Ilva, Piero Gnudi è il nuovo commissario
Piero Gnudi. Vincono i Riva e vincono gli industriali. E perdono l'Ilva e la città di Taranto. È questo il primo giudizio che si può trarre dalla decisione del governo di Matteo Renzi. “Ilva, Piero Gnudi è il nuovo commissario”. Articolo di Luca Piana del 06 giugno 2014 da wwww.espesso.repubblica.it
06 June, 2014
Articolo di Luca Piana del 06 giugno 2014 da wwww.espesso.repubblica.it
http://espresso.repubblica.it/affari/2014/06/05/news/ilva-bondi-vicino-all-uscita-gnudi-e-conti-possibili-sostituti-1.168340
Renzi ha sostituito ad un anno dalla nomina il commissario straordinario dell'acciaieria pugliese, Enrico Bondi, con il nuovo nominato Piero Gnudi. La decisione era stata annunciata, «in tempi brevissimi», dal ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti, che ha voluto mettere le mani avanti: «Il processo di risanamento dell'Ilva deve continuare», ha detto alle agenzie di stampa.
Ma le pressioni sul governo per far sostituire Bondi sono state esplicite e sono arrivate in prima persona e in più occasioni da Antonio Gozzi, presidente della Federacciai (la Confindustria dei siderurgici), oltre che, in modo più sotterraneo, dal mondo delle banche.
Osservando il mandato che gli era stato dato dal governo Letta, Bondi ha infatti tentato di coniugare il risanamento ambientale dell'Ilva con il mantenimento dell'intero ciclo produttivo, e quindi di tutti i gli 11 mila dipendenti tarantini del gruppo. Per mettere in atto il suo piano industriale servono però circa tre miliardi di euro, che il commissario contava di reperire con un aumento di capitale da 1,4 miliardi e con il ricorso a indebitamento bancario per altri 1,6 miliardi. E qui sono nati i problemi.
Le banche, per via del loro consulente Roland Berger, hanno recapitato a Bondi il messaggio che occorreva ridurre gli oneri della ristrutturazione. E i Riva, che pur estromessi dalla gestione hanno per legge la possibilità di sottoscrivere l'aumento di capitale e di restare azionisti del gruppo, hanno fatto capire che le richieste di Bondi erano esagerate, e che comunque il commissario non era in grado di salvare l'Ilva e che doveva essere allontanato.
Una richiesta fatta propria da Gozzi, secondo il quale l'azienda – commissariata per il disastro ambientale causato dai Riva – doveva tornare ai legittimi proprietari.
Da notare, per spiegare questa ostilità, che Bondi non ha mai fatto segreto di voler ricorrere alla facoltà che la legge gli ha dato, e cioè di utilizzare per i lavori gli 1,2 miliardi di euro offshore sequestrati ai Riva dalla magistratura, nell'ambito delle indagini per fronte condotte dalla Procura di Milano.
In questi ultimi giorni il fronte comune banche-Riva sembra essersi tradotto nell'ipotesi di una cordata di imprenditori che starebbe valutando di farsi avanti per prendere i diversi pezzi dell'Ilva, e della quale potrebbero far parte il gruppo Marcegaglia, Arvedi e il gruppo Arcelor Mittal. I presupposti sarebbero però la riduzione degli interventi di salvaguardia ambientale, che Bondi ha stimato in un totale di circa 1,8 miliardi, e la chiusura di alcune lavorazioni, con il seguente taglio dei dipendenti. Con una postilla al veleno, che nessuno si è finora preoccupato di esplicitare: se lo stabilimento verrà in parte chiuso, c'è il rischio che i costi delle bonifiche necessarie ricadano sulla collettività.
Di qui le preoccupazioni dei dipendenti e di molti dipendenti, visto che sia Marcegaglia che Arvedi sono dal canto loro piuttosto indebitati, mentre Arcelor Mittal ha già avviato una pesante ristrutturazione dei propri impianti in Europa. Al governo questa ipotesi sembra aver trovato una sponda nel ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi.
Tra i possibili sostituti di Bondi la spunta, alla fine, Piero Gnudi, consigliere economico della Guidi e in passato presidente del collegio sindacale della sua azienda di famiglia, oltre che presidente dell'Enel e più volte ministro. Toccherà adesso a Gnudi spiegare ai dipendenti dell'Ilva perché il loro futuro è a rischio.