Stilisti e imprenditori si allenano sulla carta
Con il riciclo si supera anche la mancanza di risorse. Carte di caramelle al posto dei bottoni, pieghe della maglia con le bustine di tè, per gonna pagine di giornale spiegazzate. E gli accessori? Una collana di capsule di caffè. I 250 studenti dell’indirizzo moda dell’Istituto tecnico e professionale Zerboni, studentesse in maggioranza, hanno realizzato una ventina di abiti fashion, perfettamente indossabili, con carta di recupero - da La Stampa del 06.11.2014
06 November, 2014
Fabrizio Assandri
Carte di caramelle al posto dei bottoni, pieghe della maglia con le bustine di tè, per gonna pagine di giornale spiegazzate. E gli accessori? Una collana di capsule di caffè. I 250 studenti dell’indirizzo moda dell’Istituto tecnico e professionale Zerboni, studentesse in maggioranza, hanno realizzato una ventina di abiti fashion, perfettamente indossabili, con carta di recupero. La collezione «Pret a papier» è frutto del progetto avviato l’anno scorso con la cooperativa Arcobaleno, che gestisce la raccolta differenziata della cellulosa col progetto Cartesio, con sede nei pressi della scuola di via Paolo della Cella.
L’iniziativa ha permesso agli studenti di sviluppare competenze pratiche, disegnare e realizzare vestiti, creando un proprio portfolio. «Il corso moda uscito dalla riforma – dice il preside Livio Gentile – è centrato sulla teoria. Abbiamo inserito quest’attività per certificare altre competenze. Le nostre ragazze devono uscire di qua potendo dire: so fare qualcosa, posso lavorare». La scuola ha optato per una «curvatura» di laboratorio e fin dalla prima ci sono ore di pratica che non erano previste.
Il coworking
Con gli stessi obiettivi è nato quest’anno un progetto di alternanza scuola-lavoro. Gli studenti costruiranno da zero una vera impresa, non una simulazione. Un coworking di sartoria dove “lavoreranno”: una bottega artigianale in centro dove disegneranno e realizzeranno abiti sportivi in vendita per clienti reali. Una serie di stilisti terranno lezioni in classe. «Stiamo cercando dei finanziamenti, ma il progetto è iniziato a settembre. I ragazzi non saranno stipendiati, eventuali profitti andranno alla didattica». Le classi III e IV saranno impegnate nel coworking, le II sugli abiti di carta, le I sui gioielli «di recupero».
«Siamo partiti quasi per gioco con le palline di Natale in feltro, prima di incontrare Arcobaleno», spiega la professoressa Patrizia Murro. È più facile lavorare la carta rispetto alla stoffa. «Ti perdona l’errore, perché non costa, inoltre non si danno i punti “di sorgettatura”, tipo di cucitura complessa». I ragazzi, inoltre, hanno riflettuto sul riciclo, ma anche sulla nuova vita di alcuni dipendenti svantaggiati, disabili o ex tossicodipendenti, della coop.
Fantasia
Il resto è il frutto della loro fantasia. «Il mio è un abito lungo, con corpetto a v, una gonna con le pieghe, tutto di vecchi giornali. Prima di questo progetto non avevo fatto nulla di pratico». «Il mio, con le piramidi 3D che spuntano, è alla Lady Gaga» dice Giulia Lucà. Grandi aspettative per il coworking: gli studenti staranno un giorno a settimana nel laboratorio di una cooperativa legata al Gruppo Abele, che avrà dai ragazzi nuovo impulso in un periodo difficile.
Tante idee
Gli studenti verificheranno impianti e macchine, studieranno i materiali, realizzeranno le matrici per gli abiti. Trattandosi di abiti sportivi – veri e non di carta – in classe studieranno storia dello sport e casi imprenditoriali di brand famosi. La linea verrà presentata a giugno. Le idee già ci sono, ma le creative studentesse non vogliono ancora svelare troppi dettagli. «Avremo un target giovane – dice Alessia Attanasio – farò abiti che io per prima indosserei. Penso, per esempio, a una maglia da tennis con polsini staccabili».
Le ragazze hanno anche fatto da modelle per i propri abiti di carta a Cinemambiente. La collezione, che ha due sezioni, vestiti di carta e da leggere, è stata esposta alla biblioteca centrale e alla Bela Rosin. La collezione, che ha due sezioni, Abiti così belli che vanno letteralmente a ruba. «Al termine di una mostra, uno era sparito».