Ecotassa sui rifiuti in discarica. Stefano Ciafani: «Ripartire dalle esperienze delle Marche e della Sardegna»
L'ecotassa punta a disincentivare lo smaltimento in discarica ma legge dal 1995 non ha raggiunto gli esiti sperati. «Solo Marche e Sardegna - spiega Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente - hanno rispettato lo spirito della legge». Previsti sconti a chi differenzia e «se il comune è sotto gli obiettivi di legge (il 65%), paga il massimo di ecotassa»
01 March, 2015
L’Italia ha introdotto una tassa ambientale (l’ecotassa) che disincentiva lo smaltimento in discarica. Ogni comune paga alla Regione un tributo in base alle tonnellate di rifiuti che conferisce in discarica. La legge però non ha portato gli esiti sperati. A spiegarlo è il rapporto di Legambiente "Ridurre e riciclare prima di tutto" (novembre 2013) curato da Stefano Ciafani, Giorgio Zampetti, Marco Mancini e Mirko Laurenti.
Buongiorno Stefano Ciafani. Dal Rapporto emerge che le 19 regioni italiane (comprese le province autonome di Trento e Bolzano) hanno una propria ecotassa rimodulata con criteri diversi. Ne viene fuori una situazione frammentata. C’è una politica ambientale relativa alle discariche differente in ogni regione. Il risultato è che ci sono province italiane in cui lo smaltimento in discarica costa meno (specialmente nel sud Italia) e altre in cui costa di più. Condivide questa analisi?
«E’ proprio così. L’ecotassa, il tributo regionale per lo smaltimento in discarica, è uno strumento nato nel 1995 per uniformare nel paese la penalizzazione economica dello smaltimento in discarica, ma è stato utilizzato, in realtà, in maniera diversificata (con due piccole eccezioni positive che descriverò più avanti): c’è solo una cosa che contraddistingue la gran parte delle esperienze negative: questa tassa ambientale non viene utilizzata con lo stesso spirito con cui è stata istituita. E’ vero, viene fatta pagare nella gran parte delle regioni italiane, senza però, che vengano premiate le esperienze migliori, ne che vengano sfavorite quelle peggiori. In altre parole l’ecotassa, non penalizza veramente lo smaltimento in discarica, perché nella gran parte delle regioni questa tassa è troppo bassa. Quasi mai viene fatto pagare il massimo previsto dalle legge che è di 25,82 euro/tonnellata e solo in rarissimi casi ci sono delle premialità per i comuni o i bacini di ambiti territoriali più virtuosi. Questo è sbagliato. Per questo motivo non si riesce ad archiviare lo smaltimento in discarica, come è necessario fare in tutto il paese e non solo in alcune regioni».
Quali sono l’esperienze positive che emergono dal rapporto?
«Negli ultimi anni sono sostanzialmente 2 le esperienze positive, la prima, un po’ più datata nel tempo è stata quella della regione Sardegna, che fino a 10 anni fa era l’ultima regione d’Italia per percentuale di raccolta differenziata insieme al Molise, parliamo di pochi punti percentuali. E’ una regione che portava i suoi rifiuti sostanzialmente in discarica. Poi è arrivata la rivoluzione sarda, perché di questo si è trattato: si è concretizzata grazie a quella legge regionale con cui qualche anno fa, mi sembra il 2006, la Regione istituisce un’ecotassa sia per lo smaltimento dei rifiuti in discarica che per il conferimento dei rifiuti negli impianti di trattamento del rifiuto indifferenziato. Inoltre, da un lato, prevede penalità economiche per i comuni che non avevano attivato la raccolta differenziata della frazione organica, e dall’altro, premialità per i comuni che facevano invece la raccolta differenziata della frazione organica (umido, ndr). Questo ha permesso alla Sardegna, negli anni successivi, di fare dei balzi in termini percentuale di raccolta differenziata. In un anno ad un certo punto, aumentò anche di 10 punti percentuali. Ora ha un po’ rallentato la sua crescita (nel 2013, ha raggiunto il 51%) , ma rimane una delle migliori esperienze del centro-sud Italia».
Oltre alla Sardegna, il rapporto mette in evidenza l’esperienza delle Marche, come funziona l’ecotassa in questa regione?
«Negli anni successivi si è consolidata un’esperienza ancora più importante che è quella della Regione Marche. Individuato un meccanismo di premialità che è risultato ancora più efficace. Lo sconto sull’ecotassa aumenta in base alla percentuale di raccolta differenziata. Se sei sotto gli obiettivi di legge, il 65%, paghi il massimo. Se il comune aumenta di una certa percentuale oltre la soglia di legge, ad esempio se raggiunge il 70% di raccolta differenziata ha un certo sconto, se raggiunge il 75% ne ha uno superiore, e così via, insomma fare la raccolta differenziata nelle Marche conviene anche economicamente, grazie a questi sconti progressivi. Più è alta la differenziata, più è alto lo sconto. Questo ha portato la regione Marche a fare dei grossi balzi in avanti, come aveva fatto la Sardegna. Secondo i dati Ispra nel 2013 le Marche hanno raggiunto il 55% di raccolta differenziata. Sono la quarta regione per differenziata. Le Marche hanno superato il Piemonte e la Lombardia. Prima di loro c’è il Veneto (64,6%), il Trentino Alto Adige (64,6%), e il Friuli Venezia Giulia (59,1%). Questo ha reso possibile la rivoluzione marchigiana che per certi versi è stata più significativa della Sardegna».
Non basta dunque applicare l’ecotassa, va rimodulata in base a dei criteri che siano ancorati agli obiettivi di legge percentuale della raccolta di differenziata.
«Esatto. Il modello è proprio quello marchigiano ormai. Si deve, cioè, non solo penalizzare economicamente lo smaltimento in discarica, fissando a 25 euro a tonnellata l’ecotassa per tutti i comuni. Ma occorre fare degli sconti sui quei 25 euro, sempre più alti, se la percentuale è più alta del 65%. Questo è l’esempio da seguire».
Legambiente ha presentato in questi giorni il Green Act: ha previsto qualcosa anche per quanto riguarda l’ecotassa? Andrebbe, a questo punto, riscritta anche la legge a livello nazionale in modo tale da uniformare discorso di premialità/penalità per tutte le regioni. E’ questo un nuovo obiettivo che dovrebbe essere seguito?
«Il discorso fatto finora si basa sulla legge vigente del 1995. Sono passati 20 anni, è una legge datata. Fissare una soglia massima dell’ecotassa di 25,82€ è un qualcosa di anacronistico. Perché se in una regione lo smaltimento in discarica costa solo 40€ a tonnellata di rifiuti, anziché 70€ o 100€, e nelle zone del sud Italia ci sono ancora queste situazioni (e la Puglia è tra queste), è chiaro che anche con una rimodulazione al massimo dell’ecotassa di 25€, in quei territori rimarrà sempre, pur arrivando a 65€, conveniente la discarica. Perciò, il Parlamento italiano deve cambiare la legge sulla Ecotassa, cambiando la soglia massima da 25€ e introducendo una soglia minima di 50 euro a tonnellata. E poi ci devono essere da una parte degli sconti progressivi, in base al superamento del 65%, del 75% o del 85%, sul modello della legge regionale delle Marche. E poi c’è un’altra cosa che deve cambiare: solo una parte degli introiti, il 20%, viene data agli uffici ambientali regionali, e di questa piccola parte, solo un quinto, finisce effettivamente al ciclo dei rifiuti. In conclusione quello che diciamo noi è: alzare la soglia massima in soglia minima da 50 euro, e poi fare in modo che il 100% dei proventi da ecotassa regionale, vengano destinati al ciclo dei rifiuti».