M4: tutte le ragioni per farla. Edoardo Croci su arcipelagomilano.org
"Cancellare la M4 vorrebbe dire fare marcia indietro rispetto al grande progetto di sviluppo della mobilità sostenibile milanese. Realizzare nuove metro senza gravare sul bilancio comunale si può: allargando progressivamente AreaC, come richiesto nei Referendum" - l'intervento di Edoardo Croci da arcipelagomilano.org del 18.10.2014
24 November, 2014
di Edoardo Croci
È un dibattito male impostato quello che domina in questi giorni sui media in relazione all’opportunità di realizzare la quarta linea della metropolitana di Milano. La tesi che in modo più o meno palese aleggia è che poiché l’amministrazione Pisapia ha ereditato progetti e piani finanziari dalle amministrazioni precedenti, si troverebbe ora a dover portare avanti un’opera pubblica di costo eccessivo e scarsa utilità e quindi farebbe bene a cancellarla.
Per fornire elementi di comprensione e valutazione ai lettori, è bene inquadrare il tema dello sviluppo delle infrastrutture per la mobilità milanese, mettendone in evidenza le tappe fondamentali.
50 anni fa si inaugura la prima linea metropolitana milanese. Nel 1969 è la volta della seconda. Nel 1990 della terza. Ciascuna delle linee si estende poi con successivi prolungamenti. Già si studiano nuove linee, ma nel 1992 scoppia tangentopoli. Finisce a Milano l’epoca dei sindaci socialisti. Si scopre che tutti i partiti milanesi (per la verità con l’eccezione del PLI e del MSI) si spartivano secondo percentuali predefinite le tangenti generate dalle opere pubbliche comunali, tra cui la costruzione della linea 3 della metropolitana.
Nel 1993 diventa sindaco il leghista Formentini. Di nuove linee non se ne parla più.
Con l’arrivo del sindaco Albertini (dal 1997 al 2006), che viene nominato anche commissario di governo all’emergenza traffico, la costruzione di due nuove linee, la 4 e la 5, diventa una priorità politica. Il mandato di Albertini si conclude però senza che le opere vengano avviate. Il problema è finanziario. Albertini ottiene dall’allora premier Berlusconi l’impegno a contributi rilevanti da parte dello Stato, ma nonostante le rimostranze del sindaco i soldi non arrivano. Sul finire del mandato Albertini riesce ad aggiudicare la M5 (o meglio quella che oggi è la prima tratta della M5 che corre lungo viale Zara) e a indire la gara per l’aggiudicazione della M4, per la prima tratta da Lorenteggio al Policlinico. Pur in assenza delle risorse economiche necessarie, Albertini lascia un “tesoretto” di 160 milioni di euro frutto di un maxidividendo della SEA (che poi la Moratti utilizzerà per ricomprare azioni di A2A).
Nel 2006 con l’insediamento della giunta Moratti – e con l’accorpamento delle deleghe assessorili alla mobilità, trasporti e ambiente in capo a me – gli obiettivi di miglioramento dell’ambiente diventano prioritari (viene tra l’altro istituito il pedaggio urbano) e tra questi lo sviluppo della rete metropolitana. Il primo provvedimento è l’unificazione della prima tratta della linea 5, di cui nel 2007 partono i cantieri, con la seconda tratta da Garibaldi a San Siro (prima concepite come due metropolitane separate). Nasce il “tavolo Milano” tra il Comune e il governo, con premier Prodi, proprio per affrontare le specifiche esigenze della città. Si completa la progettazione definitiva delle linee 4 e 5 (e si pianificano nuove linee). Il ministro delle infrastrutture Di Pietro garantisce il finanziamento da parte dello Stato del 40% dei costi delle linee 4 e 5.
Ma non basta per sostenere l’imponente investimento che per l’intera linea 4 ammonta a 1 miliardo e 700 milioni di euro e per la seconda tratta della 5 a 790 milioni di euro: in totale investimenti per oltre 2 miliardi e 350 milioni di euro (senza contare i 557 della prima tratta della 5). La soluzione si trova con la candidatura e l’aggiudicazione a Milano dell’EXPO 2015. Il finanziamento dello Stato alle metropolitane milanesi sale al 60%. Inoltre l’inserimento della seconda tratta della M4 (da Policlinico a Linate) tra le opere “essenziali” dell’EXPO consente, sotto il quarto governo Berlusconi, di ottenere un finanziamento statale dedicato di 480 milioni di euro. Con la delibera CIPE del 6 novembre 2009 il quadro finanziario per la realizzazione integrale delle linee 4 e 5 è completo. Se ne prevede il completamento per il 2015, prima dell’EXPO.
Che cosa succede dopo? Come mai oggi si ritorna sulle decisioni prese a quel tempo?
Nell’ultimo anno della giunta Moratti, con la vacatio dell’assessore all’ambiente, dopo le mie dimissioni, si rallenta il processo di aggiudicazione della M4, che si conclude solo nel maggio 2011.
La giunta Pisapia, insediatasi poco dopo, “eredita” il completamento della prima tratta della M5, che viene inaugurata nel febbraio 2013, mentre prosegue la costruzione della seconda tratta. Senza fretta si aprono i cantieri della M4 (a oggi è stata scavata la galleria lungo l’intero viale Forlanini). Ma si verifica un primo intoppo finanziario. Il consorzio di imprese che sta realizzando i lavori si vede riconoscere dal Comune extra costi per 172 milioni di euro (per inciso sarebbe opportuno che l’amministrazione comunale spiegasse chiaramente le ragioni di questo aumento). Il Comune non è in grado di mettere a disposizione questo extra. Interviene lo Stato, col ministro dei trasporti Lupi, che accetta di farsene carico, purché il Comune definisca entro la fine del 2014 il contratto di finanziamento e la convenzione di concessione con la società mista M4.
C’è infatti un secondo intoppo: le banche nicchiano nel finanziare l’opera, forse perché la formula di project financing scelta sin dall’epoca Albertini è diversa dal solito. Il soggetto concessionario, che costruisce e gestisce l’opera non è infatti un consorzio privato, ma una società mista pubblico-privata, in cui il Comune detiene i due terzi del capitale. Le banche si fidano poco a finanziare i privati in minoranza. La soluzione dovrebbe essere la revisione dello statuto della società mista, offrendo maggiori garanzie ai privati, che viene approvato il 27/6/2014 da parte della società EXPO, cui il Comune fa ricorso per utilizzare i poteri straordinari di accelerazione delle opere. Tutto bene, dunque? Non proprio perché intanto, a opere avviate e risorse disponibili, una parte della maggioranza del sindaco Pisapia propone di cancellare la M4 perché scopre che a fronte del contributo dei privati, il Comune dovrà per circa 30 anni farsi carico di un canone annuale dell’ordine di decine di milioni di euro che peseranno così sui bilanci futuri. Questa, in sintesi, la vicenda. Ora qualche considerazione.
1. Qual è la visione di sviluppo di Milano?
La M4, insieme alla M5 e alla estensione delle altre linee metropolitane, fa parte di un grande progetto di sviluppo della mobilità sostenibile nell’area milanese. L’introduzione prima di ecopass e poi di Area C e i nuovi sistemi di bike e car sharing fanno parte di questo disegno complessivo che tende a ridurre progressivamente l’uso dell’auto privata e a favorire il mezzo pubblico. Cancellare la M4 vorrebbe dire fare marcia indietro rispetto a questa direzione di marcia. Vorrebbe dire anche ignorare l’esito dei 5 referendum milanesi promossi da Milanosimuove che, proprio al primo referendum, chiedeva di andare avanti su questa strada.
2. Vale la pena gravare il bilancio comunale di costi così elevati per decenni?
Quando si realizza un’opera come una metropolitana i soldi forniti dai privati non sono un regalo, ma un’anticipazione rispetto a flussi di cassa futuri. Formalmente l’investimento viene ripagato con una quota della tariffa del trasporto pubblico, ma è dalle casse del Comune che escono i fondi (come entrano i ricavi del trasporto pubblico). Per non far pesare questi flussi di uscite sul bilancio comunale sarebbe necessario che il numero dei passeggeri aumentasse in modo rilevantissimo, o che venisse aumentato il costo del biglietto. Il numero dei passeggeri trasportati dalla rete metropolitana si prevede avrà un forte aumento, ma in parte a discapito delle linee di superficie, e comunque non tale da ripagare l’intero prestito. Aumentare il prezzo del biglietto, dopo il sensibile aumento già approvato da questa Amministrazione, sarebbe impopolare e difficilmente giustificabile.
Ma questo ragionamento rischia di portare a ritenere inopportuno qualsiasi investimento pubblico, senza tener conto dei vantaggi per la salute dei cittadini nel ridurre le auto circolanti, nella rapidità e comodità degli spostamenti – con un aumento dal 40 al 60% della popolazione milanese che avrebbe a disposizione una fermata della metro entro 500 metri da casa – nell’attrattività della città per business e turismo. Se Milano vuole puntare su questi elementi di sviluppo economico e sociale e migliorare la qualità della vita e dei servizi, non può rinunciare alle nuove metropolitane. Per inciso le nuove metropolitane devono essere anche un’opportunità per riqualificare la superficie, realizzando nuove piste ciclabili e piantando nuovi alberi (a questo proposito sarà bene rivedere il posizionamento del cantiere in prossimità del parco Solari).
3. Qual è la soluzione?
C’è una soluzione evidente che consentirebbe di realizzare le nuove metropolitane senza gravare sul bilancio comunale. È quella, ben presente nei referendum, di allargare progressivamente l’AreaC fino alla cerchia ferroviaria. I ricavi (stimati in 200 milioni di euro solo arrivando alla cerchia filoviaria) sarebbero largamente superiori agli oneri sul bilancio comunale. In più lo sviluppo della rete metropolitana costituisce proprio un elemento chiave per consentire di estendere Area C e ridurre così ulteriormente il traffico. Una bella opportunità per questa Amministrazione comunale che se è vero che si trova a gestire progetti elaborati da quelle precedenti, trova anche le condizioni e gli strumenti per portarli avanti a beneficio della città.