Milano di notte? Critica in periferia, strade poco illuminate e mezzi pubblici scarsi
La ricerca realizzata da universitari del Politecnico e di Grenoble, con i dati raccolti durante alcune traversate notturne. "L’illuminazione stradale pensata per le auto e non per i pedoni amplifica l’effetto città fantasma". "Il centro vive, ma le zone decentrate non hanno fatto il salto di qualità" - da Corriere della Sera del 23.12.203
23 December, 2013
di Paola D'Amico
La Milano di notte è un’immagine color seppia, come quella delle vecchie foto dimenticate in un cassetto. È un puzzle incompleto, con cesure che sembrano insormontabili tra periferia e centro - due mondi che non comunicano -. È luogo di forti contrasti, che la gente avverte come poli positivi (Navigli) e negativi (periferie). La notte è una cartina di tornasole che permette di verificare come il patrimonio architettonico - chiese, palazzi, monumenti, parchi - non sia valorizzato. Ed è un test importante, quasi alle porte di Expo, sui mezzi pubblici, che a mezzanotte si trasformano in zucche, come nella fiaba di Cenerentola e costringono chi vive la notte, anche per necessità perché lavora, a ricorrere a mezzi privati.
Questo, in sintesi, è il resoconto della prima traversata notturna, realizzata da 60 allievi del Master «Innovazione e Territorio» dell’Università Joseph Fourier di Grenoble e della Scuola di Design del Politecnico di Milano che ha permesso di scannerizzare una cinquantina di chilometri di città attraverso quattro diversi itinerari: dal Forum di Assago e dall’ospedale San Carlo a piazza Duomo, lungo la cerchia dei Bastioni, da Lambrate all’Isola passando sotto la Madonnina.
Sessanta persone hanno camminato per otto ore, dalle 22 alle 6 del mattino, interrogando 400 persone incontrate nella notte e visitando 800 luoghi di Milano.
Una seconda traversata seguirà tra la prossima primavera-estate, quando l’istantanea cambierà naturalmente i colori, per effetto naturale, e poi una terza, prima di Expo, come spiega Gianni Ravelli, docente del Politecnico, che con Luc Gwiazdzinski, direttore del Master all’università di Grenoble, ha realizzato il primo viaggio notturno milanese. Cominciamo dai lati positivi: la notte milanese è stata «accogliente» per i partecipanti che hanno ricevuto pochissimi rifiuti a parlare da parte dei milanesi, e parla francese grazie a una forte presenza di gruppi africani - Camerun, Burundi, Tunisia, Congo - e nei caffè e locali aperti fino a tardi e nelle residenze universitarie.
In testa alle criticità, invece, ci sono i trasporti pubblici: la metropolitana chiude presto e chi viaggia teme le lunghe attese tra un mezzo e l’altro. Al secondo posto, c’è l’illuminazione. Quella stradale è pensata per le auto e non per i pedoni, amplifica l’effetto «città fantasma», è «disordinata, non gerarchica, in base all’importanza dei monumenti, e di vecchia concezione - al sodio -», scrivono gli autori del tour notturno, «così da rendere gli spazi estranei e non rassicuranti». E, poi, a fare da contrasto, ecco le luci sparate, violente e fredde nei nuovi quartieri delle torri-grattacielo.
Del report di questo primo viaggio colpisce come i cittadini vedano non una ma due città, che non comunicano: centro e periferia. Due città con forti diseguaglianze, non solo per l’illuminazione, ma per i servizi, i negozi, i trasporti. Non c’è offerta di convivialità ma neppure una toilette senza pagare. Non c’è un luogo pubblico vivibile e vissuto. I «nuovi edifici del potere economico e commerciale sorgono isolati e arroganti, senza tenere conto del contesto», piccole imitazioni anche in periferia di Piazza Affari. Poche le informazioni sull’offerta notturna di esercizi aperti, orari, manifestazioni, «per una città che sembra più attenta a gestire la sua immagine per gli stranieri che per gli abitanti».
Città grigia di giorno, spenta o spettrale di notte, dove è la pubblicità con i suoi schermi immensi ad occupare ogni spazio. E, infine, curioso il capitolo graffiti. «I milanesi, tutti quelli interpellati, condannano le tag sui pali della luce, sulle porte delle case, che considerano graffiti da combattere, promuovono i murales», conclude Gianni Ravelli. E chiedono piccole cose, oltre alla luce: una panchina per sostare e musei che non chiudano troppo presto.