M4, è più facile dire sì che no. Sbagliando
"Ecco le ragioni che mi portano a dire che la linea MM4 va quantomeno ripensata radicalmente se non addirittura cancellata dai programmi di investimento pubblico a Milano". L'editoriale di Luca Beltrami Gadola su www.arcipelagomilano.org - del 21.10.2014
22 October, 2014
di Luca Beltrami Gadola
In politica spesso è più facile dire sì che no, perché per dire no ci vuole più coraggio. Due anni fa si doveva dire no a Expo nei tempi e nei modi nei quali la giunta Moratti l’aveva lasciata in eredità alla nuova giunta. Si è persa anche l’occasione di chiedere una proroga di un anno, e lo si poteva fare visto il precedente della Francia e tutto il mondo lo avrebbe capito: lo scenario mondiale del 2008, data di assegnazione all’Italia rispetto a quello del 2011,
Giuliano Pisapia eletto sindaco, era radicalmente cambiato e ancor più cambiata era la situazione economica italiana; sarebbe stato probabilmente anche il tempo necessario a rivedere alcuni progetti di Expo troppo costosi.
Ma da questa esperienza, non ancora conclusa, bisogna trarre secondo me un insegnamento: le opere pubbliche da noi si realizzano con tale lentezza – inutile raccontare per l’ennesima volta i perché – che quando finalmente sono finite la loro ragion d’essere non c’è più o almeno è assai sfumata. Ma possiamo aggiungere qualcos’altro: ammesso che miracolosamente i tempi che intercorrono dall’ideazione alla realizzazione di un’opera pubblica si portino a livello europeo, oggi la velocità del cambiamento economico e sociale è tale che diventano veramente interessanti solo i progetti dotati di flessibilità e di capacità di incorporare il progresso tecnologico e i cambiamenti e di non “subirli”.
Aggiungerei un’altra cosa: in un Paese come il nostro che si dibatte nella morsa della scarsità di risorse pubbliche, anche le priorità nell’investire quel poco che si ha possono e devono cambiare. Queste sono le ragioni che mi portano a dire che la linea MM4 va quantomeno ripensata radicalmente se non addirittura cancellata dai programmi di investimento pubblico a Milano. Lo spauracchio delle perdite di finanziamenti pubblici non vale: spendere male i soldi solo perche ci sono è, in questo momento, non una sciocchezza ma una sorta di reato.
Ma per restare al tema M4, vi sono altre e altrettanto serie ragioni che ci fanno dire di no. Già la MM5 pesa sul bilancio del Comune per circa 90 milioni l’anno, se vi si aggiungono almeno altri cento per la futura MM4 e a questi quel che già si spende per il trasporto pubblico locale ci avviciniamo a una cifra che andrebbe a rappresentare circa un terzo della spesa corrente del bilancio comunale: una situazione del tutto insostenibile e che inesorabilmente comprometterebbe qualunque altro investimento dell’amministrazione. Questo è inammissibile in una situazione nella quale vi sono investimenti improrogabili come la manutenzione delle scuole o le case popolari, tanto per dire.
Se questi argomenti non fossero sufficienti, ve ne sono altri come il contratto di partenariato per esecuzione di questa nuova linea: siamo alla bufala della collaborazione tra pubblico e privato fatta nell’interesse del pubblico. Come ho già avuto modo di dire, in questa operazione, a prescindere dai costi di gestione, si vede l’intervento privato nella sola misura del 25% e, così come sono fatti i conti, andrà a rappresentare assai meno in realtà perché il controllo dei costi non è stato certificato da nessuno e dunque il privato, se le cose vanno male, ci rimette gli utili ma difficilmente va in perdita. Come in tutti questi contratti dunque il privato guadagna (o non perde) e il pubblico ha solo costi e rischi. Perché insistere?
L’idea poi che si metta sottosopra anche il centro città con nuovi cantieri per portare passeggeri là dove le attività di terziario stanno scappando o per l’obsolescenza degli edifici oggi vuoti o per il loro prezzo altissimo, mi sembra assurdo rispetto a eventuali migliori collegamenti con l’area della futura città metropolitana. In questi ultimi giorni son state pubblicate sui quotidiani alcune lettere alle quali qualcuno dovrebbe rispondere: perché non ci si limita a collegare Linate con il Passante in piazzale Dateo, se il problema è il collegamento all’aeroporto cittadino? Perché non si utilizza il binario ferroviario già esistente? Perché non si può arrivare a Linate con un prolungamento della linea Gialla dal terminal di San Donato dal quale si può vedere addirittura l’imbocco pista dell’aeroporto? E vorrei aggiungere un’ultima domanda: perché spendiamo in infrastrutture prima di spendere sulla valorizzazione del capitale umano? Come dire scuola, università, ricerca, gli unici veri investimenti per il futuro in Italia?
Si dice che questi lavori porteranno occupazione. Verissimo ma se si è scelta una politica dell’occupazione perché si è privilegiato un tipo di attività edilizia nel quale l’incidenza della mano d’opera è una delle più basse, vista la preponderante meccanizzazione. Una riflessione generale sulla città, sul suo futuro e sulle sue necessità più urgenti sembra opportuna ma in fretta perché il cambiamento non fa sconti a nessuno.