“L’affaire” Ilva-Regione Puglia: benzo(a)pirene e centraline di monitoraggio | Ecopedia
Dall’archivio di Eco dalle città, i rapporti di Ilva con la Regione Puglia nell’estate del 2010. Articoli, comunicati stampa e documenti, spesso perduti nell’etere del web, ci aiutano a ricostruire le rete di rapporti e l’intreccio normativo che si costituirono intorno al benzo(a)pirene e che fanno da contesto alle intercettazioni ascoltate in questi giorni
19 November, 2013
L’intercettazione del 2010 tra Vendola e Archinà, nuovamente portata all’attenzione da ilfattoquotidiano.it, proprio nella settimana in cui c’era attesa per la puntata di Report sull’Ilva di Taranto (anche dopo lo scambio con Arpa), ci dà l’opportunità di mettere in fila qualche data cercando di ricostruire il contesto amministrativo e normativo (benché sarebbe forse più giusto che il dibattito si concentrasse su altro elemento: le mappe epidemiologiche e il ricorso al Tar Lazio da parte di Arpa e Regione sulla legge che riguarda la valutazione del danno sanitario.
L’altro ieri un articolo di Repubblica.it ha mosso nuove accuse alla Regione Puglia, presumendo un accordo con l’Ilva (definito “patto segreto”) in base al quale le centraline di monitoraggio dell'aria dovevano essere messe all'esterno dello stabilimento, così che Ilva ne ricevesse il minor danno possibile. Un patto, però, che sembrerebbe senza utilità. In quel periodo la Regione Puglia stava cercando di convincere i grandi colossi dell'industria jonica (Eni, Ilva e Cementir)) a posizionare a proprie spese, all'interno delle proprio aree, le centraline di monitoraggio dell'aria. Anche se Ilva non avesse voluto, così come poi è successo, sarebbe stato comunque semplice dimostrare grazie all'analisi dei venti che fosse proprio Ilva la sorgente inquinante di benzo(a)pirene dato che la sostanza inquinante proviene dall'Ilva come il polline dalle piante. Ne il posizionamento delle centraline fuori dai confini dello stabilimento, infatti, non avrebbe certo impedito di individuare nell'Ilva la sorgente inquinante. Piuttosto sarebbe stato difficile il contrario per la Regione, cioè provare a scagionarla, qualora evidentemente avesse voluto. Ma sarebbe stato come cercare di nascondere in una pianura l'unica montagna esistente. La centralina di Via Machiavelli (distante 1,5 chilometri dal camino E312) aveva già rilevato tutto questo. E' scritto nella relazione dell’Arpa Puglia, pubblicata il 4 giugno 2010, che aveva individuato proprio nell’Ilva, ma in via preliminare, la sorgente inquinante (vedi tabella allegata in foto, pag. 17 relazione Arpa). Leggi anche il comunicato stampa di Altamarea.
Il siderurgico d’altra parte, non aveva alcun interesse a posizionare all’interno delle proprie aree le centraline di monitoraggio, dovendo tra l’altro pagarle di tasca propria. La Regione Puglia aveva solo il potere di proporre alla magistratura di «intervenire - informa una nota della Regione - nei confronti di quelle sorgenti che i monitoraggi individueranno quali responsabili delle elevate concentrazioni di sostanze inquinanti».
Diversamente Eni e Cementir, gli altri due colossi coinvolti nell’operazione monitoraggio diagnostico del benzo(a)pirene, sborsarono volentieri all’incirca 30.000 euro ciascuno per l’installazione delle proprie cabine di monitoraggio. Avevano infatti tutto l’interesse ad ottenere o a conservare, nel caso di Cementir, l’Autorizzazione Integrata Ambientale, incassando il parere favorevole della Regione Puglia e dimostrando in modo definitivo, grazie ai controlli incrociati dell’Arpa, di non essere loro le sorgenti di benzo(a)pirene.
Per comprendere meglio si può leggere l’articolo di Piero Ricci, giornalista di Repubblica, scritto nel giugno 2010: “«O lo fanno da sole, o interverremo noi», ha spiegato Nicastro.
Ilva, come si evince nell’intercettazione del luglio 2010 tra l’avvocato Perli e il proprietario Riva aveva deciso di non installare, d'intesa con l'amministrazione regionale, alcuna strumentazione all’interno dell’azienda ("io non pago l'energia elettrica al boia che mi vuole...". E Riva completa: "mettere sulla sedia elettrica"), proprio per non prestare il fianco all’Arpa e alla Regione. Aveva già inteso l’antifona, infatti, con la relazione preliminare dell’Arpa Puglia del 4 giugno 2010 [Benzo(a)pirene aerodisperso presso la Stazione di monitoraggio della Qualità dell’aria di via Machiavelli a Taranto, Attribuzione Alle Sorgenti Emissive]. Queste le parole dell’assessore all’ambiente Lorenzo Nicastro: “Per la prima volta (la relazione Arpa, ndr) ha posto in stretta correlazione i valori di benzo(a)pirene rilevati in atmosfera con le emissioni rivenienti dalle cokerie dello stabilimento ILVA. Di fronte ai dati e alla valutazioni fornite da ARPA Puglia, braccio tecnico della Regione, dovranno essere poste in atto tutte le iniziative di competenza della Regione volte alla riduzione di questo inquinante in atmosfera”.
Lo stabilimento dei Riva, pur avendo all’inizio intrapreso un percorso in condivisione assieme agli altri gestori degli impianti ENI e Cementir, per l’avvio del monitoraggio diagnostico della qualità dell’aria di Taranto, (tavolo di concertazione del 28 giugno, e del 26 luglio), successivamente al 13 agosto 2010, data del primo decreto Salva Ilva, si defila e dà forfait alla Regione. Infatti aveva appena incassato dal Governo il prezioso regalo, il decreto-legge n. 155/2010, che posticipava al 1 gennaio 2013, dunque di lì a tre anni, l’entrata in vigore del limite di legge del benzo(a)pirene di 1 nanogrammo su metro cubo, e che perciò neutralizzava tutti gli sforzi messi in atto fino a quel momento, compreso il contributo di quella relazione Arpa del 4 giugno 2010. Questo decreto poi diventato legge serviva all’Ilva urgentemente perché “i limiti di legge per il benzo(a)pirene nell'aria erano stati da essa già superati nei primi cinque mesi del 2010. Il 15 luglio 2013 l'Arpa Puglia aveva infatti comunicato “che nei primi 5 mesi del 2010 il valore di benzo(a)pirene nel quartiere Tamburi di Taranto era salito a 3 nanogrammi a metro cubo".
Nonostante la doccia fredda del decreto, l’Agenzia per l’Ambiente comunque non si dà per vinta. Questa la dichiarazione del Direttore Arpa Giorgio Assennato, raccolta dalla giornalista Antonella Ardito il 28 settembre 2010: “Posizioneremo noi le centraline ai confini dell’Ilva, Cementir ed Eni invece si accolleranno l’onere di due centraline ciascuna”. Con le quattro centraline in carico all’Arpa, operative già da prima su Taranto, era infatti possibile soltanto un’analisi mensile sulla quantità degli Ipa totali, gli idrocarburi policiclici aromatici derivati dalla combustione e dai gas di scarico. “Questa rete di rilevamento invece ci permetterà di comprendere la provenienza del benzo(a)pirene, nell’interesse di tutta la città. Contiamo di collaudare il sistema nelle ultime due settimane di ottobre. Il decreto legge del 13 agosto 2010, che sposta l’entrata in vigore al 2013 il limite di un nanogrammo per metro cubo di benzo(a)pirene, è una decisione che non inficia il nostro lavoro”.
Nel febbraio 2011, poi, entra in vigore la legge regionale sul benzo(a)pirene che oltre a recepire il limite di un nanogrammo di benzoapirene per metro cubo di aria, stabilisce che tale obiettivo deve essere raggiunto “nel più breve tempo possibile”, e prevede, in caso di superamento del limite di emissione di benzopirene, un intervento immediato da parte delle autorità, e cioè l’introduzione di alcuni obblighi (è quello che diventerà il piano “wind days” (Piano di risanamento dell'aria predisposto per le sorgenti della zona industriale di Taranto e Statte), attivato durante i giorni di condizioni climatiche critiche, in particolare, per il quartiere Tamburi, quando soffia il maestrale). In seguito, nel giugno 2011, Arpa Puglia annuncia i risultati del monitoraggio semestrale diagnostico del benzo(o)pirene in sei siti dell'area industriale (2.300 analisi in totale, con l’identificazione delle sorgenti), dati rilevati anche sulla base della ottava e nona campagna di monitoraggio delle emissioni del camino E312, che si svolgeva in quel periodo e che era stata preceduta da un monitoraggio delle emissioni con il mezzo mobile.
Dopo aver riscontrato il superamento di B(a)P, la Regione Puglia avvia un piano di risanamento per il rione Tamburi di Taranto, che, come ha recentemente dichiarato Assennato, ha iniziato a dare i suoi frutti, benché la situazione appare viziata dal fatto che 6 su 10 cokerie non sono in uso per lavori di adeguamento Aia.