Conai alla Conferenza EuPB, presentato il progetto di recupero degli imballaggi biodegradabili
In occasione della conferenza organizzata annualmente da European Bioplastics, l’associazione europea che riunisce le aziende dell’intera filiera delle bioplastiche, Conai ha presentato le conclusioni dello studio sulla riciclabilità delle bioplastiche. Di seguito le conclusioni della ricerca
10 December, 2013
In occasione della conferenza organizzata annualmente da European Bioplastics, l’associazione europea che riunisce le aziende dell’intera filiera delle bioplastiche, il Conai ha presentato le conclusioni dello studio sulla riciclabilità delle bioplastiche.
L’appuntamento, giunto alla sua ottava edizione (Berlino, 10 e 11 dicembre 2013) e si conferma come il principale evento internazionale dedicato all’industria delle bioplastiche, dei biomateriali e delle loro applicazioni.
Lo studio Conai
Il gruppo di lavoro si è occupato di mettere a punto un progetto di recupero degli imballaggi biodegradabili, con il coinvolgimento di produttori di materie biodegradabili (Basf, NatureWorks e Novamont), utilizzatori (Barilla e Coop), i consorzi Cic e Corepla, le associazioni di categoria (Assobioplastiche e Federazione gomma-plastica). Obiettivi del gruppo di lavoro, formulare una definizione di imballaggi biodegradabili; definirne una corretta e condivisa gestione pre e post consumo, dalla raccolta differenziata al recupero; informare i cittadini. Per questo, sono stati effettuati studi sul ciclo di vita, prove di laboratorio e industriali per verificare la biodegradabilità e la riciclabilità degli imballaggi immessi sul mercato, all’unico scopo di ricavarne utili indicazioni per la loro gestione post consumo.
Sono state effettuate prove di laboratorio e industriali, con metodi standardizzati, sia su provini ottenuti da materiali vergini (in granuli) sia da semilavorati industriali. I test effettuati vengono normalmente utilizzati per avere indicazioni sulla possibilità tecnica di effettuare riciclo meccanico sui manufatti di interesse.
Premesso che le ricerche, gli studi e le prove hanno fornito le seguenti indicazioni:
- per la gestione post-consumo degli imballaggi realizzati con plastiche biodegradabili, e per evitare di dare informazioni non chiare ai cittadini, è necessario associare il concetto di biodegradabilità a quello del tempo di biodegradazione del manufatto stesso;
- un imballaggio dovrebbe quindi essere definito “biodegradabile” solo se è effettivamente biodegradabile entro un tempo massimo stabilito, utilizzando uno standard di riferimento, come quello sulla biodegradabilità e compostaggio UNI EN 13432 – 2002;
- in riferimento agli imballaggi oggetto delle prove, che comunque rappresentano la maggior parte del mercato attuale, gli imballaggi flessibili e rigidi ( film, shoppers, bottiglie, vaschette, ecc…) i bicchieri, i piatti e le stoviglie realizzati con plastiche biodegradabili, da soli o in miscela fra loro,
sono biodegradabili e compostabili secondo la norma UNI EN 13432 – 2002, almeno fino alle concentrazioni nella massa totale del 5% come da prove effettuate. Tale percentuale copre largamente le previsioni di mercato nel breve e medio termine;
- gli studi di Analisi del ciclo di Vita (LCAs) hanno confermato che per gli imballaggi realizzati con plastiche biodegradabili, come per gli altri materiali, il riciclo meccanico è la soluzione che ha il minore impatto ambientale;
- gli imballaggi realizzati con plastiche biodegradabili oggi sul mercato possono essere destinati al riciclo meccanico con alcune precauzioni tecniche. In particolare:
o gli imballaggi flessibili (shoppers e film) realizzati con plastiche biodegradabili, tipo il Mater Bi sperimentato, che non sono separabili automaticamente negli impianti di selezione da quelli flessibili di plastiche tradizionali, sono comunque riciclabili, fino a un contenuto del 10% con gli stessi imballaggi di plastiche tradizionali;
o gli imballaggi rigidi, realizzati con plastiche biodegradabili, tipo INGEO (PLA) sperimentato, risultano riciclabili meccanicamente, se opportunamente separati negli impianti di selezione;
- potrebbe essere utile per il futuro applicare un simbolo/emblema unificato sugli imballaggi biodegradabili: si darebbe al cittadino l’opportunità di poter facilmente distinguere l’imballaggio biodegradabile da quello non biodegradabile, onde evitare facili inquinamenti in fase di raccolta; inoltre, in futuro il simbolo/emblema, se opportunamente strutturato, potrebbe essere utile per la separazione automatica negli impianti di selezione e per la tracciabilità dell’imballaggio nell’arco della sua vita.
Conclusioni:
Ciò premesso, ai fini di una corretta gestione e raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggi, bicchieri e stoviglie biodegradabili, si possono trarre le seguenti conclusioni:
- sono considerati imballaggi biodegradabili solo quelli che sono compostabili e conformi alla norma UNI EN 13432 – 2002
- gli imballaggio biodegradabili non vanno dispersi nell’ambiente perche il loro tempo di biodegradazione potrebbe durare anni;
- per la raccolta dell’umido devono essere usati esclusivamente i sacchetti biodegradabili;
- gli imballaggi, i bicchieri e le stoviglie biodegradabili usati possono essere raccolti con l’umido per essere inviati a riciclo organico. Oppure, se non contaminati da rifiuti organici alimentari, e su disposizioni degli organi locali competenti, possono essere raccolti insieme a quelli realizzati con plastiche tradizionali
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