione di emissioni diffuse di gas od ossigeno lungo le reti, su giunture e valvole o dagli impianti di stoccaggio, nonché sulla quantità di torce e camini presenti nello stabilimento e sulla temperatura, generalmente rilevante, dei fumi in uscita dagli stessi. Di conseguenza si registra l'assenza di qualsiasi riferimento al rischio determinato da emissioni diffuse di gas od ossigeno che vanno ad impattare con camini e torce. Legambiente ritiene che l’azienda non possa esimersi dal redigere una valutazione dei rischi rapportati ad un mancato funzionamento delle torce sulle reti dei gas siderurgici.
Infine Legambiente richiama l’attenzione sull’assenza di analisi in rapporto al rischio tornado. I mutamenti climatici del pianeta hanno con tutta evidenza inciso anche sulle caratteristiche atmosferiche dell’area del Mediterraneo rendendole sempre più instabili e protese alla formazione di fenomeni meteorologici dagli effetti anche devastanti. Riscontri in tal senso si sono registrati in loco il 28 novembre scorso quando un tornado ha provocato una vittima e gravi danni al territorio. L’impatto prodotto dal suo passaggio nell’area portuale ed all’interno dello stabilimento siderurgico deve necessariamente portare a considerare nel PEE anche questo tipo di rischio.