Le recensioni di Cinemambiente: Virunga
Il film che ha aperto l'edizione 2014 di Cinemambiente è Virunga, opera del regista olandese Orlando von Einsiedel, che racconta la progressiva occupazione del parco del Virunga nella Repubblica Democratica del Congo, patrimonio dell'umanità Unesco, per preparare l'estrazione del petrolio da parte della compagnia inglese Soco. Il rischio è quello di devastare uno luogo dall'eccezionale patrimonio ambientale
31 May, 2014
Un applauso convinto di tutta la Sala 1 del cinema Massimo di Torino ha accolto Virunga, il film di Orlando von Einsiedel che sabato 31 maggio ha inaugurato l’edizione 2014 di Cinemambiente. Un’opera che racconta in che modo il parco Virunga, situato nelle foreste orientali della Repubblica Democratica del Congo e primo parco nazionale africano a essere fondato nel 1925, si sia ritrovato al centro delle mire della società inglese Soco plc, intenzionata a sfruttarne i giacimenti petroliferi presenti nel sottosuolo.
Ad essere messa a repentaglio dagli appetiti di “una delle più controverse e meno trasparenti compagnie del mondo”, replica watches
come ha detto Isabella Pratesi del Wwf, non è solo l’eccezionale biodiversità del parco in cui vivono alcune centinaia degli ultimi gorilla di montagna rimasti al mondo (si parla in totale di circa 800 esemplari), uno dei simboli della natura d’Africa. È in pericolo anche la sopravvivenza di piccole comunità che basano la propria vita sulle risorse che il Virunga offre loro, come le attività agricole o la pesca nel lago Edouard.
Von Einsiedel racconta questo ennesimo scempio ambientale in nome del profitto dalla prospettiva di coloro che il Virunga lo difendono da decenni, ovvero i ranger guidati dal direttore del parco Emmanuel de Merode, che hanno accettato una lotta impari contro le milizie ribelli dell’M23, finanziate dai colossi del petrolio e appoggiate da alcuni esponenti del governo congolese. Governo che permette alla Soco plc di considerare carta straccia la legge nazionale che proibisce qualsiasi attività di sondaggio e di estrazione nelle aree naturalistiche protette. Il Virunga tra l’altro èstato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1975. Tutto ciò in cambio di percentuali sui profitti e di promesse su nuove scuole e nuovi servizi da offrire ad una popolazione che si vorrebbe addomesticata, come testimoniano, in parte, le immagini raccolte dalla giornalista francese Melanie Gouby che von Einsiedel ha utilizzato nel suo film.
Dal punto di vista stilistico Virunga è un’opera ricca ed eterogenea. Il regista olandese mette insieme elementi tipici del documentario naturalistico - bellissime le immagini delle flora e della fauna del parco - con passaggi da videogiornalismo d’inchiesta, come telecamere nascoste che riprendono i dialoghi con i diversi attori coinvolti nello sfruttamento del parco. Non mancano riprese concitate in momenti di guerriglia: le ostilità per entrare in possesso del parco sono infatti iniziate poche settimane dopo l’arrivo di Von Einsiedel tra i ranger del Virunga, che lo ospitavano per permettergli di osservare da vicino l’attività di cura dell'eccezionale patrimonio ambientale.
La camera di Von Einsiedel a volte indugia troppo sui volti dei principali protagonisti, soprattutto i ripetuti primi piani della giornalista francese che risultano un po’ stucchevoli. Molto curato il montaggio, che riesce nell'intento non semplice di mettere insieme con discreto ritmo immagini molto diverse tra loro. Tenere e divertenti le scene dei gorilla in cattività e dell'affetto tra loro e i ranger, così come sono splendide alcune riprese aeree del Virunga, che probabilmente sarebbero state molte di più se la situazione non fosse precipitata.
Su questo film abbiamo ricevuto anche il commento di uno spettatore che pubblichiamo qui di seguito:
Non sempre riusciamo a comprendere tutto cio che ci accade attorno e non sempre riusciamo mettere in relazione certi effetti con le loro cause. Ieri al cinema massimo qualcuno ci ha dato questa straordinaria opportunita. Siamo entrati con il pensiero di vedere un documentario sul solito parco africano e invece e stato un pugno negli stomaci delle nostre coscienze di occidentali abituati al lusso alle auto e agli smarphone. Le umanita dolenti e rassegnate dei profughi con tutta la vita nei fardelli sono fatti che non ci appartengono ma sono realta che dobbiamo conoscere in tutta la loro drammaticita . Sentirci colpevoli e solo il minimo che si possa fare , mentre l' umanita dolce dell'operatore , l' amore per i suoi gorilla che stride con l' immagine dei neri che ci giunge dalle nostre strade sia lo spunto per rivedere la nostra immagine sull' immigrazione , antitesi di certi discorsi di alcuni nosti " illuminati" politici di ultimo grido . Cio che ci ha rappresentato in questo documento e che non vorrei aver sentito non sia mai piu "they are only fukig monkey" .