Legambiente, "In Piemonte l’87% dei comuni a rischio idrogeologico. Si cambi rotta!"
"Milioni di euro per riparare i danni" così Legambiente denuncia la situazione piemontese dove alto è il rischio idrogeologico. Si tratta di 1.049 comuni, ovvero l'87% del totale
13 October, 2014
“Ciò che sta accadendo nelle ultime ore in Liguria e in ampie zone del Piemonte mette in evidenza come ancor oggi si continuino a concentrare gli sforzi sull’emergenza quando è necessario lavorare sulla prevenzione del rischio idrogeologico. Oggi nel nostro Paese si spendono circa 800 mila euro al giorno per riparare i danni e meno di un terzo di questa cifra per prevenirli, a scapito della sicurezza delle persone”. Con queste parole Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, commenta la grave situazione di dissesto idrogeologico in cui si trova il territorio regionale. “Questa situazione deve far mettere una mano sulla coscienza a una certa politica sempre in prima linea per le grandi opere inutili che sottraggono risorse indispensabili per la messa in sicurezza del territorio. Occorre invertire una volta per tutte questa tendenza facendo partire subito i cantieri che servono al territorio per un’efficace strategia di mitigazione del rischio”.
Legambiente ricorda che sono ben 1.049 i comuni del Piemonte in cui sono presenti aree a rischio idrogeologico, l’87% del totale. In 160 comuni piemontesi (il 78% di quelli analizzati in Ecosistema rischio 2013) sono presenti abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio frana e, in tali zone, in 111 amministrazioni piemontesi (il 54% del campione), sorgono impianti industriali che, in caso di calamità, comportano un grave pericolo oltre che per le vite dei dipendenti, per l’eventualità di sversamento di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni circostanti. Nell’8% dei comuni intervistati sono state costruite in aree a rischio idrogeologico strutture sensibili come scuole e ospedali, e nel 15% dei casi sia strutture ricettive che commerciali. Anche nell’ultimo decennio sono state edificate nuove strutture in zone esposte a pericolo di frane e alluvioni in 11 comuni intervistati. Nel 21% dei casi in tali zone sono presenti addirittura interi quartieri.
“I dati relativi all’urbanizzazione nelle aree a rischio –continua Dovana- non hanno visto una concreta inversione di tendenza, come si può notare sia dall’esiguo numero di delocalizzazioni di strutture, sia dal fatto che, proprio in quelle zone si è continuato a costruire. Eventi come quelli di questi giorni ci ricordano che il rischio aumenta proprio quando vengono aumentate le superfici edificabili e si costruisce vicino ai fiumi. Di fronte a questa semplice verità è necessario lavorare insieme per una svolta. Per il Piemonte proponiamo di cominciare da fiumi e torrenti, a cui spesso abbiamo voltato le spalle, ricordandoci di loro soltanto quando di acqua ce n'è troppa o troppo poca. Se si lavorasse costantemente per riportare i corsi d'acqua a condizioni vicine a quelle naturali, con alvei sufficientemente aperti per assorbire le piene e una quantità d'acqua sufficiente a far vivere gli ecosistemi acquatici, potremmo dire di aver fatto un deciso passo avanti verso un territorio più bello, più adatto alla vita e più sicuro. Noi siamo disponibili ad accettare questa sfida e lo dimostriamo ogni giorno con la nostra presenza e le nostre proposte”.