A Torino si discute del futuro dell’acqua
Partita la due giorni voluta da Smat. Esperti italiani ed esteri a confronto sul futuro delle risorse idriche. Finanziamenti e investimenti i temi centrali della mattinata di apertura. E non sono mancate le polemiche
08 November, 2013
di Pietro Mezzi
Dibattito ricco quello che ha aperto i lavori della conferenza internazionale “Water Future, il futuro dei servizi idrici”, in programma il 7 e l'8 novembre a Torino nel campus dell’International labour organization dell’Onu, organizzato da Smat Torino per festeggiare i cinque anni di vita del centro ricerche della società torinese. Un dibattito arricchito da qualche polemica sul tema delle forme di gestione dei servizi idrici nel nostro Paese.
Il sindaco
Davanti un pubblico soprattutto di addetti ai lavori, il sindaco di Torino, Piero Fassino, ha ribadito che “compito di una multiutility dell’acqua sta nel tutelare il bene, compiere gli investimenti adeguati e tendere alla sostenibilità. Il tutto accompagnato da una buona governance. La forma societaria idonea è quella capace di garantire questi obiettivi, oltre a mantenere pubblica la risorsa acqua”. Fassino si è poi dilungato sul tema della futura città metropolitana: “A Torino l’acqua è già gestita in ambito metropolitano, così i trasporti e a breve anche i rifiuti. Con la città metropolitana, gli enti gestori potranno far parte di questo nuovo livello istituzionale”.
L’Autorità
Il presidente dell’Autorità dell’energia, del gas e dell’acqua, Guido Bortoni, ha descritto bene i due corni del problema dei servizi idrici in Italia: da un lato le multe dell’Unione europea a comuni e a enti gestori italiani per la mancata depurazione dell’acque e, dall’altro, il tema degli investimenti e della necessità di colmare il gap infrastrutturale esistente attraverso il ricorso a nuove forme di finanziamento degli stessi. Bortoni ha ricordato la stima del fabbisogno di risorse necessarie per mettere a regime il sistema dei servizi idrici; una valutazione frutto di un’indagine della stessa Autorità. “In Italia - ha detto il presidente - servirebbero 25-26 miliardi di euro nel quinquennio per mettere in regola il sistema”. Pur diplomaticamente, Bortoni ha ricordato che nella legge di Stabilità il governo ha fissato cifre di molto inferiori alle esigenze: 10 milioni nel 2014, 30 nel 2015 e 50 nel 2016. “Ben poca cosa – ha detto – rispetto ai 25 miliardi da noi quantificati”. Il problema quindi è quello delle risorse: “Noi possiamo puntare – ha concluso Bortoni – sul sistema tariffario, ma dobbiamo anche sforzarci di reperire nuove risorse come i fondi di rotazione, gli hydrobond, i certificati blu, i titoli di certificazione energetica. La tariffa non può finanziare tutto”. Il numero uno di Aeeg ha anche ricordato quanto fatto in questi due anni circa di lavoro: “Il varo del metodo tariffario provvisorio per il periodo 2012-2013, che verrà esteso anche alle annualità 2014 e 2015, il sostegno agli investimenti, il ricorso al mantenimento finanziario dei cespiti, che è un modo indiretto di utilizzare la leva pubblica, e infine l’introduzione della valorizzazione delle immobilizzazioni del sistema pubblico, fino al 2012. Due strumenti in deroga ai criteri di regolazione, che dovrebbero aiutare appunto gli investimenti”.
L’economista
Giacomo Vaciago, economista ed ex sindaco di Piacenza, ha invece posto l’accento sul tempo perso in Italia, in generale, e nel settore idrico, in particolare “Abbiamo sprecato 20 anni – ha detto - E oggi l’Italia è un paese che non attira gli investimenti privati esteri, così come non è in grado di attirare i capitali anche nel settore idrico a causa anche della proliferazione normativa”.
Il giurista
Seguito, applaudito e in parte contestato è stato l’intervento del professore Ugo Mattei, presidente dell’azienda pubblica Acqua Bene Comune di Napoli, che ha ribadito il proprio punto di vista sul tema del rapporto pubblico-privato nel nostro Paese. “Questi due settori, in Italia, non competono alla pari. Negli ultimi venti anni abbiamo assistito allo smantellamento del modello di governo pubblico. E oggi il pubblico si limita a svolgere il ruolo di regolatore. I referendum sull’acqua hanno voluto affermare invece un modello opposto a quello che ha dominato negli ultimi due decenni. Il modello della società per azioni, che si è appunto affermato in questo periodo, legato al profitto di breve periodo, mal si adatta alla logica dei beni comuni”. Mattei ha poi descritto il lavoro svolto a Napoli, con la creazione di ABC, unica azienda speciale di diritto pubblico italiana. “In questa particolare formula di azienda, il ruolo fondamentale è delegato alla partecipazione dei cittadini. Sintetizzato con uno slogan, l’acqua è del popolo, non del sindaco. E ai cittadini va fatto conoscere tutto dell’acqua, anche il fatto che in Italia costa poco. Un risultato che si può ottenere solo con la partecipazione. Dobbiamo andare verso la gestione ecologica dell’acqua”. Ma il nodo, anche per ABC, sono i finanziamenti, più difficile da ottenere rispetto alle società per azioni.
Un’apertura in questo senso è venuta da Lars Anwandter, responsabile dei finanziamenti infrastrutturali della Banca europea degli investimenti, la Bei, il quale ha affermato che “di fronte a precise garanzie del Comune, un piano di investimenti pluriennale e un sistema tariffario adeguato, Bei potrebbe anche finanziare imprese come quella napoletana”.
La conferenza internazionale “Water Future” è proseguita nel pomeriggio con una serie di comunicazioni sul futuro dei servizi idrici (Riku Vahala), gli acquedotti in Europa (Claudia Castell-Exner), i trattamenti delle acque potabili e reflue (Mariachiara Zanetti) e del ruolo della ricerca (Roberto Zocchi).