Una montagna di plastica senza riciclo
Montagne di bottiglie di plastica vuote, 20 mila in tre mesi. L’idea era di educare i ragazzi e raccogliere fondi per sistemare il campetto da calcio dell’oratorio. I volontari del Michele Rua speravano di riuscire a risolvere un problema e si sono ritrovati ad averne due: "Abbiamo pensato a una raccolta di bottiglie in plastica, da far avere a qualche azienda specializzata nel riciclaggio di rifiuti. Ma quelle ditte ci hanno risposto picche" - da La Stampa del 27.12.2013
27 December, 2013
Claudio Laugeri
Montagne di bottiglie di plastica vuote, 20 mila in tre mesi, una cantina piena e la prospettiva di molti altri sacchi da accumulare prima di trovare un sistema per smaltire quei materiali. L’idea era di educare i ragazzi e raccogliere fondi per sistemare il campetto da calcio dell’oratorio. I volontari del Michele Rua speravano di riuscire a risolvere un problema e si sono ritrovati ad averne due. «Abbiamo pensato a una raccolta di bottiglie in plastica, da far avere a qualche azienda specializzata nel riciclaggio di rifiuti. Ma quelle ditte ci hanno risposto picche» raccontano Renato Burdino, 66 anni, e la moglie Susanna Ricci, di 60, che cercano di rendersi utili nelle attività dell’oratorio salesiano Michele Rua, un caposaldo nel quartiere di Barriera di Milano. L’entusiasmo li aveva spinti a chiedere ai ragazzi della zona, alle scuole di portare in oratorio le bottiglie in plastica vuote. La loro iniziativa è stata sostenuta (con tanto di volantino affisso in bacheca) dal direttore, don Jacek Jankosz, 49 anni, da un anno responsabile della struttura in via Paisiello 37. «Una sola scuola ne ha raccolte mille e 100 nel fine settimana – spiega il sacerdote -. E’ un peccato che nessuno le ritiri». Il motivo: troppo poche. «Ci hanno risposto così già due aziende. Si muovono soltanto per volumi di almeno 5 mila bottiglie al giorno, ma senza di loro non abbiamo la possibilità di smaltire quei materiali» aggiungono i due volontari. Ma loro non si sono persi d’animo. «C’è un supermercato in zona dove è possibile portare le bottiglie – dice ancora Burdino -. Ma vengono pagate soltanto con uno sconto sulla spesa. Tre euro ogni 200 “pezzi”». All’oratorio, però, servono i soldi. Così, i volontari hanno studiato un sistema un po’ macchinoso per aggirare l’ostacolo: loro o altri parrocchiani vanno a fare la spesa, incassano lo sconto e versano l’equivalente in una cassa comune. «In questo modo, siamo riusciti a ricavare 50 euro» dicono con un pizzico di soddisfazione. Certo, il tappeto verde del campetto da calcio ne costa 150 mila, «ma il Coni ha già contribuito per 55 mila» aggiunge don Jacek. Oltre al fattore economico, direttore dell’oratorio e volontari puntavano sul valore simbolico-educativo dell’operazione. «E’ importante far capire ai ragazzi, alla gente che è possibile fare qualcosa per risolvere i problemi. Quelle bottiglie servono a nessuno, sovente vengono buttate in mezzo alla strada o straboccano dai cassonetti. Ci è sembrata una buona idea tentare di mettere a frutto questo piccolo patrimonio. Poco importa se i soldi servono per il campo oppure per aiutare persone in difficoltà. C’è sempre qualcuno che ha bisogno» dicono ancora Renato e Susanna. Anche perché altrove funziona in modo diverso. «Quando ero in Germania, ricordo che per una bottiglietta piccola pagavano 5 centesimi e per una grande 10. Certo, è una plastica più spessa di quella dei contenitori in vendita in Italia, ma comunque era possibile organizzare una raccolta per ricavare qualcosa» racconta don Jacek.