Il pasticcio del tubo che sfregia i parchi
L'intervento di Ivan Berni sulle proteste ancora vive contro la via d’acqua, Villoresi-Expo-Naviglio, il canale che dovrà alimentare il sito di Expo, servire per l'uso irriguo e potenziare la portata di Naviglio e Darsena - da REPUBBLICA del 16.02.2014
17 February, 2014
di Ivan Berni
Il progetto Expo delle vie d’acqua è partito male e sta finendo peggio. Oggi una manifestazione indetta dal comitato No Canal e da altre associazioni di cittadini porterà la protesta sotto le finestre di Palazzo Marino. Non vogliono che la via d’acqua superstite dell’ambizioso progetto presentato nel dossier di candidatura del 2007 tagli in due i parchi Pertini, di Trenno e delle Cave. Giudicano quello stretto canale largo due metri e non navigabile – che dovrebbe collegare il Naviglio Grande al sito espositivo e di lì al canale Villoresi – uno spreco di denaro e un’opera inutile. Non credono alle promesse del Comune e della società Expo sull’interramento del tracciato che dovrebbe attraversare le aree verdi. E minacciano di rifare quel che hanno già fatto: il blocco totale dei lavori.
Se la paralisi continuerà c’è il rischio, concreto, che la via d’acqua non sia pronta per l’inizio dell’Expo. Con relativa maxi-figuraccia, contenziosi per milioni fra imprese aggiudicatarie dei lavori, Comune e società Expo e, soprattutto (stando a sentire i progettisti dell’opera), il timore che alle prime piogge un po’ sostenute il sito di Expo 2015 si trasformi in una specie di palude, dato che il canale rappresenterebbe la principale, se non l’unica, via di sfogo per le acque piovane. Il pasticcio, che sta generando forti malumori anche fra i consiglieri di maggioranza della giunta Pisapia, è frutto di una somma di leggerezze e superficialità.
La prima è il ritardo nella comunicazione e nel coinvolgimento dei cittadini. Il progetto di cui si discute, infatti, è pronto e delineato da almeno un anno. Però a nessuno è venuto in mente di presentarlo per tempo ai residenti delle zone interessate. E di discuterlo. I frequentatori dei parchi coinvolti nel percorso del canale si sono resi conto di quanto stava accadendo soltanto dalla lettura dei cartelli di inizio lavori, lo scorso autunno. E si sono imbufaliti. E particolarmente se erano sostenitori della giunta Pisapia, portabandiera della partecipazione popolare.
Il confronto, partito già con grande difficoltà, si è fatto poi sempre più accidentato con il passare delle settimane. Perché Palazzo Marino ha accettato di rivedere il tracciato solo dopo molte pressioni, perché la promessa di trasformare il canale in una specie di tubo interrato – al momento – non sembra praticabile per l’intero percorso all’interno dei parchi, dato che richiede tempi più lunghi e altre risorse. Perché, infine, fra un’infuocata assemblea e un’altra, quel che è andato in frantumi è il rapporto di fiducia fra i cittadini e l’amministrazione, mentre il countdown per l’inizio dell’Expo prosegue implacabile.
La via d’acqua Naviglio-Expo-Villoresi dovrebbe costare 72 milioni di euro, finanziati dallo Stato. Per il tratto urbano la spesa prevista è di 54,4 milioni. Il canale, secondo il progetto di Expo Spa, avrebbe tre funzioni: drenare l’acqua piovana dal sito Expo; assicurare una portata d’acqua utile per le fontane, i laghetti e per la climatizzazione del sito; aumentare la portata d’acqua per la Darsena (dai 2 ai 2,6 metri cubi in più al secondo nel Naviglio Grande, che attualmente ha una portata di 9 metri cubi) e fornire più acqua, quindi, per gli usi irrigui nelle campagne del Sud Milano.
I contestatori sostengono che gli stessi risultati si sarebbero potuti ottenere con investimenti molto minori e senza, soprattutto, “sfregiare” i parchi della zona Ovest della città. Palazzo Marino ha promesso opere di “mitigazione” dell’impatto ambientale del canale. Per il momento ha convinto l’associazione Italia Nostra a ritirarsi dalla protesta. Ma non i pensionati, i runners, le madri con le carrozzine, i ragazzi che organizzano le partite di pallone. Ovvero i frequentatori dei parchi. Elettori milanesi che non si fidano più.